
Lettera aperta al governo “la scuola depredata. ma è una beffa?”
Data: Domenica, 21 ottobre 2012 ore 05:00:00 CEST Argomento: Associazioni
 ........Intanto
sfumano decine di migliaia di posti di lavoro
sia pur precari,
crollano le speranze di tanti giovani,
svaniscono le attese dei meno giovani.
Cosa faranno?
La scuola ha dato già troppo
per il risanamento dell’economia italiana,
dopo anni di penalizzazioni meriterebbe ben altra considerazione.
Non poche
volte i
Ministri della
Pubblica Istruzione sono scivolati sulla classica “buccia di banana”,
trascinandosi la cordata dei
Governi. Per rendersene conto basta sfogliare la storia politica
del nostro
Paese e non soltanto nell’era repubblicana.
E’ avvenuto.
Sarà perché i problemi della Scuola
sono molteplici e complessi; sarà per la consistenza numerica
del
settore che include, oltre agli addetti ai lavori, gran parte dei
cittadini titolari di diritti oltre che di doveri; sarà per la scarsa
considerazione del legislatore, dovuta alla
ignoranza della realtà reale della Scuola, delle esigenze vitali cui
essa deve dare risposte e delle emergenze da
affrontare quotidianamente da parte di docenti e dirigenti; sarà per
tutta una serie di concause trascurate
piuttosto che avvertite con oculatezza e correttamente interpretate;
sarà per le legittime attese disilluse.
Mai, comunque, si era giunti a mortificare
e depredare fino a questo punto i docenti, lavoratori nella
scuola, professionisti e non mestieranti.
Non ci sta bene il termine ricorrente anche sulla bocca del Ministro:
mestiere.
Per noi dell’UCIIM l’educazione e
l’istruzione sono arte e non mestiere.
L’arte dell’educazione ha
bisogno di ben altro che di strumenti manuali, meccanici, tecnologici,
informatici,
che pure possono tornare utili per la formazione dei giovani ed il loro
inserimento nella vita sociale.
La professionalità del docente si
connota per l’impegno pieno della sua persona, delle sue
facoltà, delle competenze, delle conoscenze, delle capacità
relazionali, della misura
con cui si espone costantemente, è disponibile alle varie esigenze
degli alunni e riesce a tirar fuori e
valorizzare le positività di ciascuno. A chi lavora nella Scuola il
tempo non è mai sufficiente per prestare agli
alunni l’attenzione di cui hanno bisogno e che, sia pur inconsciamente,
chiedono.
Il comma 42 dell’art. 3 del cosiddetto
DDL sulla “stabilità”, di cui si ha appena concreta notizia, configura un vero e proprio furto a
danno dei docenti, una rimozione di diritti acquisiti seppur già
limitati, senza alcun consenso degli interessati né dei loro
rappresentanti, anzi
a loro insaputa.
In uno Stato di diritto è inaudito non tener conto della contrattazione
vigente.
Offrire la “carotina” di 15
giorni di ferie aggiuntive (pari a 48 ore di lavoro secondo il nuovo
orario ipotizzato) menando la
“bastonata” di
un aumento considerevole di ore di lezione per l’intero anno scolastico
(6 ore in più x 33 settimane = 198 ore) è vergognoso ed
offensivo. Tutto ciò senza considerare il maggior carico di
progettazione, di predisposizione, revisione e
correzione del lavoro delle classi, dei Consigli, delle registrazioni,
delle verifiche e valutazioni, dei
rapporti con i genitori. Si è fatto caso che un docente con 2 ore
settimanali di lezione segue già 9 classi (243/270
alunni) ed il collega con 3 ore settimanali ha 6 classi (162/180
alunni)? Nella nuova assurda ipotesi
il primo ne avrebbe 12 (circa 360 alunni) e chi ha 1 sola ora
settimanale per classe dovrebbe seguire
fino a 720 alunni.
