La scuola di Brescia ai tempi della crisi, stop alle gite
Data: Lunedì, 03 dicembre 2012 ore 04:00:00 CET
Argomento: Rassegna stampa


Fondi di istituto ridotti al lumicino, insegnanti che non hanno più un euro per le attività extrascolastiche ma ai quali viene chiesto di aumentare le ore in classe a parità di stipendio, viaggi di istruzione e uscite didattiche che si riducono sempre più e che diventano il racconto della crisi. A Brescia di occupazioni autunnali di scuole da parte degli studenti non ce ne sono ancora state ma, in compenso, a mettersi in agitazione sono stati gli insegnanti. Arrabbiati per le continue voci sull’aumento dell’orario di lavoro a parità di stipendio piuttosto che per il dibattito appena avviato sulla riduzione da cinque a quattro degli anni di scuola superiore.
Nelle scorse settimane, “colpiti nella loro dignità”. I primi ad avviare la protesta della sospensione delle attività aggiuntive sono stati i docenti dell’Abba-Ballini. Per loro niente coordinamento delle singole classi o dei dipartimenti, progetti di attuazione ddl piano dell’offerta formativa, viaggi di istruzione e uscite didattiche. A ruota e con decisioni simili, anche i colleghi del Copernico (che hanno anche inviato una lettera di protesta a Monti), dello Sraffa, del Pastori, del Fortuny e di diversi istituti comprensivi. Nei prossimi giorni decideranno sulle forme di protesta da adottare anche gli insegnanti del Gambara e dell’Olivetti-Tartaglia.
Tra le attività extrascolastiche sospese, con buona pace degli studenti, anche i viaggi di istruzione e le uscite didattiche. Sulle quali, a onor del vero, pesano soprattutto le difficoltà economiche di tante famiglie. Di soldi per gite, che costano da un minimo di 200 euro fino a 350 per quelle all’estero, ce ne sono sempre meno. Ma se i viaggi di istruzione diventano orami un lusso, a ridursi, orami, sono anche le uscite didattiche di un solo giorno per la visita a un museo. «Stiamo registrando un calo notevole – osserva Alba Duina, guida dell’Associazione culturale “Il Mosaico”, che lavora soprattutto con le scuole elementari e medie – Oramai gli istituti devono fare i conti anche con l’euro in più o in meno».
Le scuole senza soldi sono in grado di coprire solo alcuni casi di disagio economico al limite e spesso, per le scolaresche che arrivano dalla provincia, non è garantito il servizio di pullman, prima messo a disposizione dai Comuni. «Per molti – rileva Duina – il trasporto per venire in città è diventato l’elemento di costo più significativo e per cui le rinunce sono sempre di più». Non solo, la fine delle compresenze (a seguito della riforma) nelle scuole elementari fa sì che oramai non ci siano più i numeri minimi per accompagnare gli alunni a un museo. Le gite e le uscite didattiche che vengono meno raccontano la crisi economica e di bilancio in un’altra veste. Da un lato le famiglie e le sempre maggiori difficoltà economiche, dall’altro le scuole con i fondi di istituto ridotti all’osso e i Comuni che non garantiscono più le coperture finanziarie come in passato. Ad arrabbiarsi, negli ultimi giorni, sono state anche le scuole private, preoccupate per il pagamento dell’Imu deciso dal governo che – dicono – farebbe chiudere i battenti a parecchi istituti. Ma su questo, proprio ieri, il ministro dell’Istruzione Profumo, ha detto che si farà portavoce nel prossimo Consiglio dei ministri per chiederne l’esenzione.

Thomas Bendinelli (Il Corriere della Sera, ed. Brescia)





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