Ecco le figure professionali più richieste dalle imprese, soprattutto al Centro
Data: Mercoledì, 09 gennaio 2013 ore 16:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Nell'annus horribilis per l'occupazione giovanile le ciambelle di salvataggio in un mercato del lavoro sempre più avaro di opportunità arrivano dal "centro", a livello di competenze come sul territorio. Nella débâcle generale - in calo del 31% le assunzioni di under 30 programmate dalle imprese nel 2012 - ci sono alcune figure che si salvano: profili di media specializzazione, in primis nel commercio e nei servizi, rappresentano la stragrande maggioranza dei 200mila nuovi ingressi, secondo l'elaborazione di Datagiovani su fonti Unioncamere.
Mestieri anti-crisi
Al primo posto del ranking rimangono stabili i commessi delle vendite al dettaglio, per cui si richiedono oltre 23mila addetti. Gli altri due gradini del podio sono occupati da magazzinieri e camerieri (entrambi intorno a quota 6mila). E con oltre 5mila inserimenti di under 30 si mettono in luce impiegati e segretari, mentre vicini a quota 3mila sono informatici, cuochi e contabili. «Le imprese - osserva Egidio Riva, ricercatore di sociologia all'Università Cattolica - chiedono sempre meno professionisti altamente qualificati nelle aree, come l'innovazione, nelle quali altri sistemi produttivi hanno costruito le proprie fortune recenti. È la spia che ci segnala la necessità, sempre più inderogabile, di un check-up per offrire prospettive migliori ai giovani». Fra i 32 mestieri dove gli "ingaggi" preventivati superano quota mille, le figure "high skilled" sono solo sette, a partire da analisti e progettisti di software, contabili e tecnici della vendita, tutti con ingressi programmati tra 2mila e 3mila.
Opportunità dalle regioni
Anche sul territorio i giovani si salvano al Centro: a perdere quota, infatti, sono le chance al Nord e nel Mezzogiorno (oltre il 30% in meno rispetto al 2011), mentre a contenere le perdite sono state le regioni intermedie, con il Lazio che riserva quasi il 40% delle nuove assunzioni ai giovani, seguita da Toscana e Umbria (oltre il 37%). La classifica provinciale in termini assoluti è guidata da Roma, con circa 15mila reclutamenti non stagionali (39,8% del totale), che si dimostra più stabile rispetto a molte altre province (-4,4% il calo rispetto al 2011). Al secondo posto si piazza Milano (13.460 inserimenti under 30), che però ha visto ridurre i nuovi assunti giovani del 31% in un anno.
Quote giovani
Le professioni più "giovani" del 2012 si rivelano gli acconciatori (79%), gli addetti agli sportelli assicurativi, bancari e intermediari finanziari (67% delle assunzioni totali) e i baristi (59%). La classifica invece di quelle per cui si cercano molti under 30 ma si fa più fatica a trovarli è guidata dagli analisti e progettisti software (27% di "primule rosse", e nel 19% dei casi per ridotto numero di candidati), seguiti dagli acconciatori (21%, ma in questo caso soprattutto per preparazione ed esperienza inadeguate, 11%).
Titoli di studio e contratti
Tra i titoli di studio più graditi resta al top il diploma (48%), in particolare a indirizzo amministrativo-commerciale, meccanico, turistico-alberghiero e informatico. La laurea è richiesta nel 15,4% dei casi, soprattutto in economia, ingegneria o medicina. Per il 10% delle assunzioni è addirittura sufficiente una qualifica professionale. «L'ennesima conferma - spiega Giovanna Vallanti, docente di Economia alla Luiss di Roma - che in Italia conseguire livelli più elevati di istruzione non comporta un vantaggio per i giovani. Da un lato l'università, che è la principale responsabile della formazione del capitale umano, non è in grado di formare adeguatamente figure utili alle aziende. Dall'altro, il sistema produttivo italiano, basato su un modello di sviluppo molto tradizionale, non è in grado di assorbire profili altamente qualificati. Questo ha implicazioni pesanti in termini di bassa crescita della produttività e della competitività nel medio-lungo periodo». Ultimo aspetto riguarda i contratti: cala la quota a tempo indeterminato (33% contro il 37% del 2011), mentre salgono tempo determinato (40%) e apprendistato (22%). Forte è anche la crescita dei neoassunti part-time: oltre un quarto degli inserimenti totali di giovani, quasi sei punti in più del 2011. «La mancanza di orizzonti d'impiego sufficientemente lunghi è un problema serio - conclude Paolo Gubitta, docente di Organizzazione aziendale all'Università di Padova –, perché impedisce di fare investimenti in capitale umano e soprattutto rischia di allontanare le persone più capaci. Un giovane di belle speranze tenderà ad accettare occasioni d'impiego intermittenti solo a condizione che si tratti di un mestiere sfidante. In mancanza di queste offerte, i migliori tenderanno giustamente a migrare verso le aree del Paese o in altri Stati dove "il rischio dell'incertezza" è più che compensato "dal rendimento dell'esperienza"».

Francesca Barbieri
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