La vecchietta, dove la metto?
Data: Venerdì, 07 settembre 2012 ore 09:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Inizia il nuovo anno scolastico e si ripresentano tutti i problemi di ogni anno.
La formazione delle classi, secondo i criteri deliberati dal Collegio, la tanto proclamata equi eterogeneità, difficile da conseguire, le fasce di livello, i gruppi di provenienza, è una punti caldi di questi giorni, anche ascoltando le tante richieste dei genitori che desiderano per i figli la classe migliore, i docenti migliori e tutto al top dell’efficienza, persino l’aula con il climatizzatore, i banchi nuovi  e le tendine. Il compito dell’assegnazione dei docenti alle classi è affidato al dirigente, che si trova spesso nell’imbarazzo di voler seguire dei criteri comuni e dovrà ricorrere ad alcuni  necessari adattamenti.
Il principio della continuità didattica spesso viene infranto dai facili trasferimenti dei docenti che nell’esercizio della libertà di scelta  provocano involontariamente disagi organizzativi ed in alcuni casi non se ne tiene conto per specifiche motivazioni di opportunità e di efficienza didattica.
Grave risulta la perplessità  operativa, quando si deve assegnare  la classe  ad una docente anziana, specie  nella scuola dell’infanzia, costretta a restare in servizio per mancanza di anzianità lavorativa  anche  se ha raggiunto  65 anni di età   e quindi è mantenuta in servizio in classe con i bambini di  tre o quattro anni.
In questi casi la maestra non è come la “mamma”, figura adulta di riferimento ideale e  modello di apprendimento da imitare, bensì  assume l’immagine della  “nonna”  stanca e lenta.  Per gli acciacchi di salute ed i  dolori reumatici fa fatica ad abbassarsi, non potrà fare attività motoria con i bambini che corrono e scappano, non riesce a controllare la classe, eppure….. deve restare in servizio.
Sarà anche brava ad insegnare a leggere e scrivere, ma a scuola ci vuole  anche dinamismo, operatività, creatività, che purtroppo col tempo diminuisce.
I genitori si lamentano e chiedono di cambiare i bambini dalla classe o addirittura chiedono il nulla osta per trasferirsi in altra scuola.
E’ questa la qualità della scuola che cresce? E’ segno di qualità  mantenere in servizio docenti stanchi, demotivati, che fanno le cose per forza e per abitudine?
Non parliamo poi delle innovazioni tecnologiche che si vorrebbero attivare in tutte le scuole e manca la preparazione di base nel corpo docente.
Per fortuna non tutti i casi sono così problematici. Ci sono delle ”arzille vecchiette” che usano il computer, sono creative e originali, fanno meglio e di più  delle giovani insegnanti, che sono già stanche sin dai primi giorni di settembre.
Il panorama scolastico è molto variegato e si auspica che la visione d’insieme non appaia così disastrosa.
La funzione docente, che fa parte delle  professioni statali  ha una particolare connotazione e tipologia e non potrà essere incasellata negli schemi rigidi della “funzione pubblica”. Occorrono, quindi, delle leggi speciali e adatte che favoriscano un corretto esercizio di libera scelta e di condivisione, del progetto scuola,  favorendo il mantenimento in servizio  per  “scelta volontaria” e non per costrizione e obbligatorietà. Agevolando coloro che non sono disponibili a tale lavoro “usurante” e quindi accelerando i tempi di pensionamento.
Il ricambio generazionale che il Ministro Profumo intende promuover con il concorso ha necessità di spazi e di disponibilità di posti. Che lo comprendano i legislatori del lavoro e siano attenti alle conseguenze che tutto ciò può provocare.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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