Quale dimensionamento della rete scolastica per la Calabria. Lettera aperta
Data: Mercoledì, 07 novembre 2012 ore 06:00:00 CET Argomento: Opinioni
Al
Presidente della Giunta Regionale On. G. Scopelliti
E, p.c., all’Assessore On. M.Caligiuri
Ai rappresentanti istituzionali della Calabria
Agli organi di stampa
Ancora non siamo nel turbinio dei lavori per redigere il nuovo piano
della rete scolastica calabrese, nonostante i ridotti margini temporali
e diversamente da altre realtà regionali, ma ci sono tutte le premesse
per ricalcare l’esperienza catastrofica dello scorso anno. La miopia
con cui si è agito, la logica spesso campanilistica o semplicemente
“politica”, ha determinato una situazione dichiarata insostenibile, in
modo unanime, dagli attori e dagli utenti della scuola pubblica.
Il rischio che si sta correndo è quello di arrivare a deliberare
un Piano di dimensionamento della rete scolastica che non sia frutto di
un percorso condiviso tra tutti i soggetti interessati – dirigenti,
scuole, docenti, famiglie, istituzioni – né trasparente e , di
conseguenza, equo nelle scelte, laddove condivisione, trasparenza ed
equità presuppongono procedure che contemplino un’attività istruttoria,
una conoscitiva e una valutativa-comparativa per stabilire il peso dei
diversi bisogni in gioco, in primis il dovere di tutelate i
giovani e il loro diritto all’istruzione e alla formazione.
Il pericolo che si sta materializzando, invece, è che le
decisioni relative al nuovo Piano di dimensionamento non mettano
al centro la qualità dell’istruzione e della formazione, non
garantiscano il successo formativo e l’uguaglianza delle
opportunità per tutti gli allievi, non tutelino i livelli essenziali
delle prestazioni da garantire in ogni territorio ma siano, per
l’ennesima volta, compromesse dalle manovre di risparmio.
Di nuovo potrebbe essere invertito il rapporto
autonomia-dirigenza. “Ogni scuola autonoma deve avere un suo dirigente”
solo questa è la lettera, la ratio e la volontà del legislatore che
oggi le associazioni sindacali e gli attori della scuola
calabrese, con diverse iniziative, intendono tutelare riconoscendone il
ruolo fondante. L’endiadi autonomia-dirigenza, istituita dal
legislatore, è infatti “pietra angolare” di una più ampia
architettura di riforma, che mira alla qualificazione dell’istruzione e
della formazione attraverso la valorizzazione di competenze manageriali
e di leadership. Competenze capaci di affrontare con successo le sfide
della complessità, contestualizzandole secondo la logica del
“glocalismo” (agire localmente pensando globalmente) e
catalizzando il processo di innovazione a cui la scuola deve dare
corso, pena lo sganciamento dalla “linea-del-tempo” e l’arretramento
della Regione e del Paese.
Non è infatti previsto ex lege, né funzionale, che possano
esserci scuole autonome prive di un dirigente stabilmente e
univocamente assegnato solo perché lo Stato ha competenza a stabilire
il numero di questi ultimi. E neppure che il numero di dirigenti,
fissato aprioristicamente a livello centrale - sulla base di un
parametro “medio” che per sua natura “appiattisce e mortifica” le
specificità locali - possa predeterminare e condizionare il
numero di scuole autonome, invertendo così l’ordine naturale delle cose
e inficiando a macchia d’olio l’efficacia e l’efficienza del processo
avviato. Sfilata questa “pietra d’angolo”, in altri termini,
l’architettura rimane priva di quelle sinergiche e osmotiche
interrelazioni interne ed esterne che assicurano la stabilità e la
funzionalità della visione d’insieme, degradando l’edificio pensato
come “sistema” in un pericoloso e anacronistico “aggregato” di
parti.
Nella “ratio legis” del decentramento fondato sulla sussidiarietà è la
Regione che deve presiedere autonomamente il dimensionamento
della rete scolastica, deve cioè stabilire la soglia minima e
massima degli alunni che frequentano le istituzioni autonome nei
diversi gradi dell’istruzione e nelle diverse specificità territoriali,
fissando contestualmente i limiti delle situazioni in deroga.