E tutto “a parità di retribuzione”, a
costo zero, anzi con la minaccia di decurtazioni. Ma è una beffa? Il Ministro Profumo non può
“chiedere alla scuola un atto di generosità”, mentre afferma tra
l’altro l’impossibilità per anni dei
“legittimi” aumenti di retribuzione e conferma il congelamento degli
scatti stipendiali.
Chi azzarda simili proposte forse saprà fare i conti in denaro e
capitali ma non certamente delle risorse umane che non sono
inesauribili.
Lavorare a scuola non è come impartire
lezioni all’università dove non cambia l’impegno del docente anche di fronte ad un’aula
magna con 1000 studenti.
Si può parlare di insegnamento/apprendimento personalizzato aumentando
il numero degli alunni per classe?
E’ presumibile elevare la qualità
della scuola detraendo disponibilità e risorse?
Si può motivare e valorizzare la professionalità continuando a
trattare la classe docente da ingenua, fannullona ed improduttiva?
E’ realizzabile l’enfatizzata
informatizzazione applicata alla didattica quando, a parte poche
isole felici, bisogna far fronte ad esigenze prioritarie?
Che senso ha varare un concorso a
cattedre ed annunciarne altri, tagliando, al contempo, ogni
possibilità di lavoro ai docenti precari?
E’ continua contraddizione.
Se la scuola italiana è tra le
strutture che più hanno retto negli ultimi decenni il merito va
a coloro che in essa e per essa hanno positivamente operato, malgrado i
Governi
e l’incuria degli Enti locali.
Ha retto per la sensibilità dei
docenti che, di fronte ad ogni persona in fieri, mettono in
gioco il meglio di sé, dimentichi di tutto.
Altro che “mestiere”! Anche se questo
lavoro è un mezzo per vivere ... o.. per sopravvivere.
Cosa accadrebbe se gli
insegnanti con 18 ore settimanali o anche quelli delle ipotetiche 24
ore rendessero il loro servizio come prassi impiegatizia, lasciando
strumenti e
pensieri sul tavolo da lavoro allo scadere del tempo?
Altra leggenda da sfatare è la
mitizzazione della scuola degli altri Paesi europei.
Il confronto è pilotato intenzionalmente e torna sempre a nostro
svantaggio: è un alibi per assecondare un senso di inferiorità che
possa inibire anche le attese e le richieste.
VI sono situazioni diverse ma non per questo migliori nella sostanza,
diversamente strutturate, meglio
attrezzate, con spazi vasti ed aperti ed una organizzazione più
puntuale. L’orario di lezione corrisponde nella
media alle nostre 18 ore ma i compensi sono di gran lunga maggiori.
L’auspicato allineamento ai parametri
europei va a senso unico?
A macchia di leopardo?
A singhiozzo?
Il senso vero dell’operazione è un
nuovo taglio alla scuola, ancora una volta camuffato da modalità
riorganizzative e flessibilità. Forse lo si vorrebbe spacciare
per “l’organico funzionale” promesso, con la differenza che anziché
aumentare il numero degli insegnanti
aumenta il carico orario.
Intanto sfumano decine di migliaia di
posti di lavoro sia pur precari, crollano le speranze di tanti giovani, svaniscono le attese dei meno
giovani. Cosa faranno?
La scuola ha dato già troppo per il
risanamento dell’economia italiana, dopo anni di penalizzazioni meriterebbe ben altra considerazione.
La “legge di stabilità”, seguendo la
tecnica dei rattoppi, è iniqua: nasce dalla improvvisazione, poiché manca l’idea di scuola ed una
coerente politica per l’educazione.
Per evitare che la nostra democrazia
così tanto provata possa esplodere, urge una pronta retromarcia del Governo sui problemi
più brucianti.
La Scuola non ha più energie per
compiere “gesti di generosità”, né può dare, anzi è essa ad attendere, “contributi di solidarietà”.
Roma 16 ottobre 2012
La Presidenza nazionale
UCIIM
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