Scuole occupate, riforme mancate e conformismo a gogò
Data: Giovedì, 22 novembre 2012 ore 07:00:00 CET Argomento: Rassegna stampa
Un
provvedimento – quello sul prolungamento dell’orario di servizio di 24
ore – ritirato dal Governo, un disegno di legge – quello tardivo sulla
riforma degli Organi collegiali e sull’autogoverno delle scuole - che
difficilmente potrà essere approvato da un Parlamento ormai prossimo
allo scioglimento, un insieme di tagli alla spesa pubblica che
riguardano non solo la scuola ma l’intero Paese, con il debito pubblico
giunto al 126 % del Pil: ecco le rivendicazioni che di questi tempi
scuotono le scuole italiane con proteste e, soprattutto, occupazioni
talvolta fomentate da qualche genitore nostalgico o da qualche
professore che spera di amplificare la voce del proprio disagio e di
trovare sostegno nella partecipazione degli studenti.
Intendiamoci, la protesta, se democratica e pacifica, è sempre
legittima, ma non si è mai vista montare una protesta così accesa su
basi così inconsistenti. Una volta si protestava per chiedere le
riforme, oggi per non farle. Ma di conservatorismo la scuola può
morire. A guardare le scuole occupate e le rivendicazioni sugli
striscioni appesi alle finestre, sembra di essere all’inizio di un
nuovo ’68. Ma si intuisce anche che, come negli scorsi anni, la
celebrazione di quello che è stato giustamente definito un rito
conformista, l’occupazione delle scuole si sgonfierà.
Quello che sorprende di più, in tutto questo frastuono, è l’accanimento
contro il disegno di legge sull’autogoverno delle scuole, contro cui ci
si ostina a inveire, peraltro chiamandolo “ddl Aprea” anche se la prima
firmataria di uno dei numerosi disegni di legge che è confluito poi in
un testo unificato, non è più parlamentare da un pezzo. Inoltre,
aspetto non irrilevante, l’attuale disegno di legge è stato licenziato
dalla 7° Commissione della Camera il 10 ottobre scorso con
l’approvazione di tutte le forze politiche.
Che gli studenti possano non conoscere il contenuto e la genesi di un
testo legislativo è comprensibile, ma che i loro docenti, esponenti dei
Cobas e quelli che si lasciano sedurre dalla sirena della contestazione
contro tutto e contro tutti, lo agitino come uno spauracchio e lo
deformino ad arte, appare solo un colpevole e maldestro tentativo di
scatenare disordine e conflittualità aggiungendo confusione al disagio
reale che il Paese – e dunque anche la scuola – vive.
Questi improvvisati tribuni tuonano principalmente contro tre punti del
cosiddetto ddl Aprea: il riconoscimento dell’autonomia statutaria alle
scuole, la presunta eliminazione della partecipazione studentesca e
l’introduzione di soggetti esterni nell’organismo di governo che, a
loro dire, polverizzerebbero le scuole in un mosaico variegato e
favorirebbero la loro privatizzazione.
Forse ci sono margini di miglioramento per la materia contenuta nel
ddl, ma queste accuse sono false e infondate. Lo statuto è connaturato
all’autonomia di cui le scuole sono state dotate già dal 1997. La
componente studentesca, come quella dei genitori, resta nell’organismo
di governo nelle stesse proporzioni di quella attuale. La
partecipazione di esponenti del territorio, in un numero massimo di
due, è puramente consultiva e decisa in base allo statuto. Qual è
allora la necessità di queste norme? L’ammodernamento e lo snellimento
del funzionamento della scuola, il suo alleggerimento delle pastoie
burocratiche che tanto ne intralciano l’andamento.
In realtà, questo disegno di legge un torto ce l’ha ed è quello di
essere talmente tardivo da non poter quasi certamente vedere la luce,
soprattutto se lo scioglimento delle Camere verrà anticipato. Gli
organismi di governo delle scuole potrebbero restare ancora fermi ai
Decreti delegati del 1974, mentre le scuole sono diventate istituzioni
autonome dal 1997. L’autonomia scolastica ha finora trovato mille
ostacoli e la sua attuazione piena attende ancora. Nel 2012 celebriamo
i quindici anni di ritardo. Ma non sarà il conformismo delle
occupazioni a colmarlo. I ritardi sono anche altri. Merito, valutazione
e conseguente valorizzazione della professione docente aspettano ancora
di trovare spazio nella scuola.
Donatella
Purger - Firstonline.info
donatellaaura@gmail.com
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