Uno smartphone per diventare poliglotta così la tecnologia scala la torre di Babele
Data: Mercoledì, 09 gennaio 2013 ore 12:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Potrebbe non esserci più
bisogno di studiare nuove lingue, presto basterà un dispositivo
elettronico per comunicare. È questa la scomessa di giganti come
Microsoft e Google che puntano sullo sviluppo dei traduttori simultanei
- LONDRA - Quando Rick Rahid, capo del dipartimento ricerche e sviluppo
della Microsoft, ha parlato a una conferenza in Cina nello scorso
ottobre, il suo discorso era in inglese. Ma le sue parole sono state
tradotte simultaneamente in mandarino, prima come sottotitoli su uno
schermo alle sue spalle, quindi da una voce sintetica generata da un
computer, che ha riprodotto in un'altra lingua non soltanto
l'intervento del manager americano, bensì anche il suo caratteristico
tono, le cadenze e le inflessioni della voce. Se il gigante informatico
fondato da Bill Gates voleva colpire i padroni di casa cinesi, ci è
certamente riuscito. La scommessa della Microsoft e dei suoi rivali è
che in un giorno non lontano potremo fare tutti altrettanto, rendendo
obsoleti gli interpreti, le lezioni di lingue straniere a scuola e i
corsi estivi a Brighton per imparare l'idioma di Shakespeare, o
qualsiasi altro. Succedeva in Star Trek, la serie televisiva di
fantascienza degli anni 60, in cui il capitano Kirk, ogni volta che
incontrava una specie aliena, indossava un Traduttore universale che
scannerizzava il cervello degli extraterrestri trasformando i loro
incomprensibili suoni in perfetto inglese, anzi americano, o meglio
californiano. Ma la fantascienza, avverte il settimanale Economist, ha
spesso l'abitudine di presagire la scienza: dai telefonini alle armi
laser, gli esempi di nuove tecnologie ispirate da romanzi o film
abbondano, da Jules Verne a Stanley Kubrick. Nell'ultimo anno una serie
di progressi segnalano che sembra avvicinarsi il momento anche per le
traduzioni simultanee computerizzate. Ovvero per la conquista della
torre di Babele, restituendo all'umanità la capacità di comprendersi a
vicenda (perlomeno a chi ha i soldi per comprare un computer o uno
smartphone). Will Powell, un inventore inglese, ha approntato
recentemente un congegno per tradurre una conversazione dall'inglese
allo spagnolo, o viceversa: ma gli interlocutori devono essere
pazienti, parlare lentamente, dotarsi di un telecomando connesso a un
telefonino e indossare speciali occhialoni su cui leggono la traduzione
in sottotitoli, come se guardassero un film straniero. La Ntt DotCoMo,
gigante giapponese della telefonia mobile, ha fatto di meglio: è in
grado di tradurre le telefonate dal giapponese all'inglese, al cinese,
al coreano, e poi di trasformarle in voce sintetica, maschile o
femminile a seconda delle esigenze, come quelle delle segreterie
telefoniche con cui già discorriamo in mezzo mondo, digitando numeri
per passare da una centralinista sintetica a un'altra, senza riuscire
più a comunicare con un essere umano. La Microsoft è già capace di
tradurre un discorso dando a una voce sintetica il tono e le
inflessioni di chi parla in un'altra lingua (come ha fatto il suo
manager alla conferenza di Pechino). E Google, confrontando ogni
discorso con i miliardi di parole contenuti dai suoi software, riduce
la probabilità di errore da una parola su quattro a una su otto. Di
sbagli se ne fanno ancora tanti, naturalmente: è facile fraintendere,
considerando che ogni lingua ha diverse regole grammaticali e mette le
parole in fila con un ordine diverso. Quando poi noi esseri umani
parliamo uno sopra l'altro, in slang e in un luogo affollato, i
traduttori simultanei non capiscono più niente. Ma quelli sviluppati
negli ultimi mesi sono ancora soltanto dei prototipi. Prima o poi
tutti, come il capitano di Star Trek, potremmo non avere più bisogno di
imparare le lingue straniere. A patto di fidarsi ciecamente dei
computer e affidare a loro le nostre comunicazioni con le specie
aliene, che siano inglesi, giapponesi o marziani.
Enrico Franceschini
www.repubblica.it
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