Nevicata a San Teodoro, nei giorni d’inverno di tanti anni fa
Data: Domenica, 14 aprile 2013 ore 06:00:00 CEST
Argomento: Redazione


In questi giorni assistiamo ancora all’imperversare del cattivo tempo in Sicilia ed in tutta Italia, le condizioni climatiche scendono “in picchiata” e subiamo tutte le intemperanze meteorologiche, freddo, piogge abbondanti, neve ad alte quote e disagi alla circolazione, causando danni alle persone, all’ambiente ed agli interessi economici in generale.
Proprio a partire dai primi di febbraio, tutta l’Italia è stata coperta da neve al di sopra dei mille metri sul livello del mare e da una continua pioggia nel resto del Paese.
Rammendo la mia fanciullezza trascorsa nel mio paese natio, San Teodoro, U Casali, in provincia di Messina. Ricordo che, in questo stesso periodo dell’anno, andavo alle scuole elementari, forse in quinta, e una mattina, nella mia casa paterna, in via S. Agata, angolo via Vittorio Emanuele, la prima casa della strada, dove vi erano (e ancora ci sono) degli scalini che portano verso la “Gebbia”, aprendo la porta, abbiamo trovato una bianca barriera di neve che copriva, completamente, l’ingresso di casa mia.
Quell’angolo di strada era una sorta di “purtedda”, dove il vento soffiava così forte che faceva “confluire” tanta neve, ostruendo così la porta d’entrata. Ricordo ancora, dopo oltre cinquantaquattro anni, le  esclamazioni di meraviglia per quella “coltre di neve”, che, ancora soffice, riuscimmo a spalare con relativa facilità.
Ma quel grido di stupore nascondeva la contentezza perché, con tutta quella neve, pensai che non ci sarebbe stata scuola e che avrei vissuto un giorno di vacanza!
Mia madre, dopo aver accudito i suoi piccoli, si attivò e mi comandò, in quanto ero il più grande dei figli, di “fare pulizia”, di togliere tutta quella neve e di aprire un varco “pp’arrivari ‘nta vicina”.
Quella mattina, se ben ricordo, eravamo da soli in casa, in quanto mio papà si trovava a Catania, a lavorare nell’impresa edile, impegnato nella costruzione della galleria ferroviaria della Stazione Centrale.
Così, “armato” di paletta… e di tanta buona volontà, mi son messo a spalare la neve per aprire un “violu”, per poter arrivare nella porta della vicina di casa. E dopo aver abbattuto “il muro di neve”, e rotto l’isolamento, iniziò, per me, un’altra meravigliosa avventura, mi venne la voglia di uscire fuori e “immergermi” in quel “mare di bianco” che copriva l’intero paesino di San Teodoro.
Imbacuccato di tutto punto, con gli scarponi ai piedi, mi avviai per le stradine verso la casa dei miei nonni materni, in via Regina Elena, prima arrivai nella piazza “da Chiesa nova”, e mi imbattei con i miei coetanei che avevano avuto la mia stessa idea e che già si trovavano in quel luogo per giocare con la neve. Mi ricordo, con molto piacere, che andavamo a cercare i “cannoli” di ghiaccio che fuoriuscivano dalle tegole delle case basse e scroccavamo quei “freddi stalattiti”, rosicchiandoli con gioia.
In quei giorni di neve imperante, noi ragazzini, salivamo sopra i tetti delle case basse e forniti di contenitori di alluminio, i “portamangiari”, raccoglievamo la neve pulita per poi portarla a casa, dove le nostre mamme ci approntavano una graditissima granita naturale.
Poi, passata quell’insperata giornata di vacanza, si tornò a scuola (a quei tempi, nel paese, vi erano solo le scuole elementari), ed era un divertimento andare a lezione… in mezzo alla neve! Facevamo le palle di neve e ce li buttavamo addosso, costruivamo i pupazzi di neve che, però, duravano poco, perché un’altra “banda” di ragazzini li distruggevano, ed era una continua gara, tra di noi, nel ricostruirli e nel distruggerli.
Ci inoltravamo in lungo ed in largo per il paese, “perlustrando” tutto il territorio ricoperto di neve e, volgendo lo sguardo dalla “Santuzza”, verso la campagna circostante, potevamo vedere questo “mare bianco” inoltrarsi fino al Comune di Troina.
Tutto era imbiancato, sempre dalla “Santuzza” si poteva scorgere la vasta area che, da Cesarò e Bronte, arriva fino alle pendici dell’Etna, piena di neve abbondante.
“‘A biviratura da Finata” non si scorgeva più, tanto era piena di neve. Dall’altra uscita del paesino, a Santa Nicola, si distingueva il vicino bosco, che si inoltra verso San Fratello, abbondantemente ricoperto di neve. Anche la “Timpa Abate”, su cui poggia il paese, era completamente bianca. Certo, i mesi invernali, in modo speciale, portano dei disagi nella circolazione e a molte attività economiche e commerciali, ma io prendo spunto da questa introspezione per immergermi nel “mare dei miei ricordi”, per ripensare, con piacere, agli anni della mia fanciullezza, ed in particolare, ai lunghi mesi invernali passati nel mio paesino natio, San Teodoro, U Casali, posto a millecentocinquanta metri sul livello del mare.
Poi, ritornati a casa, stanchi ed infreddoliti, trovavamo il braciere, “‘a conca”, che ci riscaldava, e le nostre nonne ci preparavano fette di pane abbrustolito nella brace, “‘u pani caliatu”, che io divoravo con avidità, con un buon pezzo di formaggio patronale e olive nere “caliate”.
Alla sera, infine, veniva approntata una frugale e buonissima cena con farina di ceci, una sorta di polenta, fatta cuocere nella pentola, “‘a pignata”. Così passava l’inverno a San Teodoro, U Casali, nel finire degli anni cinquanta, con tanta neve, ma anche con tanta pace e serenità.
E così è passata, ahimè, anche la mia giovinezza…

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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