Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco
Data: Sabato, 06 ottobre 2012 ore 11:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Un “gruppo di facebook”, “Parru cu tia”, utilizzando appieno le potenzialità del social network, ha voluto “accendere” un forum di discussione e di approfondimento su un tema di pressante attualità e di grande interesse, l’emergenza educativa al tempo della crisi, con un titolo originale e affascinante, “Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”, (William B. Yeats). Ne è uscito fuori un interessantissimo e simpatico dialogo, fatto di valutazioni, di analisi, e di aneddoti personali. Un confronto, vero e diretto, con l’ausilio dei “commenti” e dei “mi piace”, in vero stile feisbucchiano… Un piacevole “esperimento” tra amici, distanti nello spazio, per capire insieme, con lucida sincerità, l’antica “arte” dell’educare e dell’insegnare. Quasi, un “gioco” che vale la pena provare e… ripetere…
Inizia, come sempre, Giuseppe, «Il fuoco si accende da una piccola scintilla, come dice un cantico: “Il fuoco inizio da una piccola scintilla, e solo dopo un po’ si accende e poi sfavilla”». Gli fa eco Federico, «“Si impara sempre da chi si ama”, diceva Socrate». «Bravo Federico! – esclama Giuseppe – Chi ti ama, ti insegna tante cose, ed accende dentro di te quella fiammella che poi sbocca nel fuoco, ed il fuoco del crescere si possiede con il logos e con l’ascolto. E l’ascolto ti porta ad agire. Questo è il fuoco che esisteva già nel pensiero di Eraclito, il grande filosofo di Efeso, del Sesto Secolo avanti Cristo». Ribatte Angelo, «Federico dice che si deve creare un rapporto di empatia tra docente e discente, e il discepolo impara solamente dal maestro che ama. L’apprendimento si realizza, soprattutto, sull’asse dell’affettività. Oltre che del rispetto reciproco. Insegnare è incidere… in profondità, con lo scalpello dell’amore!». «Non potrebbe essere altrimenti, – ribadisce Federico – l’educazione è strettamente legata all’affettività: un amore profondo per la professione (educere), per la cultura (non si può insegnare qualcosa se non la si ama), un amore che diventa curiosità continua, vivace, appassionata... un amore per l’altro, da me, che diventa risorsa, nutrimento, per la mia curiosità ma allo stesso tempo può, e deve diventare, qualcuno a cui donare in modo sincero la propria esperienza. Educare è amare, una sfida continua in grado di trovare quella leva per sollevare il mondo! Educare è amare e accettare la responsabilità di essere parte attiva nel processo di crescita dei nostri ragazzi. Educare è una missione e come tale va vissuta! Solo allora sarai degno di profondo rispetto…». «E’ vero… sull’affettività e sul rispetto reciproco! – ricorda Anna Lisa – Io avevo un insegnante che non amavo proprio, anzi,… ma che rispettavo moltissimo, proprio per la sua serietà e la sua intelligenza. Pensate che ho studiato la sua materia, “Tecnica Bancaria”, in un modo così… approfondito, che all’indomani dell’esame di Stato avrei potuto aprire una banca, senza alcun problema!!!». Il “buon” Telemaco, sentenzia: «“Educare è consorziare l’anima!”». «Si, come noi, che ci siamo “consorziati”, – ripete Giuseppe – e stiamo facendo proprio un bel… “cenacolo” di pensieri e di parole…». Infine, prende la parola il profe: «“Il discepolo impara solamente dal maestro che ama”. Una bella e profonda verità che risale sin dai tempi antichi: da Socrate a Cristo, l’amore è il fondamento, il primo strumento dell’insegnare e dell’apprendere. Dalla greca “paideia”, alla pedagogia agostiniana e poi oltre v’è la certezza che dall’educazione dipenda una parte significativa del destino di ogni individuo. E quale miglior dono possiamo fare alla cosa pubblica che insegnare ed educare la gioventù? Educare deriva da ex ducere: tirar fuori, allevare... e chi alleva non può non donare amore! È la formazione integrale dell’uomo, il compito assegnato al pedagogo. Compito assai arduo – specie oggi – l’impegno di educare: agire con forza, ma con modi soavi... “fortiter in re, suaviter in modo”. Bisogna, però, che al proporre il “modello ideale”, segua sempre l’esempio personale, la testimonianza diretta, che siano credenti, laici o agnostici. E quale migliore antidoto contro i falsi miti d’oggi che rendere sensibili i propri figli di fronte al dolore di chi soffre? Per far crescere positivamente l’animo e il cuore! Aggiungo solo che durante i miei lunghi anni d’insegnamento, vissuti con grande dedizione, ho adottato un criterio didattico-educativo che potrei ben definire “pedagogia della meraviglia”, un metodo d’ispirazione squisitamente evangelico, cristiano. Ecco, suscitare un amoroso “stupore”, quasi ludico strumento per meglio veicolare e trasmettere il sapere, per trarre fuori le giovani esistenze da forme di mortificazione espressiva, o magari da un limbo spirituale e affettivo... E son ben lieto e orgoglioso di aver sempre insegnato ai miei alunni non per la scuola… ma per la vita!». «Grazie del tuo meraviglioso intervento nel cenacolo, – sottolinea Giuseppe – mi è molto piaciuto il tuo modo di insegnare “la pedagogia della meraviglia”. Profe, sono veramente commosso e stimolato dal tuo intervento che non fa altro che alimentare il fuoco del nostro cenacolo». «Ti ringrazio, caro Giuseppe, – conclude il profe – delle lusinghiere e sincere parole, se non fosse che se pur meritate da un canto, non lo sono dall’altro per via di un certo mio modo di “indugiare” sui pensieri… che rischia, forse, di tediare il lettore che al social network chiede estrema stringatezza e facilità d’interpretazione. Io non so far diversamente. Ma forse è vero che a volte i nostri “limiti” sono le nostre prime virtù…». Alla prossima riunione, cari lettori,… e si accettano interventi,… su facebook!

Angelo Battiato (inviato speciale a Brescia)
angelo.battiato@istruzione.it





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