Ogni Regione, quindi, nel deliberare le Linee Guida dei nuovi piani,
non può non analizzare le singole realtà territoriali, non può e non
deve trascurare le caratteristiche e le istanza culturali,
linguistiche, economiche, orografiche del proprio ambito, non può
non garantire a tutti i suoi cittadini un servizio essenziale e un
diritto costituzionale quale quello dell’istruzione.
Questo il senso del riparto di competenze tra Stato e Regioni in
materia, così come sancito, per l’ennesima volta, dalla Corte
Costituzionale con la sentenza 147 del 5 giugno 2012, che richiama
precedenti sentenze sulla vexata questio delle competenze (la n. 200
del 2009 e n. 22 del 2011).
La Suprema Corte ha, nuovamente, sottolineato che, ancor di più dopo la
Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, la programmazione del
servizio scolastico sul territorio (denominato “dimensionamento”)
rientra tra i compiti affidati alle Regioni e ciò in virtù del fatto,
come la Corte ha stabilito, già dal 2009, che la preordinazione
di criteri relativi al dimensionamento delle scuole “ha una diretta ed
immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà
territoriali e alle connesse esigenze socio – economiche di ciascun
territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede
regionale…”.
Solo in sede regionale, quindi, possono essere apprezzate e
tutelate realtà e peculiarità e solo a partire dalla stessa sede
possono essere effettuate scelte che incidono sulla qualità
dell’offerta formativa e, in parallelo, sull’occupazione – presente e
futura – finalizzata all’obiettivo europeo della migliore inclusione
sociale.
Scelte oggi indifferibili, considerando che i tagli chirurgici dello
scorso anno hanno decapitato ben 99 istituzioni scolastiche,
creando 88 scuole, sulla carta autonome, ma nei fatti prive di
dirigenti stabilmente assegnati, con implicazioni devastanti sul piano
organizzativo, didattico e sociale e con un effetto domino del
malessere esteso anche alle scuole “normodimensionate” costrette alla
condivisione del dirigente.
Il risultato in termini di organici è stato quello di bloccare, fino a
saturare, il contingente dei dirigenti scolastici, creare un
impressionante esubero di DSGA , far lievitare i docenti e il personale
ATA in soprannumero, impedire l’assunzione anche a tempo determinato di
molti docenti supplenti. Risorse umane qualificate alle quali la scuola
deve la possibilità di aprire (anno dopo anno) i battenti, ma che
(anno dopo anno) condanna al limbo della precarietà e della
demotivazione, o, nei casi più sconvolgenti, all’eternità prematura
della terra fredda. Tutto questo accade in una regione afflitta
dalla piaga della disoccupazione che, paradossalmente, può contare su
competenze altamente specialistiche, come quelle di molti docenti, di
ruolo e precari, e di ben 98 neo Dirigenti Scolastici, vincitori
dell’ultimo concorso che si sono formati a proprie spese per
rispondere alle esigenze di innovazione e qualificazione e che
restano bloccati ai nastri di partenza per indisponibilità delle
sedi.
Questa situazione perversa prevede, però, una via d’uscita:
una scelta coraggiosa e lungimirante che consenta di recuperare tutte
le istituzioni scolastiche autonome illegittimamente soppresse lo
scorso anno, sulla base di una legge che la Suprema Corte ha dichiarato
incostituzionale.
Una scelta dovuta, necessaria, improcrastinabile.
E se così non fosse, è necessario che i diretti autori se ne assumano
la responsabilità piena. Così come si è avuto il coraggio di
“giustiziare” la nostra scuola, bisognerà avere il coraggio di
dire ai cittadini calabresi che la scuola non è una priorità del
governo locale; che i nostri giovani non sono ai primi posti
dell’agenda politica; che creare menti libere e coscienze rette non
interessa; che formare alte professionalità , fornire gli strumenti per
essere cittadini del mondo e risorse strategiche per il rilancio della
Regione e del Paese non rientra nei programmi dei politici calabresi;
che sostenere la scuola come unico presidio di legalità, come unico
deterrente alle lusinghe e ai tranelli di una delinquenza che nella
sete della nostra terra trova terreno fertile, non rientra tra gli
impegni di governo della nostra Regione.
