Il Canticu di’ Cantici. Un canto di uomini, di donne e dell’umanità di Dio
Data: Domenica, 09 dicembre 2012 ore 06:00:00 CET Argomento: Redazione
Finalmente
ci sono riuscito anch’io a fare un… libriccino! Un lavoro particolare,
però, e originale, credo, che parla del libro più antico e bello di
tutti i tempi. Ma anche il più sconosciuto, oscurato, ammucciatu.
Perché? Eppure è un libro ricolmo di luce e di vita, che parla d’amore
e di passione, di speranza e di desiderio, che coniuga il presente e
l’infinito. Un libro che è una perla incastonata nei sacri rotoli della
Bibbia: il Cantico dei Cantici. Il più affascinante e seducente poema
d’amore della storia dell’umanità e il più studiato e commentato del
Vecchio Testamento. “Canticu di’ Cantici” (Edizioni Le Farfalle,
Catania), la “versione” in siciliano del Cantico dei Cantici, verrà
presentato sabato 22 dicembre, alle ore 18.00, presso il Teatro
Comunale di Misterbianco, in via G. Bruno, con il patrocinio
dell’Assessorato alla Cultura del Comune etneo. I relatori saranno il
dott. Pasquale Musarra che parlerà “Tra amor carnale e amore
spirituale”, la prof.ssa Luisa Spampinato, che dirà de “Il Cantico:
Istruzioni per amare”. Le letture del Canticu saranno di Antonio Biuso,
Michele Condorelli, Rosa Lao, Dina Palmeri e Giovanni Zuccarello. Sarà
presente l’editore-poeta, Angelo Scandurra.
Il Cantico dei Cantici, in ebraico, il cantico supremo, più bello, più
splendente, più entusiasmante, più “eccelso”, il “canticissimo” per
eccellenza e, nella tradizione ebraica e cristiana, “il canto più
sacro”. Il poema è stato scritto, secondo la tradizione biblico –
giudaica, dal saggio re Salomone (sec. X a.C.), quando era ancora
giovane, anche se permangono molti dubbi sull’autenticità del suo
autore; probabilmente si tratta di canti d’origine popolare, risalenti
al VI-IV sec. a.C., trasmessi oralmente e perfezionati nel tempo da
vari poeti.
Il Cantico dei Cantici è un poema che racconta la sconvolgente storia
d’amore di due giovani, “Diletto” e Sulammita, un umile pastorello e la
sua amata, con un’arditezza di linguaggio e di immagini che sconcerta
chi non conosce la mentalità e i modi di esprimersi degli orientali.
Ma il Cantico dei Cantici è, soprattutto, un grande enigma.
Innanzitutto la questione più importante è la sua interpretazione. Cosa
ci vuole dire, qual è il messaggio che il suo divino autore ci vuole
trasmettere? C’è chi pensa che il libro celebra l’amore umano, che se
molto spesso, ahimè, viene degradato e profanato, ha una sua sacralità,
che risale all’opera della creazione divina; altri ritengono che,
sebbene il materiale originario del poema riguardi l’amore umano, il
redattore ispirato lo ha inteso come simbolo dell’amore di Dio per il
suo popolo. La tradizione ebraica e cristiana sostiene, invece,
l’interpretazione allegorica: il Cantico tratta direttamente, in senso
letterario traslato, una realtà superiore. I profeti presentano
l’alleanza di Dio con Israele come un matrimonio d’amore, che il
Cantico traduce in ardenti espressioni. Lo sposo del poema è dunque Dio
e la sposa Israele, e poiché l’amore di Dio per il suo popolo eletto si
prolunga nell’amore di Cristo per la sua Chiesa, lo sposo è Cristo e la
sposa è la Chiesa. Per altri, la sposa è la Vergine Maria o l’anima
cristiana.
Ma il mio lavoro vuole solamente… far conoscere la straripante bellezza
dei versi e delle immagini del Cantico, un canto di uomini, di donne e
dell’umanità di Dio… E confesso, dopo averlo “scoperto”, e lungamente
letto e studiato, d’averlo “sentito”, quasi in maniera istintiva e
naturale, in siciliano. Forse perché il Cantico, con la sua musicalità,
la sua genuinità e ingenuità, comunica visioni ed emozioni, struggenti
e immortali, che si possono esprimere solamente nella propria lingua
d’origine, nella lingua dell’infanzia, che hai ascoltato dalle viscere
di tua madre, nell’alba della tua vita. Il dialetto è il linguaggio dei
poveri di spirito, dei semplici, dei puri di cuore, perché impastato di
fatica e di virtù, di sudore e di innocenza.
Il dialetto siciliano, quindi, come metafora e figurazione di tutti i
dialetti e le letterature del mondo. Compendio di musica e fascino
d’altri tempi, capace di combattere l’omologazione e la
standardizzazione culturale della nostra epoca. Per questo mi è venuto
spontaneo tradurre il Cantico dei Cantici in versione siciliana, perché
la sua poesia possa venire avvolta dalle venature linguistiche di cui è
ricco l’idioma isolano, possa essere pervasa, con le sue inebrianti
immagini, dal verso nostrano.
Ma il Cantico dei Cantici… racconta molto di più!
«I mistici – in modo particolare – sono attratti dalle pagine che
narrano dei notturni, dei silenzi, delle “lontananze”, delle immagini
che sembrano inspiegabili ad “occhio nudo”».
È incredibile che dei versi, così sublimi e meravigliosi, siano
pressoché sconosciuti da tutti, cattolici e laici; sembra, quasi, che
il Cantico sia stato tenuto, volutamente, nascosto agli occhi del
mondo. Ma il vero enigma, secondo me, è un altro. Come mai dei versi
così pieni di umanità, così densi di pathos, che cantano la sensualità,
il desiderio carnale, che svelano il piacere dell’incontro tra due
corpi, dell’estasi tra un uomo e una donna, dello sfinimento dopo
l’amplesso, vengono collocati nella Bibbia, tra la Parola di Dio,
addirittura, nei libri sapienziali del Vecchio Testamento?
Ma io credo che “tutto quello che non dicono le parole, lo racconterà,
per sempre, il Cantico dei Cantici”…
“Vàsimi di’ vasuni do’ to’ ciatu:
‘i to’ carizzi su’ mègghiu do’ vinu.
I to’ pirfumi su’ duci a ciaurari,
mustura c’abbarsama è ‘u to’ nomu,
ppi chistu t’anchètunu ‘i fìmmini.
Pòttimi ccu tè, curremu!
Fammi tràsiri, o re, ne’ to’ càmmiri:
scialamu e jemu ‘n gloria pp’amuri to’,
laramu ‘i to’ carizzi cchiù do’ vinu.
Cci n’havi scaciuni cu ti voli!”
Angelo
Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it
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