Dalla concertazione al conflitto: l’autunno caldo del ministro Profumo
Data: Mercoledì, 18 luglio 2012 ore 05:00:00 CEST Argomento: Rassegna stampa
“La manovra del governo
Monti è un insieme di tagli alla spesa sociale, all’istruzione e alla
ricerca pubblica che provocherà la riduzione dei servizi, degli
investimenti, dell’occupazione e dei diritti universali. Alla scuola
vengono sottratti oltre 500 milioni di euro nei prossimi anni dopo i
tagli epocali della Gelmini. Il transito nei profili ATA di circa 3.765
docenti inidonei e l’utilizzo in ambito provinciale dei docenti in
esubero ha conseguenze gravissime perché, oltre a colpire la dignità e
la professionalità di questi lavoratori, si licenziano 15 mila precari
tra docenti ed ATA che hanno alle spalle anche 10 anni di lavoro”.
Saranno perciò “durissime” le iniziative di protesta che il segretario
generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, annuncia in previsione della
riapertura delle scuole. Il giudizio del sindacalista sulla parte della
spending review che riguarda la ricerca e l’università pubblica è
parimenti del tutto negativo per “l’aumento indiscriminato delle tasse
universitarie, il blocco delle assunzioni, la soppressione dell’Inran,
il taglio devastante dei fondi ordinari per la ricerca pubblica”. La
fine conclamata della concertazione, che secondo il premier Monti “ha
generato i mali contro cui noi lottiamo e a causa dei quali i nostri
figli non trovano facilmente lavoro”, vede i sindacati divisi, con la
Cisl e la Uil che ne tentano una difesa di principio e la Cgil che
sembra quasi riscoprire il gusto del conflitto in campo aperto.
All’interno della Cgil il sindacato guidato da Pantaleo sembra
schierarsi sulle posizioni più battagliere e antimontiane, come mostra
la sua esplicita richiesta “che a settembre venga proclamato uno
sciopero generale su una piattaforma rivendicativa alternativa alle
politiche devastanti del governo Monti che fanno aumentare
disoccupazione, precarietà e disperazione sociale”. Tempi duri dunque
anche per il ministro Profumo, cui viene attribuita con crescente
asprezza polemica una linea di sostanziale continuità con le politiche
attuate dal suo predecessore Gelmini. Va detto peraltro che la durezza
del leader della Flc-Cgil si deve in parte anche alla necessità per
questo sindacato di fronteggiare l’attivismo di Cobas, Cub, Anief e
altri movimenti di base e anche all’esigenza di mediare al proprio
interno con le posizioni più intransigenti.
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