Quella sul Tfr dei dipendenti sta diventando sempre più una vicenda kafkiana
Data: Giovedì, 10 gennaio 2013 ore 08:53:39 CET Argomento: Sindacati
TFR – Ormai siamo alla
vicenda kafkiana: la Presidenza del Consiglio dei Ministri smentisce se
stessa, sovvertendo quanto stabilito tredici anni fa, facendo finta che
nel frattempo non sia accaduto nulla. Per il presidente dell’Anief,
Marcello Pacifico, delle due posizioni solo una può essere esatta: se
l’istituzione non ammette di aver sbagliato per tutto questo tempo,
allora significa che abbiamo ragione noi a chiedere la restituzione
dell’aliquota (in media 5-6mila euro) indebitamente sottratta dalla
busta paga dei lavoratori. Quella sul Tfr dei dipendenti sta diventando
sempre più una vicenda kafkiana: l’ondata di diffide dell’Anief ha
infatti costretto nelle ultime ore la Presidenza del Consiglio dei
Ministri ad uscire allo scoperto sulla indebita sottrazione dallo
stipendio dei lavoratori (in particolare di mezzo milione di dipendenti
del Pubblico impiego, la metà dei quali in servizio nella scuola) del
contributo previdenziale del 2,5% per l’accantonamento del trattamento
di fine rapporto. Contraddicendo se stessa e la Consulta, che con la
sentenza 223 dell’ottobre scorso ha stabilito che lo Stato, in quanto
datore di lavoro, non può versare un Tfr inferiore a quello di
un’azienda privata, ora dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
giunge una nota web attraverso cui si sostiene che per lei rimane
valido l’art. 9, comma 2, del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, in l. 122 del 2010, e che pertanto "non ha competenza ad
operare la restituzione degli importi operata in base alla predetta
norma che è stata successivamente dichiarata incostituzionale dalla
Corte". Secondo l’Anief si tratta di una spiegazione davvero
inadeguata: come fa la Presidenza del Consiglio dei Ministri a
dichiararsi incompetente dal momento che, il 20 dicembre del 1999, ha
emesso un decreto nel quale si stabilisce che “a decorrere dalla data
dell'opzione prevista dall'art. 59, comma 56, della legge n. 449 del
1997 ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di
trattamento di fine servizio, comunque denominato, al regime di
trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale
obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva
previsto dall'art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall'art. 37
del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032”?
Per Marcello Pacifico, presidente del giovane sindacato, tutto questo
ha dell’incredibile: “quel decreto, emesso dalla stessa Presidenza del
Consiglio dei Ministri tredici anni fa, stabiliva che a partire dal 1°
gennaio 2001 ai lavoratori passati dal regime di TFS al regime di TFR,
regolato dall’art. 2120 del Codice civile per i privati, l’aliquota del
2,5% non si sarebbe mai dovuta applicare. Come mai – continua il
rappresentante dell’Anief - oggi la stessa istituzione si dimentica
quanto stabilito da lei stessa, nero su bianco, a suo tempo? Delle due
strade solo una può essere percorribile. E siccome oggi la Presidenza
del Consiglio dei Ministri sembra avere cambiato idea, almeno porga le
dovute scuse e ammetta le sue colpe. Sostenendo che per tutti questi
anni ha sostenuto una posizione sbagliata. Altrimenti sbaglia ora. Ed
in tal caso l’Anief ha ragione a chiedere il rimborso di quei soldi
indebitamente sottratti dalla busta paga dei lavoratori”.
www.anief.org
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