Giustizia e disuguaglianza
Data: Lunedì, 25 marzo 2013 ore 05:00:00 CET
Argomento: Redazione


Un maestro di humanitas, anche se colpiva la sua durezza contro chi sbagliava (o egli credeva che sbagliasse), mi ha insegnato una distinzione di grande portata: quella tra jus da una parte ed  æquitas dall'altra. A quell'epoca, durante le mie lezioni o conversazioni a carattere sociologico, il mio rovello era sul se e sul come la giustizia intesa come æquitas e non come jus potesse porre un limite alla disuguaglianza sociale. È il mio rovello ancora oggi.
È l'antico tema del divario tra natura e cultura, se la prima porta uguaglianza e la seconda diseguaglianza o se la cultura debba farsi carico della riduzione delle diseguaglianze naturali.
E la politica con le sue pari opportunità dove andrà collocata?
Certamente le differenti opportunità dovute a sesso, razza, religione possono facilmente contrastarsi, purché si voglia. Il problema grave rimanente è: come può la giustizia jus, la legge scritta produrre ciò anche contrastando tutte le abitudini inveterate di privilegi di genere?
Come può una semplice legge impedire che i maschi abbandonino i loro privilegi conquistati in millenni di storia a svantaggio delle donne o, nel profondo sud d'Italia, non permettere che i politici ed i loro potenti amici mantengano due, tre, quattro fonti di alto reddito (a volte illecito) a svantaggio delle grandi masse di disoccupati che sono costretti a vendersi come clientes al politico o al mafioso di turno?
Tanto pensavo (e scrivevo) anni orsono. Oggi risorge potentemente il problema dello jus alla maniera dei Ghedini, Quagliarelli o Cicchitti di turno e l’æquitas sospirata da un popolo indignato, stanco di sentirsi dire che quando un potente è inquisito per qualsiasi ragione bisogna che i giudici smettano di perseguitare chi gode del favore popolare.
C’è un’altra æquitas che ci si attende applicata, la più importante. Quella di un popolo (la gente comune) che fatica o ha faticato a lungo per guadagnarsi appena da vivere a fronte di una casta che ha vissuto e continua a vivere spudoratamente di sfacciati privilegi economici e sociali e pretende anche la stima della gente, gridando allo scandalo se la gente grida di voler cambiare le cose.
Oggi tutti guardano ad un Papa diverso e sperano nel miracolo. Speriamo che avvenga.  

Roberto Laudani
robertolaudani@simail.it





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