Le radici della speranza
Data: Domenica, 23 settembre 2012 ore 23:53:58 CEST Argomento: Redazione
Nel
libro di Giobbe, al Capitolo 14, viene descritto lo “sbalzo d’umore” di
questo Patriarca, vissuto, presumibilmente, tra il 2100 ed il 1900 a.C.
Egli, dalla certezza che avrebbe vinto la sua causa contro Dio, passò
ad un “lamento malinconico” intorno all’inutilità della vita ed alla
consapevolezza della morte.
In questo suo “lamento”, egli analizzò la breve vita dell’uomo sulla
terra, la confrontò con il creato che lo circondava, “con i fiori, gli
alberi, la natura…”.
Giobbe constatò che la vita dell’uomo appassisce, inesorabilmente, come
un fiore. Non solo osservò che è troppo breve, ma arrivò a dichiarare
l’inutilità della vita stessa, in quanto destinata a finire senza
lasciare traccia, “l’uomo giace e non risorge più, egli non si
risveglierà né sarà più destato dal suo sonno” (vers. 12).
Giobbe dichiarò che almeno per l’albero c’è speranza, se viene
tagliato, rinasce e continua a mettere germogli, “a sentir l’acqua
rinverdisce e mette rami come una giovane pianta” (vers. 7).
Questa è la mia analisi del “lamento di Giobbe”, Dio ha creato l’uomo
per poi farlo morire e sparire, ma non è così per l’albero.
Almeno… per l’albero c’è speranza, ma per l’uomo!
Ma, alla fine, Giobbe, si sottomise a Dio, dichiarando: “Io so che il
mio “Vindice” vive” (vers. 25). (Vindice, cioè vendicatore, che
vendica, castigatore, redentore).
Ma, in questa mia breve riflessione, non voglio parlare solamente di
Giobbe e del suo percorso, desidero porre l’attenzione sulle parole del
suo “lamento”, e, facendo una similitudine, parlare delle “radici della
speranza” che l’uomo deve possedere nel suo cammino in “questa
valle”, per poter diventare positivo, come lo diventò Giobbe.
Il Patriarca, nel Capitolo 14, evidenzia tutta la sua negatività e se
la prende con tutti, con la natura, con Dio, egli si fa “inutile” ed
apprezza l’albero che sembra che muore, ma se viene coltivato,
rifiorisce più di prima, i suoi rami vengono recisi ma altri, più
verdi, ne spuntano, e le sue radici si nutrono…
La natura è una “maestra” costante per noi, da essa possiamo imparare
molte cose. Che cos’è un albero? Di esso viene piantato il seme che
porta frutti rigogliosi. A volte succede che bisogna tagliare alcune
parti dell’albero, affinché possa rigenerarsi e ridiventare rigoglioso,
riportando altro frutto.
Anche nella vita di una persona, a volte, si passa per “un processo di
potatura”, ci sono parti del nostro “percorso” che bisogna tagliare, vi
sono ferite prodotte dalle nostre esperienze passate che avvolgono la
persona e non la fanno “fiorire”, se questi “rami” secche non vengono
recise, c’è il pericolo che tutto il nostro essere venga avviluppato
dalla negatività che c’è in noi…
E i nostri “rami secchi” sono l’alcol, droghe, ansietà, lamenti,
malinconie, condizioni di instabilità, disagio esistenziale; questi
“rami secchi” se non vengono recisi, portano la persona all’oblio più
assoluto, alla negatività più profonda, all’aridità totale.
Ma come per l’albero che, se viene potato, c’è speranza, così è per il
cammino dell’uomo; anche per lui c’è speranza, se taglia i “rami”
inutili.
Certo, questo tipo di “potatura” avrà, sicuramente, un processo lungo e
doloroso, ma poi, alla fine, porterà frutti gustosi e copiosi. Come per
l’albero, anche per l’uomo vi è speranza per il suo avvenire. Ma per
fare tutto ciò bisogna possedere e alimentare delle buone radici.
Se la speranza è l’attesa, viva e fiduciosa, di un bene futuro, questa
attesa deve avere le sue radici molto profonde. E come l’albero che
mette le radici in profondità, così è per il cammino dell’uomo, bisogna
che le “sue radici” siano molto profonde per poter avere un futuro
senza tentennamenti e senza indugi.
Le radici di una persona, come quelle degli alberi che hanno bisogno di
nutrimento, debbono alimentarsi di positività e di principi profondi
affinché si possa affrontare il lungo cammino della vita con fermezza,
costanza, risolutezza, determinatezza e spirito combattivo e,
soprattutto, per poter avanzare “a testa alta” e proclamare che c’è
speranza per il futuro.
Solo se il nostro “radicamento” è solido possiamo affrontare le tante
situazioni difficili che accompagnano la nostra esistenza, e sperare di
ricominciare, di progettare… di vincere!
Da credente, dico, con fede e convinzione, “Anima mia, riposati solo in
Dio, perché la mia speranza viene da Lui” (Salmo, 62: 5). Credo che
veramente bisogna porre fiducia e speranza solamente in Gesù Cristo,
“Lui solo ha parole di vita! Si, parole di vita eterna!”.
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it
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