L'umiltà
Data: Domenica, 26 agosto 2012 ore 17:30:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Nel
libro della Genesi, al Capitolo 39, è descritta la storia di Giuseppe,
figlio di Giacobbe, venduto come schiavo, in Egitto, dai suoi fratelli
ad una carovana di mercanti e comprato per servire nella casa di un
ufficiale delle guardie del Faraone. In questa casa, egli si era
guadagnata la fiducia e la stima del suo padrone Potifar e di tutti gli
altri, tanto che aveva ricevuto l’incarico di amministratore. La
padrona di casa, la moglie dell’ufficiale, donna intraprendente e senza
scrupoli, lo circondava di attenzioni e di inviti fino a proporgli di
“unirsi a lei”. Ma Giuseppe, riconoscente verso il suo padrone e non
volendogli fare torto, e non volendo trasgredire il comandamento di
Dio, rifiutò le profferte amorose della moglie di Potifar ed le sue
continue insistenze, e fuggì via ma si attirò le ire e le calunnie di
questa donna che lo accusò, davanti al marito, e finì nelle prigioni
accollandosi in silenzio colpe che non aveva commesso.
Ho voluto accennare a questo episodio biblico, per parlare di cosa sia
l’umiltà.
Giuseppe volle essere fedele al suo padrone e non volle trasgredire i
comandamenti di Dio e con tanta umiltà si sottomise alle “avversità”
scatenategli contro dalla moglie di Potifar, egli, quindi, preferì
subire in silenzio. Un esempio di fedeltà verso chi ha posto la stima e
la fiducia in noi, ed anche un esempio di umiltà in quanto egli non si
inorgoglì davanti alle profferte amorose della intraprendente e
vogliosa moglie dell’ufficiale, ma valutò la sua situazione e non
travalicò i suoi comportamenti per rimanere onesto e fedele sia nei
confronti del suo padrone, ma soprattutto nei confronti della sua
persona e della sua dignità, cioè fedele alla sua testimonianza verso
Dio e la Sua volontà.
Un esempio di umiltà che dovremmo fare nostro anche a costo di andare
“controvento” e subirne, se necessario, le conseguenze di “questo
andare contro”.
L’umiltà è una virtù per la quale l’uomo riconosce i propri limiti,
disdegnando ogni forma di orgoglio, di superbia, di supremazia sugli
altri. Umile, dal latino “humilis”, cioè poco elevato da terra.
Ma, per avere questa virtù, l’uomo “deve spogliarsi” del suo essere
pieno di orgoglio, di superbia, di vanagloria, l’uomo umile deve
sapersi controllare affinché il “suo IO” non prenda il sopravvento e si
innalzi.
Purtroppo, in ognuno di noi, per la nostra “natura malvagia” e
opportunista, c’è poca umiltà, e prevale di più “il nostro IO”.
L’umiltà è una virtù speciale, umili non ci si nasce, ci si diventa, e
bisogna “acquistarla” per essere in grado di “abbassare” il nostro “IO”.
A mio avviso, il concetto di umiltà ha questo significato: “Virtù
morale che porta l’uomo a giudicarsi senza esaltazione per una attività
che torna a gloria di Dio e per amore verso il prossimo”.
Virtù morale, cioè una capacità eccezionale dell’individuo ad avere una
disposizione di animo volta al bene, al di fuori di ogni considerazione
di un eventuale premio o castigo, e senza esaltazione, cioè, senza
vanagloria che, molto spesso, prende il sopravvento. Infine, chi vuole
diventare veramente umile, bisogna che agisca non per propri calcoli,
che servono per un tempo, ma dare gloria a Dio.
Ecco che bisogna che ogni persona “ubbidisca” ad un preciso codice
etico: non ambire ai primi posti; considerarci quel che siamo senza
innalzarci; avere di noi stessi un concetto sobrio e reale,
rivestiamoci di umiltà gli uni verso gli altri.
Credo, però, che l’unico esempio di vera umiltà l’abbiamo solo in
Cristo Gesù. Egli umiliò e annichilì se stesso per amore. Solo per
amore…
Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it
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