E' il low cost che fa volare i libri
Data: Mercoledì, 15 agosto 2012 ore 06:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
Raffaello
Avanzini, alla guida della Newton Compton: “Nonostante la crisi grazie
ai volumi a 9,90 euro nel 2012 vendiamo il 40 per cento in più
dell’anno scorso” - MILANO Domani, forse, molti nostri libri saranno
tutti elettronici e, come si dice in questi casi, niente sarà più come
prima. Oggi però siamo sommersi da una montagna di carta, almeno in
Italia. Carta, cartoncino, colla, persino dorsi di tela. Il vero boom
dal 2011 sono stati infatti i libri cosiddetti low-cost, rilegati e
sovracopertinati al prezzo di 9,90 euro. E Newton Compton, che li ha
lanciati e ne è protagonista assoluta, festeggia successi anche in un
anno nero come il 2012. «Siamo a 40 per cento in più di sell out - e
cioè di venduto reale - nei primi sei mesi, da gennaio a giugno»
annuncia con notevole soddisfazione Raffaello Avanzini, amministratore
della casa editrice romana, fondata nel 1969 dal padre. Imputato
alzatevi. Vi accusano di aver terremotato il mondo dei libri, devastato
il mercato, riempito gli autogrill di cose infami da mezz’etto l’una.
«Guardi, i dati Nielsen dicono che il mercato del libro è sotto
dell’otto per cento. L’unico settore che tiene è la narrativa
straniera, più 2 per cento. Se il mercato italiano non avesse avuto la
Newton Compton, che ha nella narrativa straniera la sua forza
preponderante, avrebbe perso molto di più. Il primo ad avere un’idea
viene sempre attaccato, le critiche non mi scandalizzano di certo». Ed
ecco il quadro paradossale: se un libro normale costa quasi il doppio
di un libro low cost, ciò significa che nonostante il calo del mercato
ci sono molti più volumi in giro, considerato oltretutto come la
politica del prezzo basso faccia ormai parte, anche se marginalmente,
dell’offerta di quasi tutti gli editori. Più volumi, più magazzini, più
Tir che sferragliano, più maceri; ma anche librerie in crisi e editori
che tagliano i bilanci. Ne vale la pena? Raffaello Avanzini, 41 anni,
da una decina al vertice della casa editrice dove però ha cominciato
ventenne come magazziniere - e intanto si laureava in economia e
commercio - non ha ovviamente dubbi. «Abbiamo sempre praticato prezzi
bassi, fin dall’inizio». Gli inizi sono però un’altra cosa. Per lungo
tempo la Newton pubblicava preferibilmente opere fuori diritti. Anzi,
eravate guardati con un certo sospetto: un po’ disinvolti, un po’
«pirati», se permette. Avanzini permette. «Gli addetti ai lavori ci
hanno considerati a quel modo, almeno per qualche tempo. Ma non il
pubblico. Già nel ‘92 facevamo i tascabili a mille lire. L’idea del low
cost è nel Dna dell’azienda. Dieci anni fa ci siamo allargati alla
narrativa contemporanea, e oggi non è solo questione di prezzo: abbiamo
appena vinto il Bancarella, che è un premio di lettori e di librai, e
quindi per me importantissimo, con Il mercante dei libri maledetti di
Marcello Simoni, un titolo da trecentomila copie. E allo Strega di
quest’anno è arrivata in cinquina Lorenza Ghinelli al suo secondo
romanzo». Vero. La Ghinelli poi viene dalla Scuola Holden, e non dalla
Tortuga. «Vede?». Vedo. Però non è finita qui, e Avanzini lo sa bene.
La lista delle critiche, sussurrate per iscritto e gridate in privato,
è ancora lunga: fate per lo più narrativa dozzinale, tirata via con
titoli civetta come Un regalo da Tiffany presto seguito da Un diamante
da Tiffany, di altra autrice e senza nessun rapporto col primo. Oppure
Colazione da Darcy (di Ali McNamara, titolo originale Da Notting Hill
con amore) che mette insieme del tutto abusivamente un’allusione a Jane
Austin e un’altra a Colazione da Tiffany, l’indimenticabile film con
Audrey Hepburn dal romanzo di Truman Capote; titoli insomma che evocano
molto e non c’entrano nulla. A proposito, chi è l’autore? «Io, per la
maggior parte». Marketing surreale? «No, devo riuscire sempre a fare il
miglior titolo che possa attrarre il lettore». Va bene, continuiamo?
