Nuovi concorsi: un’opportunità? no, missione impossibile!
Data: Martedì, 11 settembre 2012 ore 05:00:00 CEST Argomento: Opinioni
"Mai più graduatorie. Da adesso in avanti avremo un
numero di vincitori pari ai posti disponibili. Chi non riuscirà a
passare, ci riproverà in primavera e poi ogni due anni avrà
un'occasione. Non formeremo più nuove graduatorie, cercheremo solo di
svuotare quella esistente, che tante frustrazioni ha creato". Queste
sono le parole che ha usato lo stesso Ministro Profumo in un’intervista
pubblicata dal quotidiano “La Repubblica” lo scorso 1° settembre. Siamo
però davvero sicuri che le graduatorie siano la vera causa del
precariato? Noi siamo di tutt’altro parere. Un lavoratore è precario
quando è costretto a lavorare per anni a tempo determinato (sempre se
riesce a lavorare), senza venire mai stabilizzato. Questo avviene nella
scuola per due motivi:
1) La mancanza di posti disponibili per le assunzioni
2) La presenza di un numero di candidati sproporzionato rispetto al
numero dei posti disponibili
Andiamo a dimostrare (leggi alla mano) come la responsabilità di questa
situazione paradossale sia esclusivamente dello Stato (perché le leggi
le fa lo Stato, non certo noi) e come l’attuale Ministero, invece di
impegnarsi a rimuovere gli ostacoli sopra elencati, preferisca “buttare
fumo negli occhi” e screditare ingiustamente il canale di reclutamento
(le graduatorie, che invece rispecchiano in modo trasparente
l’esperienza e la carriera di noi docenti). Per come la vediamo noi, è
un po’ come dare la caccia alla “mosca” quando davanti si ha un
“elefante”: è inutile stigmatizzare e demonizzare il canale di
reclutamento quando non si provvede ad eliminare a monte i fattori
precarizzanti! Col concorso “qualcosa” cambierà, certo, ma in peggio,
mentre il precariato resterà una piaga.
1) Perché i posti disponibili per le assunzioni sono pochi?
Art. 64 Legge 133/2008; Art. 4 Legge 169/2008; DPR 81/2009
Vengono rivisti i curricoli e ridotti per legge i quadri orari; viene
istituito il “maestro unico” alla primaria; si creano le tristemente
note “classi pollaio” (con buona pace della didattica individualizzata:
ci provassero i
ministri ad “individualizzare” gli interventi con classi da 30-34
alunni!). Il numero delle cattedre si riduce drammaticamente (100.000
circa).
Art. 19, comma 7 Legge 111/2011
A partire dall’a.s. 2012/13, l’organico di diritto del personale
docente e ATA non può superare quello previsto per l’a.s. 2011/12,
anche in presenza di un aumento della popolazione scolastica.
L’organico di diritto (ovvero le cattedre al 31 agosto, le uniche
utilizzabili per le assunzioni) è “blindato”, mentre si allarga “a
macchia d’olio” l’organico di fatto (ovvero le cattedre al 30 giugno,
fino al termine delle attività didattiche, quelle su cui per anni
lavorano i docenti precari senza essere stabilizzati, una situazione
che permarrà anche dopo il concorso).
Legge 449/1997
Il contingente annuale delle immissioni in ruolo (già calcolato in
percentuale su un numero molto inferiore rispetto ai posti
effettivamente disponibili, visto che si parla solamente di organico di
diritto) è vincolato
al parere favorevole del Ministero dell’Economia, che può decidere di
approvare le assunzioni annuali, ma anche di ridurne il numero o di
negare l’assenso alle immissioni, come quasi sempre è accaduto dal ’97
ad oggi.
2) Perché i candidati sono in numero manifestamente sproporzionato
rispetto ai posti disponibili?
