Dopo il secco no del governo a difesa del diritto al voto degli studenti erasms e alla cittadinanza attiva, l'appello di una studentessa al presidente
Data: Venerdì, 25 gennaio 2013 ore 06:30:00 CET
Argomento: Redazione


Dopo le mobilitazioni nei social network e sui media per richiedere la possibilità di votare, gli studenti all'estero hanno visto rispondersi un secco NO dal Governo. Allora la decisione di scrivere al Presidente della Repubblica che nei suoi discorsi ha sempre sottolineato l'importanza dell'investire sui giovani e di renderli cittadini attivi e partecipi di questo Paese.

Illustre Presidente,
sono una studentessa dell’Università di Bologna, frequento Scienze Internazionali e Diplomatiche a Forlì e tra qualche giorno partirò per uno scambio Erasmus di sei mesi alla Warsaw School Of Economics. Come saprà, per questo motivo non potrò votare alle elezioni politiche di febbraio perché questo governo, lo stesso governo che non si è mai occupato dei giovani se non per offenderli invitandoli a non essere “choosy”, si è accorto solo adesso che più di 25000 studenti italiani si troveranno all’estero, nei giorni delle elezioni, con vari programmi di scambi internazionali . Programmi che, tra l’altro, in Italia vengono sviliti e sottovalutati, non valorizzati come l’istruzione che è stata sempre messa come ultima priorità, svilita e tagliata per mantenere altre spese. Per esempio, finanziare l’acquisto degli F-35 (che servono a fare la guerra, la stessa guerra che l’Italia  ripudia) è prioritario rispetto al finanziare le borse di studio (che servono a garantire proprio quel diritto allo studio sancito dalla nostra Costituzione) . Tagliare su scuola e università è sempre più facile che, per dire, sui costi della politica.

Il governo che si è “ricordato” di noi studenti in mobilità internazionale solo quando abbiamo alzato la voce (altrimenti, ci avrebbero mai pensato? Forse no, come tutt’ora nessuno pensa a tutti gli studenti fuorisede che per le elezioni, prima ancora che scegliere per chi votare, devono scegliere se tornare a casa a spese proprie e perdendo intere giornate di studio o esami o rinunciare al voto) appartiene a quella stessa classe politica che da anni accusa noi giovani di essere apatici e disinteressati. Ci siamo sentiti dare dei bamboccioni e degli sfigati, ci siamo sentiti accusare di non essere interessati alla politica e alla vita del Paese. Ebbene, premettendo che un eventuale disamore nei confronti della politica sarebbe purtroppo spesso giustificato dall’imbarazzante gestione del Paese che abbiamo conosciuto per tutta la vita (sempre le stesse facce sin da quando siamo nati, ma com’è possibile?), nonostante tutto ciò che la politica ci ha offerto siano stati imbrogli, scorrettezze, malaffare e uno sfacciato disinteresse nei confronti di qualsiasi cosa avessimo da dire, per fortuna l’Italia reale è diversa e noi giovani non siamo poi così disillusi e rassegnati come ci dipingono.

Noi vogliamo votare. Vogliamo prendere parte alla vita del nostro Paese, vogliamo amarlo, vogliamo cambiarlo. Noi studiamo, ci interessiamo e andiamo all’estero per conoscere altro da noi, per sapere che esistono culture differenti dalla nostra, dove nei giovani ci credono davvero. Non per scappare, perché nessuno, se potesse scegliere, vorrebbe scappare dalla sua terra, dall’Italia. Io non vorrei farlo. Non voglio farlo. Anche se, probabilmente, sarebbe la scelta migliore, la più facile, quella che mi garantirebbe una vita degna, con un lavoro e dei diritti, non l’indifferenza, una esistenza precaria, minacciata, ricattabile, senza prospettive. Ma sarei lontana dal mio Paese e io in questa Italia ci credo; credo in noi giovani e nel cambiamento che vogliamo e dobbiamo rappresentare. Ma non possiamo. Non possiamo perché siamo talmente poco importanti agli occhi di questo governo che, dopo non aver affrontato sino ad oggi la questione, dopo un’ora e mezza di discussione, gli ostacoli per permetterci di votare sono stati giudicati addirittura “insuperabili”.

Il Governo dei tecnici ha sinora ignorato questo problema e solo ora, grazie anche al nostro grido, siamo riusciti ad obbligare questo Governo di professori ad occuparsi del più istituzionale  dei compiti: permettere a tutti i cittadini di votare, senza discriminazioni basate sulle proprie scelte di studio.

Per questo ci rivolgiamo Lei, Presidente, che ha ribadito più volte di credere in noi, nei giovani, negli studenti. Ci dimostri allora, per favore, che lo crede davvero e che non sempre le parole della politica sono vuota retorica propagandistica. Ci dimostri che abbiamo ragione a crederci ancora. Ci faccia votare.

Confidando nel Suo impegno e ringraziandoLa per l’attenzione, le porgo i miei saluti.

Chiara Patricolo





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