Diverse sono le domande che ad oggi non hanno avuto risposta: i
nostri rappresentanti politici hanno intenzione di tutelare i comuni
montani presenti nella nostra regione? Vogliono custodire
le piccole realtà con specificità tipiche non confondibili con quelle
di comuni limitrofi? Sono pronti a difendere i comuni ad alto
tasso di criminalità? Tengono asalvaguardare le
storie, le tradizioni, le ricchezze culturali , così diversificate, del
nostro territorio? O intendono, diversamente, comprimersi nella logica
del sì acritico allo Stato, abbracciando il luogo comune di una crisi
ormai percepita nitidamente, anche dal comune cittadino, come alibi
utile per chiedere sacrifici sempre alla stessa scuola pubblica, mentre
si perpetuano i riti (intollerabili) di sprechi che suonano come sfregi
e si erogano finanziamenti – di importo poco inferiore ai tagli delle
scuole pubbliche – alle istituzioni scolastiche private?
Su questo tema la Calabria non può concedersi sconti, né
proroghe, né rimandi. Dobbiamo, in quanto cittadini di questa regione,
rimanere fermi sul fatto che bisogna promuovere qualsivoglia
iniziativa comune volta alla collaborazione e alla partecipazione che
salvaguardi la scuola pubblica calabrese, rimanendo lontani dal fare
polemica e puntando su obiettivi utili al “ben-essere” dell’istruzione
e della formazione, nella consapevolezza che solo l’interesse della
collettività tutela i singoli e non il viceversa.
Pertanto, ai destinatari in indirizzo, per quanto di loro competenza,
si chiede di:
· intervenire con forza
e decisione assumendo gli impegni necessari per la risoluzione
dei tanti problemi aperti (solo in parte qui esplicitati) nel rispetto
dei tempi e delle urgenze delle istituzioni scolastiche che non possono
e non devono ulteriormente soffrire per le inerzie della politica e
dell’amministrazione;
· rivedere, secondo
un’ottica di condivisione, efficacia ed efficienza, i parametri
dimensionali delle scuole autonome e stabilire con chiarezza, nel
rispetto delle specificità di ogni comune, anche i criteri delle
deroghe da adottare a partire dall’a.s. 2013-2014;
· superare l’idea
rigida di creare Istituti Comprensivi, ma aprirsi, come già accaduto in
altre regioni, alla possibilità di aggregazioni di scuole in
orizzontale, fissando oltre al limite minimo anche il tetto
massimo di alunni per istituto, imprescindibile ai fini di una concreta
chance di governance;
· prevedere una
programmazione della rete scolastica in un’ottica pluriennale, per
tracciare una organizzazione “sensata” del servizio scolastico
regionale improntata al principio della gradualità nel conseguimento
degli obiettivi.
· orientare le scelte
dei criteri delle Linee Guida regionali in materia di dimensionamento
della rete scolastica a favore di istituzioni scolastiche che non siano
esclusivamente espressione afona di parametri numerici ma
manifestazione significativa di comunità: progettuale, curricolare, di
crescita, d’istruzione e formazione, nonché risposta ai bisogni e alle
aspettative dell’utenza e forma di dialogo vitalizzante con il
territorio.
· promuovere la scuola
pubblica calabrese, in continuità alle politiche di sostegno
dell’Unione europea, quale occasione e luogo concreti di valorizzazione
delle potenzialità del cittadino e della cultura della legalità,
nell’ottica della maggiore e migliore inclusione sociale.
Firmato: Maria Pia D’Andrea, Simona Sansosti,
Giovanna Caratozzolo, Gemma Faraco
Vincitrici Concorso Dirigenti
Scolastici della Calabria
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