Un miliardo in fuga con i cervelli
Data: Martedì, 21 agosto 2012 ore 15:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Ecco il capitale
generato dai 243 brevetti dei nostri migliori scienziati all’estero.
Tra vent’anni potremmo arrivare a dissipare tre miliardi. Negli ultimi
otto anni gli iscritti all’università giù del 15%. Quanto ci costa
questo spreco? - ROMA - Al di là delle questioni di orgoglio nazionale
e anche di un certo romanticismo, la fuga dei cervelli è un costo.
Anzi, di più: una perdita netta ogni anno di più di un miliardo di
euro, vale a dire il capitale generato dai 243 brevetti che i nostri
migliori 50 cervelli depositano all’estero. Un valore che, considerato
nei prossimi venti anni, potrebbe arrivare anche a quota tre miliardi,
come risulta da uno studio dell’Istituto per la Competitività (I-Com)
presentato alla fine dello scorso anno dalla fondazione Lilly. I
giovani ricercatori che l’Italia sembra trattare in modo a volte un po’
sdegnoso possono avere una produttività media di ventuno brevetti, che
equivalgono a 63 milioni di euro e ben 148 milioni in una proiezione
ventennale. Solo nell’ultimo anno, i migliori venti ricercatori
italiani hanno depositato all’estero otto scoperte come autori
principali. Si tratta, in termini di ricavo, di 49 milioni di euro che
tra venti anni diventeranno 115. Se si considera, invece, la totalità
dei brevetti, sono 66 quelli a cui hanno contribuito i primi venti tra
i cervelli fuggiti dall’Italia come membri del team di lavoro. Tradotto
in euro, si tratta di 334 milioni, che in una previsione ventennale
diventeranno 782 milioni. E fossero solo i cervelli a fuggire. Anche
gli studenti italiani sembrano sempre meno interessati a studiare. Le
matricole sono in forte calo, diminuite del 15% negli ultimi otto anni,
secondo Almalaurea, con tassi di abbandono, nel primo anno di
università, del 23% e del 30%, considerando anche il secondo anno. Di
fronte a queste cifre, il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo
sta agendo su diversi fronti. Per la prima volta da quest’anno i bandi
di concorso sono più chiari e semplici, in italiano e in inglese, con
maggiore apertura, in modo che possano partecipare anche persone che
non appartengono al solito circuito universitario un po’
autoreferenziale fatto di assistenti dei prof ordinari. Il calendario
dei bandi sarà programmato come accade all’estero in modo da dare la
possibilità a chi vuole partecipare di avere tempi certi su cui basare
le proprie scelte. Nelle università si insegnerà sempre di più in
inglese. Dal 2014 al Politecnico di Milano l’inglese sarà addirittura
l’unica lingua, ma nel frattempo sono già 103 i corsi in tutt’Italia
tenuti in lingua e non in italiano. Per semplificare ancora di più le
procedure, è stato da poco inaugurato un portale, Universitaly, in
collaborazione con Crui, Cineca e tutti gli atenei italiani, per
fornire informazioni sui corsi universitari, accademie, conservatori e
istruzione tecnica superiore. E’ disponibile anche in inglese per
attirare studenti stranieri e consultabile anche attraverso i social
network. Ma l’agenda del governo Monti in materia di formazione prevede
anche alcuni obiettivi importanti nelle scuole. Per combattere
l’abbandono scolastico, il Miur ha individuato cento micro-aree in cui
ci sono azioni speciali per tale obiettivo. Sono stati investiti oltre
100 milioni di euro. Sarà potenziata l’istruzione tecnico-professionale
attraverso una revisione degli Its, i 59 Istituti tecnici superiori
voluti dall’ex ministro Mariastella Gelmini. Il Miur ha individuato 16
settori che diventeranno il nucleo dei futuri Its: dall’agribusiness
alle costruzioni, alla meccanica strumentale, la sanità, la casa, la
moda e così via. A differenza del passato ci sarà il coinvolgimento di
Regioni e del ministero per lo Sviluppo Economico. Prof, scuole e
presidi verranno valutati sulla base di pagelle, come risulta dallo
schema presentato in consiglio dei ministri prima di Ferragosto.
Nascerà il Sistema nazionale di valutazione formato dall’Invalsi,
dall’Indire e da un nucleo di ispettori interni al Miur ma anche
esterni. Per la prima volta si analizzerà il valore aggiunto degli
istituti, ovvero il miglioramento degli studenti fra l’ingresso e
l’uscita da una data scuola. Premi? Nessuno. Non ci sono soldi.
Flavia Amabile
www3.lastampa.it
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