Italo Calvino e il visconte dimezzato
Data: Domenica, 02 dicembre 2012 ore 07:00:00 CET Argomento: Redazione
Italo Calvino,
scrittore ed intellettuale, è nato a Santiago de La Vegas (Cuba), nel
1923, ed è morto a Siena, nel 1985. Dopo l’esordio neorealistico, nel
1947, con il romanzo, “Il sentiero dei nidi di ragno”, scrisse,
prevalentemente, romanzi allegorici e ironico – grotteschi.
I racconti di Calvino sono aperti a molteplici significati, densi di
allusioni metaforiche, fra la libera avventura dello spirito e
dell’ironia, la lucidità razionale e moraleggiante, e l’ostinazione
dell’angoscia e dei fantasmi della morte.
Questa “operazione” avviene, soprattutto, con la trilogia de “Il
Visconte dimezzato” (1952), “Il Barone rampante” (1957) e “Il Cavaliere
inesistente” (1959).
Il primo romanzo, “Il Visconte dimezzato”, si pone fra la libertà
estrema dell’invenzione e dell’avventura, e la fermezza dell’apologia
morale che inquadra tutto il vario e rapido dispiegarsi degli eventi,
descritti con suprema eleganza ed ironia e anche con un fondo di
malinconia, che dà profondità al motivo, non originalissimo, della
necessaria compresenza della bontà e malvagità nell’uomo. Calvino, in
questo racconto allegorico, narra la vicenda fiabesca dell’uomo diviso
da una cannonata in due parti, una buona e l’altra malvagia, con le
conseguenze, ora comiche, ora tragiche, che ne derivano; fino alla
felice conclusione che porta all’unificazione delle due parti ed al
rinnovato compenetrarsi del bene e del male che sono in ciascun uomo.
La fantasia di Calvino, “utilizzando” l’allegoria, dà voce alle
condizioni dell’uomo contemporaneo, sempre alienato, mutilato,
impossibilitato a raggiungere l’integrità, la completezza e, quindi,
intorno al dramma del Visconte, come in un balletto, tutte le altre
figure del racconto si affannano e, più di lui, esprimono il proprio
disagio esistenziale.
Il romanzo narra della guerra che vede impegnato il Visconte Medardo di
Terralba, seguito dal suo fedele scudiero, Curzio, contro i turchi. Il
Visconte era ancora nella prima giovinezza, l’età in cui ogni
nuova esperienza, anche quella più macabra, è “tutta trepida e
calda d’amore per la vita”. Dopo il suo arrivo in Boemia, presso
l’accampamento dei cristiani, fu introdotto alla presenza
dell’Imperatore, il quale, dopo averlo incontrato, lo nominò tenente.
Finalmente, venne il tempo della battaglia contro i turchi ed il
giovane Tenente Visconte Medardo di Terralba, si proiettò contro il
nemico pieno di entusiasmo. Nell’agone della battaglia, lo scudiero
Curzio venne ferito, ma il Visconte fu invitato, dal suo stesso servo,
a continuare nella guerra. Ed avvenne che il giovane tenente volle
affrontare due artiglieri turchi che armeggiavano un cannone. Medardo
si buttò verso di loro con la spada sguainata, ma i due artiglieri gli
puntarono il cannone, sparandogli una terribile cannonata, così, il
nostro “eroe”, saltò in aria, colpito mortalmente.
Cessata la battaglia, gli addetti al soccorso sanitario trovarono il
corpo del Visconte orrendamente mutilato, con la parte destra
perfettamente conservata, senza neanche una scalfittura, escluso
l’enorme squarcio che l’aveva separata dalla parte sinistra, che era
orrendamente andata in bricioli. I medici si applicarono molto a
“quest’affascinante caso”, “impastarono” medicamenti e fasciature, e
chissà cos’altro fecero, ma il Visconte Medardo di Terralba, giovane
tenente, si ritrovò vivo ma dimezzato.
Mentre, però, “una parte” del Visconte, la parte destra, dopo una lunga
convalescenza, ritornò a casa, nel suo feudo, e venne accudita, tra
tante peripezie, dai suoi sudditi, che si accorsero subito della
“strana” anomalia del loro padrone, quando videro che tagliava tutto a
metà, constatando, purtroppo, che dalla guerra era tornata la parte
grama, la parte destra, la metà cattiva.
Medardo tagliava tutto a metà, non solo nelle cose di tutti i giorni,
ma anche nell’amministrazione dei suoi beni, e i sudditi si accorsero,
che faceva tutto con cattiveria e senza senso. Questo suo modo di fare
influenzò tutto il contado, i cui sudditi vennero soggiogati
dall’assurdo comportamento del Visconte. Egli si divertiva a provocare
incendi, non solo nei boschi, ma anche nei villaggi e la povera gente
ne era, al contempo, vittima e complice. Egli faceva tutto ciò senza
una precisa ragione.
Ma, avvenne che anche la parte sinistra tornò nel contado di Terralba
ed aveva, invece, un comportamento buono e lineare, questa parte non
entrava mai in contatto con l’altra metà grama, e i sudditi, a loro
volta, erano soggiogati dal “comportamento ondeggiante” del padrone,
tra la metà destra e la metà sinistra. La destra, quella cattiva, si
premurava a fare del male, mentre quella sinistra, la parte buona,
agiva nel fare del bene ai suoi sudditi.
Le cose andarono avanti così, per molto tempo. Ma, come si sa, alla
fine la natura prende sempre il sopravvento, e si “servì” di Pamela, la
sua fidanzata, che sia la parte destra, che quella sinistra, ne erano
innamorati, tanto che si vedeva la poverina “ondeggiare” continuamente,
per una parte o per l’altra, a secondo con chi si trovava a trattare.
Infine, avvenne che, durante i preparativi del matrimonio con Pamela,
le due parti si sfidarono a duello, e mentre erano impegnate a
“singolar tenzone”, le punte delle loro spade ferirono
mortalmente le due “parti” del proprio corpo, che, perdendo molto
sangue, si accasciarono al suolo morenti. Le due metà, entrambe molto
vicine, impregnate dallo stesso sangue e dall’enorme ferita che li
aveva divisi, si aprirono, facendo rimescolare il sangue.
L’unico contento di questa orrenda visione fu il dottore Trelawney, che
aveva approntato un’enorme benda, infatti, quando il corpo, “intero”,
del Visconte, fu trasportato in barella al castello, la parte buona e
quella cattiva furono “assemblate” e bendate insieme, ed il tutto
sembrò imbalsamato.
Il dottore si era preso cura di far combaciare, per bene, tutte le
parti interne del corpo e così tutto sembrò essere tornato “normale”.
Il Visconte era ritornato ad essere “unico”, in un solo corpo bendato.
Medardo, finalmente, “unico individuo”, dopo alcuni giorni si risvegliò
e, a poco a poco, ritornò ad essere “simmetrico”, usando, con
parsimonia, le sue due “metà”, il lato buono e quello cattivo.
Si sposò, ebbe molti figli, condusse una vita felice ed agì, verso i
suoi sudditi, con giustizia e saggezza, amministrando la cosa pubblica,
con accortezza e buon senso. Anche la società di oggi, costantemente
divisa in tante parti, per la mancanza di veri valori di riferimento e
d’unità d’intenti, che causano, spesse volte, comportamenti
schizofrenici e contraddittori, anela ad essere unita, giusta e
solidale. Solo così possiamo sperare di costruire un futuro migliore.
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it
|
|