Scuola: Italia a due velocità. In 5 anni al Sud 150mila iscritti in meno, al Nord +200mila alunni
Data: Giovedì, 07 febbraio 2013 ore 06:00:00 CET Argomento: Sindacati
Non è solo un
problema demografico e migratorio, ma preoccupa anche il divario sul
tasso di abbandono scolastico in età di obbligo formativo. Se non si
inverte la tendenza con un serio piano di sviluppo economico,
l’implementazione di idee e risorse, il Meridione è condannato
all’eutanasia. È un’Italia a due velocità quella che il Miur ha
registrato in questi giorni per determinare il numero di addetti del
prossimo anno scolastico. Da una parte c’è il Centro-Nord, che si
contraddistingue per gli aumenti costanti delle iscrizioni degli
alunni, con delle regioni, come la Lombardia e l’Emilia-Romagna, dove
l’incremento annuo è anche di decine di migliaia di allievi ed in
cinque anni si sono registrati quasi 200mila iscritti in più (con un
incremento medio del 5% circa di alunni). Dall’altra c’è il Sud, dove
nell’ultimo quinquennio si sono persi per strada quasi 95mila alunni. I
quali rappresentano una riduzione del 4,8%, con la primaria a
preoccupare maggiormente, visto che il saldo negativo è di oltre 41
mila iscritti (-5,8%). Molise, Basilicata e Calabria rappresentano i
casi peggiori, con riduzioni che si attestano tra il 7% ed il 9%.
Mentre negli istituti superiori la flessione ha addirittura superato il
10%. Desolante anche il resoconto delle Isole, dove dal 2007/08 ad oggi
mancano all’appello 53mila alunni in meno (-5,9%). Secondo l’Anief si
tratta di dati inequivocabili, che non possono in alcun modo far
giungere a conclusioni positive e rassicuranti. Prima di tutto perché,
nonostante siano passati più di 150 anni dall’Unità d’Italia, ancora
rimane irrisolto il problema del troppo diverso sviluppo delle aree del
Paese. “Se non si inverte la tendenza, almeno a livello scolastico, il
Meridione sembra sempre più condannato all’eutanasia”, sostiene
Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “È evidente che se non si
attua con urgenza un serio piano di sviluppo economico – continua il
rappresentante del giovane sindacato - il nostro Paese è destinato,
almeno a livello di istruzione, a separarsi. Con il Nord che guarda
sempre più da vicino l’Europa, mentre il Sud non riesce nemmeno a
garantire il diritto allo studio”. Ma a cosa si deve questa netta
discrepanza? L’ufficio studi dell’Anief ritiene che non possa essere
ininfluente il fenomeno della forte riduzione del tasso demografico. A
cui si aggiunge quello dei flussi migratori. Entrambi, di sicuro,
penalizzano il Meridione. Ma c’è dell’altro: assieme a certi andamenti,
che potremmo definire ‘fisiologici’, si deve registrare il colpevole
fenomeno dei mancati investimenti da parte dello Stato, della scarsità
delle idee e delle risorse messe a disposizione dal Governo centrale.
“Con i cittadini del Meridione e delle Isole – continua Pacifico - che
si sono ritrovati in un inconcepibile stato di abbandono e di
solitudine, contro i quali ben poco può fare anche l’Unione Europea. La
quale ha sempre cercato, nello stesso periodo, di stimolare i Paesi
membri, indicando l’esigenza di raggiungere delle percentuali nazionali
sulla dispersione scolastica sempre più modeste. Anche perché è
storicamente provata, oltre che confermata di recente dall’Istat, la
forte associazione tra povertà, bassi livelli di istruzione, modesti
profili professionali ed esclusione dal mercato del lavoro”. Non a
caso, pure sul versante dell’abbandono dei banchi di scuola, la storia
si ripete: mentre l’Ue ci chiede di raggiungere, nel 2020, un tasso
medio nazionale di abbandono tra il 15 e il 16%, in Italia ci
ritroviamo con il Centro-Nord vicino a questa soglia. E la forbice
rispetto al Sud che continua sempre più ad allargarsi. Con alcune
regioni, come la Sicilia, dove la quota di coloro che lasciano gli
studi in età di obbligo formativo supera ancora il 25%. Questa
situazione va denunciata a voce alta, perché – conclude il presidente
dell’Anief – la politica dei mancati investimenti sta di fatto
condannando le attuali e future nuove generazioni del Sud Italia. Ma lo
Stato può rinunciare alla volontà di assolvere alla formazione di una
parte dei suoi giovani? Possono i nostri governanti non garantire il
valore etico del lavoro, legato al concetto stesso di cittadinanza
previsto dall’articolo Uno della Costituzione?”.
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