
Dies horribilis
Data: Giovedì, 11 ottobre 2012 ore 23:30:00 CEST Argomento: Attività parlamentare
Quella di ieri,
10 ottobre, è stata davvero una giornata orribile per la scuola
pubblica italiana. La proposta di legge 953, la miniriforma Aprea, che
concretizza definitivamente il processo di privatizzazione della
scuola, aprendo le sue porte a “soggetti esterni” (sia come
finanziatori che come membri degli organi collegiali) e che impone ad
ogni scuola uno statuto autonomo (a cui vengono affidate competenze in
materie assai delicate, senza garanzia e possibilità di controllo a
livello nazionale), ha ultimato il suo iter alla Camera per approdare
all’esame del Senato, dove rischia di arrivare all’approvazione
conclusiva prima della fine di questa legislatura; legislatura
che – non possiamo fare a meno di notarlo - si sta rivelando, per
l’intero sistema di istruzione del nostro paese, quasi più funesta
della precedente. E siccome il sacrificio fin ora imposto alla scuola
pubblica italiana (che - lo ricordiamo – in questi anni ha subito
tagli per oltre 9 miliardi di euro ed è stata privata di circa 140 mila
lavoratori), non è bastato a saziare la sete di sangue di questo
governo, è di ieri la notizia che la nuova Spending review approvata
dal Consiglio dei Ministri conterrà altre misure altamente lesive dei
diritti degli insegnanti e degli studenti stessi, le vittime
sacrificali di scelte politiche miranti esclusivamente a tagliare fondi
a detrimento della qualità del sistema di istruzione. Infatti gli
insegnanti italiani, che hanno stipendi di gran lunga inferiori alla
media degli altri paesi dell’OCSE, che non hanno avuto rinnovi
contrattuali dall’ormai lontano 2009, a cui sono stati anche bloccati
gli scatti di anzianità dal 2010 al 2012, ora sarebbero chiamati a
subire un’altra assurda vessazione: l’aumento dell’orario di lavoro
nelle scuole secondarie a parità di stipendio. Risulta evidente che un
provvedimento di tale genere, oltre a determinare un’inevitabile
scadimento della qualità dell’offerta formativa, dal momento che pone
oneri insostenibili sulle spalle dei docenti, già sfiancati dagli
esecrabili effetti della Controriforma Gelmini, comporterà anche
la totale esclusione da ogni possibilità lavorativa di quegli oramai
pochi precari sopravvissuti alla mannaia dei tagli di posti di lavoro
operati dal 2007 ad oggi; ci riferiamo in particolare a quella
categoria di docenti abilitati che, pur non avendo ancora
ottenuto la stabilizzazione, in modo irriverente e paradossale, mentre
continuano a rendere possibile con il loro lavoro il funzionamento di
un sistema scolastico minato dalle fondamenta da una serie di
interventi nefasti, vengono chiamati, attraverso il DM 82 del 24
settembre, a sostenere un concorso (che peraltro hanno già
sostenuto) con prospettive di immissione in ruolo sempre più aleatorie.
Ci chiediamo infatti: come fa questo governo a parlare di
rinnovamento della classe docente, di prospettive occupazionali nel
settore dell’istruzione, se continua a operare interventi che aumentano
l’orario di lavoro settimanale del personale attualmente in servizio,
ritardandone intanto i tempi per la quiescenza?
Ci sembra giunto il momento di chiamare l’opinione pubblica a
riflettere seriamente su quali siano le reali criticità del
sistema scolastico italiano, partendo proprio da un’attenta analisi
dell’effettivo carico di lavoro richiesto agli insegnanti. Se si è
disposti a discutere con onestà intellettuale, si dovrà innanzitutto
ammettere che le misure fin qui adottate, dal precedente e da questo
governo, hanno determinato un progressivo e sostanziale peggioramento
delle condizioni di un’intera categoria di lavoratori: sempre più
classi, ma sempre meno ore di insegnamento in ogni classe, spesso soli
anche in presenza di alunni bisognosi dell’insegnante di sostegno,
mortificati nella loro professionalità perché costretti già dalla
spending review approvata in agosto a riciclarsi su materie per cui non
sono in possesso neanche del titolo abilitante, costretti a transitare
obbligatoriamente nei ranghi degli ATA se divenuti inidonei
all’attività di insegnamento. E non si potrà fare a meno di ammettere
che il disagio e le difficoltà concrete nello svolgere il proprio
lavoro che gli insegnanti hanno fin ora affrontato e saranno costretti
ad affrontare in misura di gran lunga superiore, qualora gli scellerati
obiettivi di questo governo dovessero in porto, si ripercuoteranno
negativamente sulla qualità dell’insegnamento e, a farne le spese,
saranno ancora una volta i nostri studenti, cioè i giovani, sui quali
si ripongono le nostre ultime speranze di vedere realizzata una società
più equa e capace di rispettare diritti e bisogni dei suoi cittadini.
Noi continueremo a fare quanto in nostro potere per ostacolare
l’approvazione sia della legge Aprea in Senato che di questa nuova
Spending review non ancora arrivata all’esame del Parlamento, nella
consapevolezza che, se quest’ultimo provvedimento dovesse
effettivamente contenere ulteriori misure di tagli insostenibili per la
scuola, rappresenterebbe un chiaro messaggio dell’assoluta noncuranza
di questo governo rispetto ad un’istituzione fondamentale qual è la
scuola pubblica e rispetto alle esigenze dei suoi lavoratori. Non
possiamo permettere che un disegno così pericoloso per tutta la
società, cioè quello che noi consideriamo a tutti gli effetti il
programma di distruzione della scuola pubblica, venga realizzato
nell’indifferenza generale o con la resistenza di pochi, isolati
oppositori, consci della drammatica deriva verso la quale stanno
precipitando gli eventi. Aiutateci e sosteneteci in questa lotta.
Letizia
Bosco e Ilaria Persi -
Responsabili nazionali Scuola IdV
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