La risposta è semplice: perché lo Stato continua da ormai 13 anni ad
abilitare indiscriminatamente nuovi potenziali docenti (che,
ricordiamo, dal 1999 pagano alle università italiane somme che non
definiremmo irrisorie per seguire i corsi abilitanti, le vecchie SSIS e
ora i TFA), anche per insegnamenti già saturi. Questo, nonostante i
recenti decreti di attivazione dei TFA contengano precise istruzioni
(non casualmente) relativamente alla necessità di programmare il numero
di posti da mettere a bando sulla base dell’effettivo fabbisogno di
personale, lasciando intravedere una consapevolezza ormai acquisita e
maturata circa il pericolo costituito dalle abilitazioni “selvagge”
cui, però, non corrisponde un conforme atteggiamento istituzionale (i
numeri a dir poco “assurdi” dei posti messi a bando per i TFA ne sono
la prova tangibile).
L’art. 5, comma 2 del DM 249/2010 (decreto attivazione TFA), infatti,
recita testualmente:
“Il numero complessivo dei posti annualmente disponibili per l’accesso
ai percorsi è determinato sulla base della programmazione regionale
degli organici e del conseguente fabbisogno di personale docente nelle
scuole statali deliberato ai sensi dell’articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449 […] maggiorato nel limite del 30% in relazione al
fabbisogno dell’intero sistema nazionale di istruzione, e tenendo conto
dell’offerta formativa degli atenei e degli istituti di alta formazione
artistica, musicale e coreutica.”
Rinnoviamo, al termine di questa ricognizione storica dei provvedimenti
che hanno determinato e acuito il dramma del precariato, la seguente
domanda al Ministro: è davvero colpa delle graduatorie se esiste il
precariato? E ne poniamo anche un’altra: quali iniziative concrete sta
valutando di attuare, il Miur, per rimuovere i sopracitati ostacoli, in
modo da incrementare i posti disponibili, ridurre il precariato,
elevare la qualità dell’offerta formativa e rendere davvero accessibile
il mondo dell’insegnamento? Lo chiediamo perché a noi non sembra che
bandire concorsi per 10000 posti con 500000 candidati sia una soluzione
più auspicabile e meno “frustrante” (usando una parola del Ministro
stesso) della permanenza dei docenti plurititolati nelle graduatorie a
esaurimento. E aggiungiamo: con le graduatorie si può almeno essere
sicuri che i posti vengano assegnati a personale qualificato e con anni
di esperienza sul campo. Col “modernissimo” concorso “tuttologico” a
quiz del Ministro, invece, si rischia ora di far salire in cattedra
persone che non hanno nemmeno una parvenza di formazione alle spalle,
perché addirittura potranno partecipare anche candidati senza
abilitazione (invece di progredire, dunque, regrediamo, in barba alla
qualità del sistema scolastico e al fin troppo sbandierato “merito”).
Se parliamo di qualità, suggeriremmo di programmare da ora in poi con
un certo rigore il numero degli abilitati e di fare in modo che solo
queste persone altamente qualificate possano accedere gradualmente ad
una cattedra stabile; se si rimuovessero i reali fattori precarizzanti
illustrati ai punti 1 e 2, ci sarebbero molti posti disponibili in più
per le assunzioni e la scuola avrebbe solamente insegnanti qualificati;
inoltre, si eviterebbe di costringere questo personale selezionato e
competente a sottoporsi di continuo a concorsi con un numero ridicolo
di posti messi a bando, concorsi che, lungi dal configurarsi come
“opportunità”, sembrano piuttosto una sorta di “missione
impossibile”.
E’ giusto e doveroso – concludiamo – che l’opinione pubblica, fuorviata
dai proclami sensazionalistici del ministero, sappia come stanno
davvero le cose, anche a salvaguardia della dignità e professionalità
dei docenti; gli stessi a cui viene imposta ormai da anni (in perfetto
stile dittatoriale) una riforma dietro l’altra, utili a tutto fuorché a
potenziare la qualità dell’istruzione pubblica.
Gruppo Facebook Difendiamo il piano triennale di immissioni
in ruolo
http://www.facebook.com/groups/367366913318615/
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