Caro Ministro Profumo, mi spiace ma non siamo colleghi. Io sono un modesto preside, tu sei un Ministro. Hai responsabilità diverse dalle mie.
A me tocca fare l’acrobata affrontando emergenze continue. A te tocca ridare prestigio e autorevolezza alla scuola statale. È un onere e un onore che non puoi evitare.
Non te l’ha ordinato il medico di fare il Ministro, per cui affronta con coraggio la questione del merito. Volevo dirtene di tutti i colori. Perché hai tagliato 2.000 posti di preside e di segretario col dimensionamento. Perché sprechi lasciando gli esoneri dei sindacalisti e i distacchi presso l’università a spese delle scuole, e risparmi invece sui laboratori scolastici e sui bidelli.
Perché hai fatto marcia indietro sul progetto Valorizza 2. Perché rilasci dichiarazioni cui non seguono i fatti.
Ma poi ho letto gli attacchi nei tuoi confronti fatti dal PD e ho capito che la colpa dell’attuale fallimento non è tua. Non sei appoggiato da nessuno. I partiti vanno alla deriva contro tutto e contro tutti, in particolare il PD, nel quale milito da 35 anni (1977, PCI, PDS, DS, PD) e che oggi ho deciso di lasciare.
Ti capisco. Pensi di tirare a campare. Io invece non ne sono capace. Non ce la faccio più con questi Fassina, Camusso, Landini e soci, gente che non si rende conto che non si può giocare al tanto peggio tanto meglio.
Mi trovo a condividere le idee di Pietro Ichino, Ignazio Marino e quanti come loro propongono serietà, rigore, licenziamento dei fannulloni, competitività del sistema produttivo, apertura ai giovani, lotta agli sprechi e ai debiti facili.
Ma vedo che sono isolati. Non capisco più le tue circolari: non ne colgo il senso!
L’organico mi è stato tagliato in maniera incomprensibile. Hai messo in Sicilia 200 presidenze a reggenza. Affermi che devi aumentare l’età pensionabile e pensioni d’ufficio i sessantini (vedi Camilleri) che vorrebbero restare a lavorare.
Agli insegnanti tecnico pratici vuoi assegnare il compito del sostegno ai disabili. Agli ammalati affidi compiti di segreteria.
Mi sommergi di linee guida e corsi di formazione formali e pletorici senza valutazione e senza selezione. Continui a chiedere procedure complesse e monitoraggi onerosi facendo finta di non sapere che il personale amministrativo sia stato dimezzato. Non è più tempo di vivacchiare. Caccia i sindacalisti e gli incapaci dal Tempio.
Ristabilisci la responsabilità individuale e il senso del dovere.
Se i partiti non ti sostengono, vai a casa e lascia il posto al Tiranno di turno che ci penserà lui a ridare serietà alla scuola, anche se non si sa a prezzo di quali limiti alla democrazia.
Roberto Tripodi, robertotripodi@virgilio.it,
“Care colleghe e cari colleghi, per cultura e storia personale sono abituato a prestare la massima attenzione e a mettermi in ascolto quando parlano i rappresentanti dei lavoratori. Nella mia esperienza di cittadino, di docente e infine di Rettore ho incontrato tante volte il sindacato, e ho sempre cercato di farlo mettendomi dalla parte giusta: quella della coesione e della solidarietà nell’interesse generale. Tanto più, quindi, desidero ascoltare e interloquire con voi oggi che mi trovo a fare il ministro. Ho riflettuto sulle osservazioni e sulle critiche che avete voluto fare in questi giorni, sulla base di anticipazioni giornalistiche, ai provvedimenti sulla scuola e l’università che saranno da me proposti mercoledì in Consiglio dei ministri.
Desidero rassicurarvi e fugare uno ad uno tutti i dubbi da voi espressi, che mi sembrano nascere in realtà da una più generale paura che la scuola venga abbandonata a se stessa. Non lo sarà. Non da me, almeno. Non potrei nemmeno volendo - e non voglio - visto che nella scuola e nella formazione ho passato quasi tutta la mia vita, prima da studente e poi da professore, ma anche da marito di un’insegnante e da padre di tre figli.
Capisco però questi timori. La scuola italiana ha attraversato negli ultimi anni un periodo di grande difficoltà, fatto di tagli e di marginalizzazione rispetto all’agenda politica del paese. Di questa messa all’angolo la scuola ha sofferto molto, ed in primis i suoi lavoratori, che si sono sentiti feriti e colpiti.
Sin dall’inizio del mio mandato, però, tutto il mio lavoro è stato indirizzato ad invertire questa tendenza e a rimettere la scuola al centro dell’agenda del Paese. Perché sono fermamente convinto che la scuola, soprattutto in tempi di crisi economica, sia parte della soluzione e non del problema. E voglio anzi dire di più: senza di essa nessuna soluzione potrà mai funzionare”.
Francesco Profumo