Del garbo ovvero della dissimulazione onesta
Data: Venerdì, 23 novembre 2012 ore 07:00:00 CET
Argomento: Redazione


Gli Italiani? Siamo maestri  in tante cose, ma in una in particolare non temiamo rivali: nella pratica della menzogna cortese e nell’arte della adulazione. Naturalmente, ci vuole molto "garbo" per rendere gradevoli codeste due  "virtù" ai fini di una convivenza umana che appaia decorosa e piacevole!
E’, infatti, il garbo, se giustamente dosato, capace di mantenere ogni cosa entro i limiti della credibilità e del buon gusto e di fare accettare quello che altrimenti sarebbe, forse, inaccettabile. Con garbo si possono far digerire  tante cose che altrimenti sarebbero disgustose e rivoltanti al palato e allo stomaco;  si possono far passare per note  armoniose anche le dissonanze più stridenti.
Ma, ci si chiede: che cos’è in concreto il garbo? Quando possiamo dire che una persona è "garbata"? Come definire la qualità peculiare di codesta virtù che, per tanti aspetti, bisogna riconoscerlo, risulta essere un po' "machiavellica"?
Garbo, in verità, è parola che non trova facile corrispettiva traduzione adeguata in altre lingue. Essa è  parola "tota nostra"; è una forma di  galateo in codice di comportamenti che sono - direi - consustanziali solo al nostro modo di  essere italiani "colti". Perché è proprio col nostro "garbo" che, spesso, riusciamo, talora, a fare fessi il nostro prossimo,  e, per giunta, ce lo ingraziamo.

Nel  1966, Luigi Barzini a proposito di questa parola, nel suo  libro intitolato Gli Italiani, edito da Mondadori, scriveva: "Garbo è, per esempio, la cauta circospezione con la quale si muta lentamente la propria fede politica allorché la situazione rasenta la pericolosità; è il tatto con il quale notizie spiacevoli vanno decentemente comunicate; è la grazia con la quale il sarto taglia una giacca, affinché aduli le linee del corpo; è la comprensiva cautela con la quale si pone termine a relazioni amorose ormai agonizzanti; è l’abilità con la quale un prefetto  riporta gradualmente l’ordine in una provincia ribelle senza causare risentimenti. Senza garbo e il senso della misura, un travolgente discorso patriottico, un’ardente  dichiarazione d’amore diverrebbe irritante, un edificio dalle complesse decorazioni sarebbe odioso, una fiorita composizione musicale sarebbe insopportabile”. A riflettere, nulla di nuovo sotto il sole. Il garbo altro non essendo che una variante della  dissimulazione onesta.

Nel 1641 Torquato Accetto dava alla luce il saggio Della dissimulazione onesta, nel cui preambolo specificava che la dissimulazione - a differenza della simulazione, che egli decisamente rifiuta - non è che "un velo composto di tenebre oneste e di rispetti violenti, da che non si forma il falso, ma si dà qualche riposo al vero, per dimostrarlo al tempo". La dissimulazione è arte difficile da esercitare, perché richiede il dominio delle passioni, una vasta e profonda esperienza di uomini e cose, e, poi, anche una notevole capacità di sapersi adeguare con "garbo"  alle circostanze;  "ancorché si senta non poco dolore quando si tace quello che si vorrebbe dire o si lascia di fare  quanto  vien rappresentato dall’affetto, nondimeno piace poi grandemente d’aver usata sobrietà di parole e di fatti".
A rifletterci, nulla di nuovo sotto il sole. Il garbo altro non è che una variante dell’accettiana dissimulazione onesta, una regola di buon vivere, qualcosa di simile al comportamento  "legiferato nel Galateo del Della Casa: una scienza  amabile che spesso si offre come schermo della verità che, se detta,  potrebbe far male.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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