Prove Invalsi: quale matematica per i nostri studenti?
Data: Giovedì, 21 giugno 2012 ore 13:15:15 CEST Argomento: Rassegna stampa
Il 18 giugno 2012
si sono svolte le prove invalsi di italiano e
matematica per i ragazzi della terza media. Apprendo da un’intervista a
Panorama di Maurizio Ricci, il coordinatore del gruppo di valutazione
dell’Invalsi, che ci sono voluti ben due anni per formulare i fascicoli
da sottoporre agli allievi. Relativamente ai fascicoli di Matematica mi
sorge spontaneo un dubbio: due anni, due anni e dico due anni per
formulare la domanda su come aiutare “Lorenzo, che abita in località
Pittulongu, in Sardegna, ad arrivare a scuola con l’autobus numero 4”?
Il mistero si fa fitto! Ma è mai possibile che in due anni non si sia
riusciti a trovare di meglio che far trovare il giusto
orientamento del Partenone rispetto alla piantina dell’Acropoli di
Atene, o di calcolare le temperature medie registrate in una
stazione meteo delle Alpi, o i voti medi di Piero e Marco
all’università o ancora le distanze tra i vari caselli autostradali
sull’A11 tra Firenze-Peretola e Pisa Nord? Tutti quesiti sul cui
intento valutativo ho seri dubbi: cosa si intendeva valutare? La
capacità di saper leggere un orario degli autobus, saper leggere una
cartina topografica, saper calcolare un percorso in km? Tutte
abilità che riguardano la sfera della cosidetta matematica utile, ma
andando a leggere il quadro di riferimento della prova di
matematica, “le prove INVALSI non devono limitarsi a
valutare l’apprendimento della matematica utile, ma devono cercare di
far riferimento alla matematica come strumento di pensiero e alla
matematica comedisciplina con un proprio specifico statuto
epistemologico” …qualcosa non torna!
Mi chiedo quale modello matematico, quale strumento di pensiero,
quale ragione epistemologica hanno ispirato domande simili.
Il fascicolo di matematica non era difficile come molti dicono, era
semplicemente privo di modelli matematici di riferimento; chiunque con
un po’ di conoscenze aritmetiche e uno spiccato senso pratico sarebbe
riuscito a risolvere il tutto.
Ma allora perché ai nostri ragazzi è risultato così difficile? Prima di
tutto per molti esercizi i calcoli aritmetici (non era consentito l’uso
della calcolatrice) erano lunghi ed il tempo totale messo a
disposizione era insufficiente; poi molti dei giovani 13enni non hanno
mai consultato un’orario di treno o autobus. Non è vero che gli allievi
non fossero stati adeguatamente preparati, è vero invece che si
aspettavano un test di matematica non un manuale di sopravvivenza.
Vorrei poi sottolineare che molti quesiti si basavano sul calcolo della
media, calcolo in se stesso lungo ma alquanto banale, e spesso inutile
e ingannevole se non affiancato dagli indici di variabilità. Rischiamo
di far passare l’idea che se tu hai mangiato due polli ed io nessuno ne
abbiamo mangiato uno a testa. E’ importante conoscere gli strumenti
statistici fin dalle scuole medie, ma bisogna attendere il superiore
per acquistarne consapevolezza.
Sulla base di queste considerazioni credo che ci sia un difetto
all’origine: continuiamo a far nascere nei giovani un’idea sbagliata
del perché lo studio della matematica sia importante.
Vorrei deludere molti di quelli che pensano che la matematica serva
appunto nella vita pratica di ogni giorno: non è assolutamente vero!
Per andare a fare la spesa o prendere un autobus bastano semplici
conoscenze aritmetiche, conoscenze che si acquisiscono alle scuole
elementari; perché dunque insistere nello studio della matematica anche
nelle scuole medie e superiori?
Perché come disse Hilbert “ L’arte del fare matematica consiste nel
trovare il caso speciale che contiene tutti i germi di generalità.”.
