Il ritiro del padrone ed il suo asino
Data: Domenica, 21 aprile 2013 ore 06:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Era sopraggiunta la primavera anche nel paesino dei Nebrodi, dove abitava ‘u zu Carmine con la sua famiglia. Nella stalla, a riposare, vi era il suo più grande amico, il giovane asino, Ciccineddu, che frugava dalla mangiatoia il pugno di fave che il suo padrone gli aveva lasciato e lui, riconoscente, li mangiava con tanto gusto.
La primavera era la stagione che ‘u zu Carmine e Ciccineddu preferivano.
Da poco era finito l’inverno e già incominciavano le giornate piene di sole, ma non vi era ancora il caldo “affannoso” dell’estate.
‘U zu Carmine sentiva il desiderio di avere delle giornate tutte per sé, e, naturalmente, in queste “giornate desiderate” vi era incluso Ciccineddu, il suo giovane e fedele asino.
‘U zu Carmine trovò, in modo elegante, le parole adatte per comunicare alla sua famiglia che doveva assentarsi per un paio di giorni per recarsi in campagna nella contrada delle “Ciappe”, nel territorio del Comune di Cesarò. Egli si rivolse alla moglie dicendo: “Dumani matina, ccu sceccu vaiu a cuntrullari a terra di’ Ciappi”.
Le “Ciappe” erano una zona di campagna un po’ più lontana dal paese, dove ‘u zu Carmine aveva un appezzamento di terra in cui vi erano molte piante di mandorle, pergolati di uva, piante di fico.
La caratteristica per cui la zona si chiamava “Ciappe”, era dovuta ad una piccola collina dove, dalla parte in cui defluiva il fiume, nella terra vi era “incastonata” una grossa lastra di pietra, e dove, alla base del terreno, fuoriusciva una sorgiva d’acqua così fresca e naturale che era meta di tutti i proprietari della zona ed anche di quelli che erano di passaggio.
Così l’indomani mattina, partirono dal paesino nebroideo, sia il padrone che l’asino e si avviarono verso la contrade delle “Ciappe”.
In quell’appezzamento di terra, ‘u zu Carmine aveva una casetta in cima alla collina che sovrastava il fiume, dove poteva trovare riparo per la notte, ed accanto alla casa vi era una tettoia con la mangiatoia in cui anche il suo Ciccineddu poteva trovare rifugio.
Arrivato nel terreno delle “Ciappe”, ‘u zu Carmine tolse le masserizie che erano in groppa all’asino, le depositò dentro la “casotta”, poi tolse sia il basto che il serraglio a Ciccineddu, e tutti e due, in sintonia, si recarono verso la sorgiva d’acqua dove il padrone riempì i contenitori che si era portato dietro, le “quartare”, bevvero, così, l’acqua fresca da quella fonte naturale che sgorgava dalla lastra di pietra, e che fuoriusciva da un tubo depositandosi in una “conca” naturale, dove, da tempo immemorabile, delle pietre contenevano l’acqua. Dopo essersi dissetati ritornarono verso la “casotta”, il padrone posò le “quartare” d’acqua mentre l’asino si allontanò un po’ per brucare l’erba fresca che vi era nell’appezzamento.
‘U zu Carmine si mise a controllare le piante ed il pergolato e rassettò qualche muretto pericolante, mentre Ciccineddu brucava l’erba, non molto distante. Tutti e due stavano a vista d’occhio, l’uno dall’altro.
Ma lo scopo principale della “gita” du zu Carmine era poter avere un “paio di giorni” tutti per sé, in compagnia del fedele Ciccineddu, per poter pensare, rimuginare i fatti che gli erano accaduti durante l’inverno sia in famiglia che nel paese, e le “Ciappe”, per questo uomo di campagna, erano il posto deputato per poter pensare e riposare, per scrollarsi un po’ di tensione, lì in compagnia di stesso… e del suo asino.
Quel luogo lontano dal paese, quell’acqua sorgiva e fresca che sgorgava  dalla lastra di pietra, lo scroscio e il defluire del fiume circostante, l’orizzonte da poter scrutare dalla “casotta”, gustare il leggero soffio del vento primaverile, erano le “condizioni ottimali” di vita per ‘u zu Carmine, e, ne era convinto, anche per Ciccineddu.
Lui sentiva che quel luogo, quella lastra di pietra e quell’acqua, fresca e zampillante, avevano su di lui un effetto “balsamico”, rilassante, riposante e rigenerante.
‘U zu Carmine, in quel luogo, respirava a pieni polmoni l’aria che gli “sprizzava” fin dentro le viscere: pace e tranquillità, lo aiutavano ad una “rigenerazione mentale” ed egli si sentiva in armonia con tutto il suo essere.
‘U zu Carmine, guardando Ciccineddu, osservava compiaciuto che anche l’asino “gustava” quel luogo.
Passati un po’ di giorni nel terreno delle “Ciappe”, ‘u zu Carmine decise che poteva far ritorno a casa sua, in famiglia, nel paesino dei Nebrodi, così mise il basto ed il serraglio all’asino, rassettò e chiuse la “casotta”, mise dentro le sacche dei bottiglioni dell’acqua sorgiva e si avviò verso il paese. Si sentiva “rigenerato” e leggero dentro di sé, lo stesso gli sembrava anche per l’asino e, tutti e due, complici, si dipartirono dalle “Ciappe” con il proposito di ritornarci al più presto in quanto, con le belle giornate, le occasioni per ritirarsi in quei luoghi erano a portata di mano.
Così, arrivati in paese, tutti e due rifocillati dalla quiete delle “Ciappe”, dall’aria fine del luogo, dall’acqua fresca della sorgiva, dal mangiare le verdure della zona, si sentirono pronti ad affrontare il tran tran quotidiano che vi era nel paesino, ripensando, e già pregustando,… il prossimo ritiro.

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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