«Aspetti. Continuo io. Facciamo anche moltissima pubblicità, iniziative
con i librai, siamo attivissimi sul web. E non è vero che i nostri
romanzi sono di seconda categoria». Dicono i detrattori che li comprate
al’ingrosso. «Guardi che Colazione da Darcy era in classifica in
Inghilterra, quando l’abbiamo preso. Ce l’ha segnalato uno scout, siamo
arrivati prima di altri. E le dirò di più: abbiamo appena perso,
invece, Melissa Hill, quella di Un regalo da Tiffany. Se l’è presa la
Rizzoli, con una cifra blu». Quanto blu? «Se i nostri libri fossero di
serie b la gente non se li comprerebbe. E i concorrenti non ce li
contenderebbero. Non credo che i nostri autori abbiano niente da
invidiare, che so, alla Kinsella. Pubblichiamo romanzi di genere,
abbiamo riscoperto il rosa, andiamo forte con lo storico-esoterico, ma
anche nel genere c’è il libro bello e quello brutto. Dalle critiche ci
si difende lavorando. Il valore del libro non è determinato dal
prezzo». Andiamo avanti. Ci sono librai di tradizione, magari un po’
arcigni, che si dicono orgogliosi di non tenere i vostri libri. «Io
invece sono orgoglioso della nuova traduzione dell’Ulisse di Joyce, una
grande impresa condotta a termine da Enrico Terrinoni e Carlo Bigazzi:
un’impresa molto rischiosa, ammetterà. Ma è stata accolta con molto
favore critico. Detto questo, sto sempre dalla parte dei librai, che
cerco di aiutare in ogni modo, con anteprime, gadget e com’è ovvio la
pubblicità. Il prezzo basso non è un deterrente per le vendite, anzi al
contrario». Significa però margini ridottissimi, e massiccia
occupazione di spazi. Che sono costosi. «Vuol dire anche vendere due
libri invece che uno. E i clienti ritornano più volentieri». Sicuro che
tornino? «La crisi è generalizzata, e gli editori hanno sbagliato a
pensare che il libro ne potesse essere immune. Però ci si può difendere
benissimo, come vede». Sedici dipendenti fissi, cinquanta milioni di
fatturato. Dimensioni paragonabili alla Feltrinelli. Si sente un
outsider? «Nel panorama italiano, sì. Non in quello internazionale. Mi
sento molto più vicino a modelli anglosassoni». Dove il prezzo del
libro è libero. Tanto che viene spontaneo mettere in parallelo la
grande rincorsa della Newton Compton e la nuova legge italiana che
limita gli sconti in libreria. Ora i supersconti li fa direttamente
l’editore. «L’idea dei rilegati a 9,90 euro è scattata nel gennaio del
2011, col primo romanzo della Ghinelli, Il divoratore. E abbiamo fatto
tutto da soli, con le nostre forze. Poi sì, è ovvio: la legge sul libro
ha portato a un calo delle vendite. E il low cost è anche una forma di
sconto. Io non sono Adelphi o Einaudi, né aspiro ad imitarli. Ma sul
mercato si deve essere in tanti, e diversi». Al di là dell’Oceano
l’uomo nero è Amazon. In Italia rischia di essere il 9,90. Qualcuno ci
vedrà un segno di arretratezza. «Amazon è una libreria e fa sconti
folli, in Italia la situazione è diversa. Noi dobbiamo essere alleati
dei librai, non certo in concorrenza con loro». Amazon continua ad
annunciare grandi sorpassi dell’e-book sul cartaceo (all’interno della
sua offerta, ed è ovvio visto che è la più interessata a vendere libri
elettronici). Lei invece abbassa i prezzi e moltiplica la carta, anche
se vende pure in digitale. Durerà? «Non lo so. Noi facciamo i conti con
idee nuove, cerchiamo la massima flessibilità. E ci rivolgiamo
ovviamente a un certo pubblico. L’importante è rinnovarsi: ma prima di
tutto sui contenuti. I libri di genere vanno benissimo, a patto che
siano dei bei libri».
Mario Baudino
www3.lastampa.it
|
|