Attualità di un 'irregolare', corsaro e luterano
Data: Lunedì, 05 novembre 2012 ore 07:30:00 CET
Argomento: Redazione


Pasolini corsaro e luteranoEra il 1975, e  Pasolini   puntava il dito  contro  la scuola dell’obbligo e la televisione, proponendone, almeno provvisoriamente, l’abolizione. Quale il motivo di una simile provocatoria proposta ?
Per la scuola dell’obbligo, la sua convinzione era che essa non servisse - così com’era - a  nulla, perché - sosteneva -   “vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio)”. “Una nozione è dinamica  -  scriveva - tra l’altro -  lo scrittore - regista -  solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po' di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono..”. 
Oggi, dobbiamo confessare,  pur - s’intende - nella consapevolezza della necessità di doverci  riparare dietro  il solito sacrosanto “mutatis mutandis”, che l’irregolare Pasolini un po' di ragione l’avesse. Tante cose che non sappiamo, l’abbiamo imparate a scuola!
Marciscono, in vero, le nozioni, quando sono impartite meccanicamente dagli insegnanti, e non trovano  ricadute significative sulle esperienze della vita quotidiana dei giovani; e sono inutili, anche, se non colpiscono il materiale e l’immaginario del loro cuore e della mente; e sono false, le nozioni, quando non si capisce che istruire non è una pura formalità istituzionale. Fare lezione non significa ex cattedra imbastire un soliloquio, fare una bella prolusione autoreferenziale per dirsi "Quanto sono bravo,  Come mi piaccio"; significa semplicemente dare, umilmente e con onestà intellettuale, lettura  di un testo e metterlo (e mettersi)  in discussione, sentirlo e meditarlo, scavarlo,  prendere partito sopra quel testo,  anche schierarsi - se occorre -;  mettersi in ascolto degli altri, commentarlo insieme con gli altri e confrontarsi  e scontrarsi con gli altri;  vederne, se c’è, la perenne sua attualità, o,  comunque sia, la sua efficacia (se c’è),  oltre che estetica ed emotiva, anche  pratica ed operativa.  Fare lezione significa, insomma, soprattutto, calarsi dentro alle cose, stare dentro e fuori del testo in rapporto di confidenza e diffidenza reciproca; significa insegnare ai giovani a saper leggere il mondo che li /ci circonda,  fornire loro, attraverso il testo, un metodo di apprendimento in grado di permettere  un  approccio  sistemico critico-problematico  con la realtà considerata  nella sua determinazione e permanenza. Solo così resterà qualcosa dentro il cuore e la mente dei giovani.
Altrimenti, l’insegnamento corre il rischio di  diventare stupido e inutile se si vuole ridurlo a “lezione frontale”, a  quiz,  a questionario precotto e confezionato, a crocette vero/falso, o  a una semplice e asettica e “statica” e rimasticata trasmissione di nozioni, a una verifica- interrogatorio-valutazione giornalieri  dell’alunno allineato a mò di  condannato a morte davanti la cattedra dietro la quale, arcigno e severo, sta il prof. con il suo dispiegato registro (on line?).
 Se non si capisce questo, allora veramente  si dovrà  ammettere  che la scuola  sia finita e   l’umanesimo  morto!
Quanto alla televisione, la convinzione di Pasolini era che essa rappresentasse modelli ed esempi negativi, eticamente devastanti  per la gioventù. E certamente, dobbiamo ammettere che la tv non è mai  una buona  insegnante,  e ancor meno quella “commerciale “ di oggi. Notava acutamente Pasolini  che  “I modelli, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? E’ stata la televisione che ha, praticamente( essa non è che un mezzo), concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’ irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza, o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore)”.
E, oggi, noi, mutatis - al solito - mutandis, abbiamo poco da aggiungere,  di nostro, a  questa acuta quanto dolorosa e profetica ‘scoperta’  del Nostro.  Solo perché sembrano fare da  pendant, ci permettiamo di  richiamare alla memoria dei nostri lettori queste parole di Karl R. Popper : "Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto".
La discussione resta  aperta.

Nuccio Palumbo
antonino11palumbo@gmail.com





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