Su Il Sole 24
Ore di qualche giorno fa appare un commento all'ultimo saggio del
filosofo statunitense David Weinberger dal titolo
La stanza intelligente (tradotto e
pubblicato in lingua italiana da Codice edizioni). Il libro parte da un
dato a disposizione di tutti: l'enorme mole di conoscenze
immediatamente a disposizione di tutti grazie alla Rete.
Con un clic è possibile, comodamente e da casa propria, richiamare una
tale mole di informazioni come mai era accaduto fino a oggi. Già questa
semplice situazione cambia radicalmente il "terreno conoscitivo" sul
quale tutti ci muoviamo: infatti, se prima era necessario accedere a
luoghi specializzati per avere accesso alla conoscenza (scuole,
università, biblioteche, centri di ricerca), oggi tutto questo può
entrare nelle nostre case e nelle nostre vite con una facilità estrema.
Semmai il problema sarà quello di un sovraccarico di informazioni, di
una corretta gestione delle stesse, della necessità di sempre maggiori
capacità valutative per distinguere la vera conoscenza da ciò che
conoscenza non è ma viene spacciata come tale. E comunque, avverte
Weinberger, Internet sta cambiando il nostro modo di conoscere: non più
filtrando informazioni e selezionandole gerarchicamente (escludendo
quelle cattive) bensì includendole e connettendole, con il rischio,
però, che alcune pseudo-verità spacciate in rete restino sempre alla
portata di tutti.
L'effetto di questa enorme mole di conoscenza, secondo il filosofo
americano, è la progressiva perdita di un canone veritativo
fondamentale, di un blocco di conoscenze ritenute essenziali e da tutti
condivise, oltre a una sempre minore influenza delle autorità
tradizionali, in un mondo dove il vero e i falso rischiano di convivere
sullo stesso piano. Cambia anche la stessa struttura della conoscenza:
non più a forma di piramide (dove cognizioni sempre più elevate e
specializzate sono appannaggio di un numero sempre minore di persone)
ma, appunto, di una rete che tutto connette e che è il risultato delle
conoscenze di tutti e di ciascuno, organizzate "dal basso". Così le
nostre potenzialità conoscitive si ampliano enormemente (con benefici
innegabili per la ricerca) mentre le basi della nostra stessa
conoscenza rischiano di essere, invece, meno solide, perché meno
vagliate.
Weinberger non tace anche un aspetto inquietante del conoscere grazie
alla Rete: «Il nuovo medium del sapere sta distruggendo la vecchia e
ottimistica fiducia che potessimo tutti concordare sui fatti e, di
conseguenza, sulle loro conclusioni». Anche se i fatti restano tali,
insomma, non sembrano riuscire più a mettere d'accordo tutti. Cresce il
regno dei fatti falsati e mercificati: «Insistete molto su un fatto e
troverete qualcuno pronto a contraddirlo», scrive l'autore. Le basi
della conoscenza comune, insomma, sembra stiano scricchiolando, perché
la stessa Rete appare inadeguata a fornire un "corpus" comune per
tutti. A questo punto il filosofo statunitense sostiene che «dobbiamo
capire cosa conservare del vecchio paradigma e quali trappole e
tentazioni della nuova tecnologia evitare», dato che la Rete non rende
automaticamente più intelligente chiunque la usi, nonostante sia il
"luogo" di conoscenza più vasto del pianeta.
Lo stesso concetto di autorevolezza – tanto per fare un esempio - è
sottoposto a un notevole cambiamento: non basta essere uno specialista
o aver pubblicato libri per poter essere definito autorevole.
L'autorevolezza, così come un libro, è sempre in discussione in Rete
attraverso commenti e valutazioni degli utenti, e anzi, coincide sempre
più con la propria presenza e il proprio posto su Internet. La stessa
scienza è costretta a confrontare sempre più con una comunità di
cittadini e utenti che giocoforza la sospinge fuori dalla sua "torre
d'avorio" di competenze e risultati certificati da pubblicazioni
autosufficienti. Da una parte, infatti, la Rete consente agli
scienziati di collaborare al di là di ogni frontiera, dall'altra, chi
volesse ignorare i risultati della scienza potrebbe negarli comodamente
e circondarsi di soggetti che diffondono le più svariate
interpretazioni erronee, spacciandole come grandi verità.
Dobbiamo essere coscienti, quindi, ammonisce Weinberger, che la Rete
non ci porta un sapere condiviso, ma un mondo condiviso sul quale è
probabile che saremo in gran parte in disaccordo. La conoscenza,
quindi, resta una proprietà generale della Rete e non dei singoli
portatori di sapere.
La
questione si sposta, allora, su come usare le sue infinite risorse,
recuperando la necessità del pensiero critico per non naufragare in un
mare senza punti di appoggio e di orientamento.
Il Sole 24 Ore