Presentato il libro, 'Il sogno di Eliàde', di Giuseppe Conte
Data: Mercoledì, 22 agosto 2012 ore 11:32:56 CEST
Argomento: Redazione


L’altra sera, accolto da sorrisi amici e dal caldo vento dell’estate, ho partecipato, a Motta Sant’Anastasia (CT), alla presentazione dell’interessante libro di poesie, “Il sogno di Eliàde”, di Giuseppe Conte.
La manifestazione, organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune etneo e dal periodico “l’Alba”, per la rassegna letteraria “In cerca d’autore”, si è svolta nel suggestivo cortile della Biblioteca civica “Angelo Emanuele”. Il libro è stato presentato e discusso con l’autore dal professore Pino Pesce, direttore de “l’Alba”, e dalla professoressa Margherita Platania, docente di Materie Letterarie.
Dopo i saluti istituzionali dell’assessore Salvo Drago, gli attori, Pasquale Platania e Noemi Finocchiaro, hanno aperto la serata culturale con la lettura di alcune poesie di Conte, riassuntive della poetica dell’autore, che hanno suscitato grande afflato partecipativo ed interesse nel folto e attento pubblico presente.
«È con immenso piacere – ha esordito il prof. Pino Pesce – che per la seconda volta presento un libro del prof. Giuseppe Conte, “genius loci” di Motta, come già lo ebbi a definire quando presentai l’altro suo libro, “La Melagrana”. Il prof. Conte, sia a Motta che a Milano o a Legnano, (lo dice lui stesso) è conosciuto come il “professore”, per aver svolto una lunga carriera di docente, sempre con l’obiettivo di far sentire la letteratura, materia viva e pulsante, maestra di vita, laboratorio per stimolare riflessioni e suscitare emozioni».
Il prof. Pesce, poi, ha fatto un’analisi rigorosa ed equilibrata, quasi, una ricostruzione storica e analitica di alcune delle poesie di Conte. «Ma se l’uomo imperfetto – dice Pesce – sa che nulla può contro l’ineluttabilità del destino, perché osa sfidare, oltre che gli uomini, il misterioso arcano e gli stessi dei?». E così gli fa eco il poeta mottese: «Nel profondo di ogni uomo c’è sempre e comunque un anelito al divino, al sacro, che rende meno tragica e dolorosa la vita. Ci conforta e apre prospettive nuove e diverse». Particolarmente interessante anche il secondo intervento del direttore de l’Alba su materialismo e teismo che lo hanno portato ad indagare, attraverso la poetica filosofica di Conte, che risente delle suggestioni illuministiche del Foscolo, sulla religiosità o meno dell’autore di Eliàde che sembrerebbe, per Pesce, immanentista. E Conte, che trova un po’ insidiosa la domanda del prof. Pesce, risponde affermando che tutto nell’universo, per l’intelligenza meccanica che lo governa, sembra rispondere ad una matrice divina che non possiamo definire.
Chiarificatrice del testo è stata la relazione introduttiva della prof.ssa Margherita Platania, che ha scandagliato i versi e i “sospiri” del poeta e del suo libro: «Il testo di Conte, si divide in tre sezioni, ora lirici, ora, invece, presentano caratteristiche del testo narrativo. La prima sezione, “Finché ci siamo”, è la storia di uomini, la storia dell’autore: i primi innamoramenti, l’amore, la passione, ma anche il dolore, la sofferenza, i sogni, le speranze, gli interrogativi. La seconda sezione, “Oltranza”, racconta l’uomo costretto a confrontarsi con scelte, sfide, dolori, con tutto ciò che la vita presenta a ciascuno. La terza sezione, “Ultimo atto”, canta la solitudine che si supera nella relazione autentica o nell’affidare alla memoria ciò che veramente si è stati». Continua Margherita Platania: «C’è una forte compenetrazione di realtà e sogno, di materialità e sospensione, di travagli e resurrezioni, di morte e rinascita. Tutto ciò può succedere perché il poeta, in prima persona, come i protagonisti delle poesie, è trama e tessuto di una vita intensamente e fino in fondo vissuta. E non si può sognare se non si ama la vita, e non si ama la vita se non c’è una prospettiva che va verso la memoria, il ricordo, la perpetuità, o se nel fondo del proprio essere non riscopriamo quell’anelito al divino o a Dio. “Muto colloquiare di quelle ossa chiuse nell’urna”. Realizzare un sogno di perpetuità insito in ogni uomo in vita e oltre la vita. Non c’è vita senza sogno, ma il sogno ha profonde radici nella vita. In un certo senso, allevia le sofferenze della vita, riempie la solitudine.
Ma la solitudine si supera anche nella relazione autentica con chi ci sta accanto (amico, amante), anche in una prospettiva che va oltre, che ci vede diversi, trasformati». E conclude Platania: «Ancora una volta, morte e vita, ciò che siamo stati e ciò che saremo s’incontreranno in un unico autentico abbraccio. E ancora ci saremo».
E risponde, ancora, Giuseppe Conte: «Il sogno è desiderio nel suo significato più profondo; è ciò che viene dall’alto; è voler essere ciò che il destino ha voluto che tu fossi, ma che non sempre è possibile realizzare». Infine, come a voler salutare il suo lavoro, conclude Conte: «Nel momento in cui un libro viene pubblicato, in certo senso non appartiene più all’autore. È ormai nelle mani del lettore che interpreta i testi affidandoli al suo cuore, alla sua intelligenza, alla sua sensibilità, e caricandoli di significati che magari l’autore non aveva pensato».
Ammalianti, infine, sono state le note musicali di Federico Pedicona, violinista, Armando Percolla, chitarrista classico, Pino Schillagi, chitarrista, Saro Valenti, mandolinista. Proprio una bella serata estiva di poesia, di sogni e di visioni.

Angelo Battiato
angelo.battiato@istruzione.it





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