I saggi riaccenderanno la speranza?
Data: Venerdì, 26 aprile 2013 ore 06:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Profondamente convinto che la crescita democratica ed economica di un Paese trovi le sue radici nei sistemi formativi e nei suoi protagonisti chiamati istituzionalmente a coltivarli e sostenerli, ho letto con piacere il paragrafo 4.4 della Relazione del Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea, intitolato “Potenziare l’istruzione e il capitale umano” perché mi ha offerto, smentendo quanti pensavano che non si sarebbe parlato di formazione, la chiave di lettura del pensiero dei Saggi, voluti dal Presidente Napolitano, sull’istruzione e la formazione.

Ho rilevato subito, come i dieci studiosi iniziano puntualizzando lo stretto rapporto che c’è tra crescita democratica ed economica e i sistemi di formazione e quali possano essere le indicazioni per affrontare e risolvere le problematiche che affliggono il mondo della scuola.

Ho letto, infatti: “Per assicurare nel medio termine una crescita economica in grado di riassorbire la disoccupazione e la sottoccupazione di cui è afflitto il nostro Paese, occorre migliorare le performance dei sistemi d’istruzione e formazione”.

E ancora: “D’altra parte la formazione s’interseca strettamente con ricerca, innovazione e sviluppo: di conseguenza, la sua efficienza dipende dalla rapida connessione di tutti questi elementi e, dunque, dalla capacità del nostro Paese di rendere quanto più “corta” possibile questa filiera”.

Da questa premessa emerge chiaramente un riferimento al merito e alla valutazione.

D’altronde, una scuola che non mira al merito, non si misura e non si valuta (con strumenti confrontabili e universalmente riconosciuti) non può, costitutivamente, essere autonoma e sarà a svantaggio soprattutto degli studenti più deboli perché un modo per andare avanti da soli, i più forti lo troveranno comunque.

Nonostante gli studiosi non avessero il compito di “valutare nel dettaglio ipotesi d’intervento sui sistemi educativi” hanno ritenuto di suggerire, nel breve termine, “misure in grado di alleviare alcune situazioni particolarmente gravi” per migliorare la performance dei sistemi d’istruzione e formazione.

Condivido le ipotesi d’intervento come l’estensione del tempo scuola al fine di ridurre l’abbandono scolastico, l’incremento delle borse di studio destinate agli studenti meritevoli provenienti da famiglie meno abbienti, il miglioramento dell’infrastruttura di rete delle scuole, la realizzazione di una seria alternanza scuola-lavoro, introducendo un apprendistato universitario sul modello tedesco o austriaco.

Se queste misure, però, saranno viste come “altra cosa” dal principio ispiratore che vede la crescita economica e democratica fondata sull’istruzione e la formazione, non diventeranno mai iniziative, leggi e provvedimenti finalizzati al miglioramento della performance dei sistemi educativi.

E il rischio c’è perché molto, in questi giorni, si è detto sulle ipotesi d’intervento ma poco sul principio fondante.

Mi chiedo, perciò: Capiranno la “politica” e il prossimo Governo che l’istruzione, a tutti i livelli, non è un costo, ma un investimento perché senza educazione non ci può essere crescita, sviluppo e futuro per il nostro Paese e riusciranno ad agire conseguentemente? Le riflessioni dei saggi passeranno direttamente agli archivi delle buone intenzioni o saranno recepite dal mondo politico? Avrà la “politica” la volontà e la capacità di arricchire il capitale umano che secondo le classifiche internazionali presenta un forte deficit rispetto ai principali paesi europei? Riconoscerà che sia urgente superare i limiti individuati dagli esperti, quale il blocco del turn over e le scarse risorse per la riqualificazione del personale?

I saggi riaccenderanno la speranza?  

Giuseppe Luca - La Letterina ASASi n 360 del 25 aprile 2013
pippo.luca@alice.it





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