Insegnamento della religione docenti specializzati - Accordo Ministero-Cei
Data: Martedì, 03 luglio 2012 ore 05:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Fra pochi anni, per insegnare Religione nelle scuole  elementari occorrerà la laurea. E’ questo in sintesi l’intesa firmata tra il   ministro dell’Istruzione Francesco Profumo e il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco,  modificando il quarto punto dell’accordo tra Stato e Chiesa sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. La novità riguarda i titoli che occorre possedere per questa disciplina. La nuova intesa, ha spiegato Profumo, prevede che per accedere all’insegnamento della religione cattolica in ogni ordine e grado di scuola si debba essere in possesso dei titoli accademici di baccalaureato, licenza o dottorato in teologia o in altre discipline ecclesiastiche oppure che si sia conseguita una laurea magistrale in scienze religiose secondo il nuovo ordinamento.
Una novità che cambia poco o nulla nella scuola media e superiore, dove è già previsto un titolo di livello universitario, ma che nelle scuole dell’infanzia e primarie rischia di estromettere per sempre dall’insegnamento della religione le tante maestre che oltre a questa insegnano anche altre discipline.
Sono 18.915 le maestre che insegnano ai bambini religione, oltre che a leggere, a scrivere e a far di conto in quanto previsto dal precedente Concordato e susseguenti accordi:  «nella scuola materna ed elementare l’insegnamento della religione cattolica può essere impartito dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari superiori l’insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano» . Dal 2017 questo non sarà più possibile e come afferma il Ministro «verrà richiesto il conseguimento di un apposito master universitario di secondo livello in scienze religiose».
L’insegnamento della Religione diventa così disciplina specialistica, affidata a docenti specializzati in “scienze religiose e teologiche” e a seguito di questa nuova Intesa il numero dei docenti di religione dovrebbe anche aumentare .
I nuovi accordi, rispondendo ad una «duplice esigenza», da una parte  tendono a «ridefinire il profilo di qualificazione professionale dei futuri insegnanti di religione» e dall'altra definiscono “ una nuova versione delle indicazioni per l'insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo», elaborati all'interno della riforma dell'intero sistema educativo.
Si consolida  così, ha affermato il Card. Angelo Bagnasco , presidente della CEI «l'armonioso inserimento dell'insegnamento della religione cattolica nei percorsi formativi della scuola italiana».
L'insegnamento della religione cattolica costituisce, infatti, l’ espressione dell'impegno educativo della Chiesa nella scuola  ed i docenti di religione ne sono il tramite per dare completezza alla formazione integrale dello studenti anche attraverso lo sviluppo della dimensione religiosa, insita in ciascuna persona e come tale da  “edùcere” e far crescere attraverso specifiche e conoscenze e competenze.
La dimensione religiosa, afferma Benedetto XVI,  è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita
Le nuove indicazioni  tendono a meglio qualificare  l’insegnamento della religione cattolica nel secondo ciclo, differenziandole, in modo tale da rispecchiare  il carattere e l’impostazione culturale di ciascuna tipologia di scuola e del particolare ordinamento dell’istruzione e formazione professionale.
Con il contributo orario  settimanale e ancor meglio con lo sviluppo di un percorso tematico specifico nel corso dell’anno scolastico, gli studenti potranno “incontrare” tra le diverse discipline scolastiche  anche specifiche tematiche  etico-morale di orientamento culturale e professionale .
La scuola, infatti prepara alla vita e le discipline scolastiche sono un mezzo e non il fine della scuola.
L’impegno professionale degli insegnanti di religione cattolica costituisce un elemento di qualità, quando si vede crescere la comunità educante nella ricerca del miglior bene di tutti gli studenti  e si auspica che la loro presenza a scuola costituisca un segno di distinzione nel modo di concepire la professione docente che è essenzialmente quella di “educatori” e non solo “istruttori” e trasmettitori  di nozioni disciplinari.
La crisi della scuola di oggi scaturisce in gran parte non solo dalla riduzione dei posti di lavoro e dalla politica dei tagli, ma ancor più da una latente e dilagante crisi di valori umani che pervade l’intera società e le diverse professioni.
L’appello accorato e forte per dare risposta all’emergenza educativa rivela che la metastasi ha già colpito anche il settore scuola, prima considerato intoccabile e infrangile.
Restituire alla scuola la sua funzione educativa, significa appunto risanare la società da un male che tende sempre più a dilagarsi. Diventare una forza unitaria di tensioni educative  tra gli operatori scolastici , è la risposta concreta che nel piccolo ciascuno può dare per una scuola ed una società migliore.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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