Chiunque è in grado di farsi il conto di quanto ha speso al mercato, ma
non tutti sono in grado di scrivere l’equazione corrispondente, cioè di
creare un modello matematico che ti permetta di calcolare non la
singola spesa di un giorno di un paniere in un singolo negozio, ma una
spesa qualunque di qualunque paniere in qualunque mercato. E’ la stessa
differenza che passa tra una sarta che confeziona un vestito su
misura per ogni cliente e quella che adatta ad ogni cliente un
modello che ha già preparato. La differenza è evidente agli occhi di
tutti. La matematica è essere in grado di vedere la regola
generale in un caso particolare. Ci vogliono anni di studio per
arrivare a questo, per cui è vero che la matematica si applica a tutti
i campi del mondo reale ma è anche vero che se non si comprende che
essa è una scienza del tutto slegata dalla realtà non se ne comprende
nè la bellezza nè la sua vera essenza.
L’altro equivoco sulla matematica è che essa sia una scienza
certa: “ La matematica è la scienza più esatta, e le sue conclusioni
possono essere dimostrate in modo inequivocabile. Ma questo accade solo
perché la matematica non tenta di stabilire conclusioni vere in
assoluto. Tutte le verità matematiche sono relative, condizionali”
(Charleston P. Steinmetz). La matematica insegna a dubitare non ad
avere certezze, a trarre conclusioni sulla base delle informazioni in
nostro possesso e a limitarne il campo di applicazione.
E’ la scienza che ci insegna a ragionare per assurdo, infatti
invece di dimostrare che due rette parallele non si incontrano mai,
dimostro che il loro punto d’incontro non esiste!
E’ la scienza che, come dice Popper, non ci induce a cercare di
dimostrare che tutti i cigni sono bianchi, ma che basta trovare un
cigno nero per dimostrare che tutti i cigni non sono bianchi.
E’ la scienza che ci insegna da un lato a superare gli ostacoli
aggirandoli. Per esempio: è impossibile quantificare la differenza fra
due infiniti e perciò abbiamo imparato a confrontarli guardando
quale aumenta o diminuisce più velocemente e dall’altro ad ammettere i
nostri limiti (un numero diviso 0 è un’operazione impossibile).
Chi la insegna dovrebbe ben spiegare che essa non è la scienza che dà
risposte a tutte le domande ma quella che ti insegna a porti le domande
giuste. Il vero progresso dell’uomo si è verificato non con la scoperta
di nuovi fenomeni ma cambiando il nostro modo di interpretarli.
Se così non fosse si perderebbe la vera essenza di essa:
“ Forse la cosa più sorprendente della matematica è che è sorprendente.
Le regole che si decidono all’inizio sembrano normali e inevitabili, ma
è impossibile prevedere le loro conseguenze” (Edward C.
Titchmarsh).
E’ sorprendente scoprire che sulla stessa intuizione degli specchi
ustori di Archimede (287 a.c.- 212 a.c.) ora noi abbiamo Sky.
Quindi la matematica agli occhi dei più appare banale, la scienza del 2
più 2 fa 4, qualcosa di cui si può fare a meno. Niente di più errato, è
la scienza che addestra la nostra mente a valutare tutti i casi
possibili e impossibili, tutte le analogie e le differenze, a
stabilire dei vincoli, a trarre delle conclusioni, a vedere cose
che il nostro occhio non vedrà mai, liberarci dalla realtà per
volare sulle ali della nostra ragione: “ La scienza della matematica
offre il più brillante esempio di come la pura ragione possa con
successo allargare il suo campo senza l’aiuto dell’esperienza.”
(Immanuel Kant).
Per questo motivo vorrei ricordare a chi ha formulato il fascicolo di
matematica che molti dei più famosi matematici della storia erano degli
inetti nella gestione delle piccole cose della vita quotidiana!
Avrei voluto trovare dei quesiti che stimolassero la fantasia e la
creatività dei ragazzi, che mettessero in risalto le loro doti logiche
e non il mero calcolo aritmetico. Faccio un esempio per tutti:
far calcolare la probabilità di uscita di una croce o
di un numero dispari è del tutto inutile se non collegato ad una scelta
successiva sulla base di tale calcolo. Sarebbe stato più proficuo
fargli calcolare la probabilità di incidenti sui mezzi di trasporto
tipo aereo, macchina e treno e poi chiedergli quale secondo loro
era il mezzo più sicuro.
Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi a porsi domande non a dare
risposte!!!!!
by Mariella -
LaScuolaIblea.it
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