La scuola regredisce - Dal Piano Nazionale Informatica al Piano Nazionale Scuola Digitale
Data: Venerdì, 15 febbraio 2013 ore 06:00:00 CET Argomento: Opinioni
Ventiquattro
anni separano i due interventi ministeriali, del 1989 il primo, di
quest’anno il secondo, provvedimenti che aprono scenari educativi
molto, molto differenti.
Il clima culturale degli anni 80, ispiratore del PNI, traspare dai
seguenti episodi:
1. Il Centro Europeo dell’Educazione di Frascati [Miur] promuove la
sperimentazione IRIS [Iniziative e Ricerche per l’Informatica nella
Scuola] per sondare se l’’introduzione dell’informatica nella scuola
dell’obbligo (8/16 anni) abbia una valenza formativa simile a quella
del latino;
2. il ministro Franca Falcucci denomina “Trattamento testi” la materia
che in commissione era stata chiamata “Trattamento della parola”;
3. I piani d’aggiornamento per docenti propongono un’immagine
dell’informatica centrata sul suo metodo disciplinare al fine di
integrare e unificare tutti gli insegnamenti;
4. Giovanni Lariccia, informatico cognitivo, scrive: “capire
l’informatica in forma concettualmente autonoma dai calcolatori non
solo significa capire in modo più generale quello che potenzialmente
qualsiasi calcolatore può fare, ma anche concepire modi di agire
economici e razionali anche in ‘mondi possibili’ privi di calcolatori”.
Le scelte ministeriali degli ultimi anni, invece, derivano da
sollecitazioni esterne alla scuola: le direttive e le indagini europee,
l’invasione tecnologica.
Le differenti filosofie che hanno animato il ministero traspaiono anche
dal nome assegnato ai due provvedimenti: informatica e digitale.
I loro corrispondenti, in ambito edile sono: edificio e mattone. Le
attività ingegneristiche riguardano il primo, il lavoro del muratore il
secondo: la capacità progettuale da un lato, gli aspetti
tecnico-operativi dall’altro.
Riprovevole il fatto che il ministero, prima di introdurre il nuovo
piano per la modernizzazione della strumentazione didattica, non abbia
capitalizzato l’esperienza e non si sia domandato perché
il Piano Nazionale per l’introduzione dell’informatica nella scuola
secondaria superiore non abbia prodotto esiti significativi;
i docenti di matematica e di fisica, coinvolti nei piani
d’aggiornamento, non siano riusciti a convincere i colleghi della
necessità di progettare percorsi d’apprendimento finalizzati, unitari,
motivanti.
Se avesse condotto le dovute, necessarie indagini avrebbe accertato che
i tre concetti portanti l’attività d’aggiornamento per la diffusione
della cultura informatica sono sintetizzati nelle parole
sistema – modello – processo
e avrebbe constatato che la relativa disseminazione non è avvenuta per
la non ricettività dell’apparato, refrattario ai cambiamenti, ancorato
alla tradizione, elusivo della legge.
Una negligenza che, alla luce di recenti provvedimenti, assume una
colorazione ancor più cupa e preoccupante: il ministero ha snaturato il
dettato dei regolamenti di riordino del 2010 che, nel profilo
culturale, educativo, professionale stabiliscono che gli studenti al
termine dei percorsi liceali dovranno “comprendere la valenza
metodologica dell’informatica nella formalizzazione e modellazione dei
processi complessi e nell’individuazione di procedimenti risolutivi”.
Le indicazioni nazionali stilate dal Miur, invece di dare seguito alle
finalità educative espresse in una sede gerarchicamente superiore e
richiamate solo nominalmente, orientano l’insegnamento della
matematica, al cui docente è affidato anche quello dell’informatica, al
“conoscere”, “comprendere”, “acquisire”, “studiare”, “approfondire”,
“applicare” sterilizzando la prevista attività di laboratorio, di
problem solving, chiave di volta d’una didattica orientata alla
promozione delle competenze informatiche e, più in generale, allo
sviluppo e al consolidamento delle capacità degli studenti.
All’origine di quanto descritto si può collocare l’assenza di
professionalità degli insegnanti medi che non distinguono la mission
della scuola da quella universitaria, che non progettano percorsi
d’apprendimento unitari, coordinati, controllati, che si disinteressano
del discredito in cui versa la scuola, che non protestano per la
mancata applicazione delle norme sull’autonomia delle istituzioni
scolastiche, che non esplicitano il contenuto della funzione docente
per valorizzarla e difenderla.
Problemi che sarebbero superati se i Piani dell’Offerta Formativa
fossero concepiti in conformità al sistema di regole in cui le scuole
sono immerse. A riguardo si vedano in rete “La promozione delle
competenze”, “Coraggio! Organizziamo le scuole”, “Valutare la
democraticità d’una scuola”.
Enrico Maranzana
zanarico@yahoo.it
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