'Nessun voto' di Elisabetta Formisano: un romanzo sulla scuola che parla della vita
Data: Giovedì, 28 febbraio 2013 ore 08:00:00 CET
Argomento: Redazione


Nessun Voto di Elisabetta FormisanoUn romanzo sulla scuola che parla della vita, così si può definire l’opera prima di Elisabetta Formisano, una scrittrice nuova nel panorama letterario italiano, che nella scuola vede l’origine e la terapia per la paura di vivere.
Spinto dal desiderio di dare un senso ad un’antica tragedia che ha sconvolto la sua esistenza, il giovane e risoluto professore Franz Feldman sperimenta in una classe liceale un metodo che sebbene ampiamente studiato in pedagogia, risulta essere poco applicato nella pratica, basato sull’abolizione dei voti nelle scuole superiori. Ciò allo scopo di promuovere negli studenti la consapevolezza di essere gli esclusivi artefici della propria futura felicità.
Il protagonista del romanzo con le sue teorie sembra ispirarsi al saggio cinese Tranxu di cui si tramanda questa frase: “Quando un arciere scocca una freccia senza traguardi agonistici, mette in mostra tutta la sua abilità. Se c'è in palio una medaglia di bronzo, comincia a diventare nervoso. Se si tratta di una coppa d'oro, diventa cieco, vede due bersagli e si deconcentra. La sua abilità è sempre la stessa, ma il premio lo rende più preoccupato di vincere che di tirare con l'arco. La tensione della vittoria lo indebolisce”. I protagonisti della storia sono infatti degli “arcieri” che all’inizio sembrano mirare alla “coppa d’oro” ma che alla fine riescono a mettere in mostra tutta la loro abilità a prescindere dal miraggio di quel premio che spesso la vita non riesce a dare.
Diceva Don Milani che “la scuola deve incoraggiare e non scoraggiare”; per questa ragione non deve esistere la bocciatura o il voto; questo non significa che non vi debba essere una forma di valutazione, ma questa è presente solo come auto-valutazione: i ragazzi che fanno errori infatti sanno riconoscerli e correggersi da soli. Rudolf Steiner, con il suo metodo Waldorf, sosteneva l’inutilità del voto, credendo nella pedagogia come mezzo per migliorare la società di domani, nel pieno rispetto della libertà dello studente, allo stesso modo della Montessori, ma con maggior convinzione.
Ma tornando alla trama del romanzo, l’audace progetto del professor Feldman incontra diffidenza e ostacoli, ma anche il sostegno di un insegnante omosessuale, dalla squisita sensibilità, il cui intervento si rivela, alla fine, decisivo.
Attraverso una trama densa e sofferta, dove l’amore si sposa alla tragedia e la didattica ai rancori ed alle piccolezze dell’animo umano, l’autrice propone una via per quanti aspirano a trovare la propria strada, per chi cerca il sentiero verso un’autentica realizzazione interiore.
Il libro parla a tutti coloro che hanno paura di vivere, che temono il mondo ed il male che lo caratterizza, quel male che riempie di sé tutta la Storia, orientandone il corso. Il messaggio è però positivo. Ciascuno di noi infatti può dare il suo apporto per modificarne l’influenza nefasta nella vita. Servirsi del proprio talento a questo scopo trasforma il passaggio su questa terra da uno sterile balzo dalla culla alla tomba, a un fecondo viaggio tra le mirabili opportunità di realizzare qualcosa di buono ed utile a tutti. E ogni azione intrapresa in tal senso equivale a buttare un sassolino nel mare della Storia: si allargheranno via via onde concentriche che cambieranno a catena gli eventi.
Impiegare dunque efficacemente il tempo della propria vita, sembra volerci dire l’autrice, è quanto di meglio l’uomo possa fare a vantaggio di se stesso e dell’intera umanità.
Il percorso compiuto dal giovane protagonista, che rappresenta tutti coloro che hanno un grande dolore nel cuore, è graduale, sofferto ma lucido e determinato, egli non ignora il suo dolore bensì lo impugna, trasformandolo in un’arma per sconfiggere altra sofferenza, arrivando con ciò alla risoluzione della propria e dell’altrui angoscia.
Uno stile letterario semplice, estremamente delicato che si combina con una complessità di tematiche psicologiche, sociali e religiose che difficilmente si incontrano così approfondite in un romanzo. In alcune parti l’autrice riesce ad interrompere l’incalzare degli eventi con intervalli di poesia vera che rasserenano il lettore preparandolo ad altre e più avvincenti situazioni.
La scuola, nella finzione come nella realtà, è una metafora della vita con le illusioni della gioventù, la rassegnazione dell’esperienza, la forza della cultura, il male che sembra trionfare sul bene, la paura ed i rancori dettati da un gretto reazionarismo e la delicatezza di un amore come solo un amore adolescenziale può esserlo. Ma questa volta la scuola vince. Vince sul male del mondo, vince sulla disperazione della sofferenza, vince sull’ignoranza, vince sulle spinte disgreganti della società, vince sulla meschina volontà di chi la vuole alla stregua di un parcheggio per l’adolescenza con la pretesa di “formare” tanti uomini piccoli piccoli per una società piccola piccola.
Se si può fare una critica a questo bel romanzo si deve dire che il suo peggior difetto è forse il suo maggior pregio; esso trasmette una speranza ed una fiducia nel futuro che solo un animo estremamente delicato e fondamentalmente ingenuo può concepire. In particolare in un periodo storico dove questa fiducia sembra avere ben pochi appigli concreti.
Giuseppe Motta
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