ALMALAUREA, XIV indagine (2012) Profilo dei Laureati 2011, Indagine 2012
Data: Mercoledì, 06 giugno 2012 ore 22:16:12 CEST
Argomento: Istituzioni


Nata nel 1994 su iniziativa dell'Osservatorio Statistico dell'Università di Bologna, AlmaLaurea ha conosciuto in questi anni una crescita esponenziale, raggiungendo oggi il 78 per cento dei laureati italiani.
Gestita da un Consorzio di Atenei Italiani con il sostegno del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, AlmaLaurea nasce con l'intento di mettere in relazione aziende e laureati e di essere punto di riferimento dall'interno della realtà universitaria per tutti coloro (studiosi, operatori, etc...) che affrontano a vario livello le tematiche degli studi universitari, dell'occupazione, della condizione giovanile.

I Profili: interroga la banca dati

"Laurearsi in tempi di crisi. Come valorizzare gli studi universitari"
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Laurearsi in tempi di crisi. Come valorizzare gli studi universitari
di Andrea Cammelli

1. L'indagine 2012
2. Le caratteristiche dei laureati al loro ingresso all'università
3. Il lavoro durante gli studi e la frequenza alle lezioni
4. I tirocini formativi
5. I laureati con esperienze di studio all'estero
6. La regolarità negli studi
7. Le votazioni
8. I giudizi sull'esperienza universitaria
9. I servizi per il Diritto allo Studio
10. Le condizioni di vita nelle città universitarie
11. Le prospettive di studio
12. Le prospettive di lavoro
13. Gli adulti all'università
14. I laureati di cittadinanza estera
Note metodologiche

 

Condizione occupazionale dei laureati

E' il Rapporto di AlmaLaurea che monitora l'inserimento lavorativo dei laureati, fino ai primi cinque anni successivi al conseguimento del titolo. E' uno strumento fondamentale per valutare l'efficacia esterna del sistema universitario e misurare l'apprezzamento del mondo del lavoro nei confronti dei laureati.

Quanti proseguono gli studi?

XIV Indagine (2012) - Condizione occupazionale dei laureati

L'indagine ha coinvolto quasi 400.000 laureati di 57 Atenei aderenti al Consorzio nel 2011 (64 Atenei italiani al 22/05/2012); sono stati intervistati 186.000 laureati post-riforma ad un anno dalla conclusione degli studi, 53.000 laureati di secondo livello a tre anni e 22.000 laureati pre-riforma a cinque anni. Tre indagini sperimentali hanno riguardato i laureati di primo livello, che non hanno proseguito la formazione universitaria, a tre e cinque anni dal titolo, nonchè un campione di laureati pre-riforma a circa dieci anni.

 

La condizione occupazionale dei laureati è organizzata in 10 sezioni:

  • Collettivo indagato
  • Formazione post-laurea
  • Condizione occupazionale
  • Ingresso nel mercato del lavoro
  • Caratteristiche dell'attuale lavoro
  • Caratteristiche dell'azienda
  • Guadagno
  • Utilizzo e richiesta della laurea nell'attuale lavoro
  • Efficacia della laurea e soddisfazione per l'attuale lavoro
  • Ricerca del lavoro
 



Vai alla XIV Indagine (2012) sulla condizione occupazionale dei laureati

AlmaLaurea: XIV Profilo dei Laureati italiani

Laurearsi in tempi di crisi.
Come valorizzare gli studi universitari

sintesi di Andrea Cammelli
Nel corso dell'ultimo anno si sono consolidati i segni di una profonda crisi dell'economia italiana, della finanza pubblica e del sistema politico, in parte mitigati da una maggiore consapevolezza dell'esigenza di rilanciare la crescita e di investire sull'istruzione di alto livello. La difficile situazione ha colpito in modo particolare il sistema universitario, sia sul piano dei finanziamenti diretti, sia sul piano delle opportunità lavorative dei giovani più qualificati, come peraltro hanno mostrato i risultati dell'Indagine AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, presentati lo scorso marzo a Roma.
Lo sviluppo, l'occupabilità e la coesione sociale che si pensava potessero derivare dalla centralità della conoscenza nei processi economici dei paesi più sviluppati e dalla valorizzazione dell'istruzione non sono stati ancora realizzati, e proprio per questo appare necessario affrontarli con maggiore slancio. Consolidare il processo di riforma del sistema universitario, incoraggiare i giovani a investire in formazione, promuovere la cultura della valutazione, migliorare l'interazione fra università e mondo della produzione, ridefinire l'offerta formativa per chi è già stabilmente inserito nel mercato del lavoro potranno sembrare obiettivi più difficili rispetto ad alcuni anni fa, specie alla luce dell'incertezza che caratterizza il futuro, ma costituiscono priorità irrinunciabili. Nel perseguirle, nonostante gli errori e i difetti dell'accademia, deve rimanere la fiducia sui giovani che, come sosteneva Plutarco "non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere" (e che spesso, per fortuna, si accendono da soli!").

In questo XIV Profilo dei laureati italiani, presentato e discusso quest'anno al convegno "Laurearsi in tempi di crisi: come valorizzare gli studi universitari", ospitato dall'Università Federico II di Napoli martedì 22 maggio 2012, particolare attenzione è stata dedicata ad alcuni temi caldi del dibattito corrente sull'università: il valore del voto di laurea, la regolarità degli studi e l'età alla laurea, le motivazioni dell'iscrizione all'università e alla prosecuzione della formazione oltre il primo livello, l'attrattività internazionale del nostro sistema universitario. Tutte questioni che si intrecciano col tema dell'istruzione come strumento di mobilità sociale e che sono intimamente legate alla questione della valutazione degli atenei.

Valutare l'università, orientare i giovani

La documentazione ampia, aggiornata disponibile è supporto importante per esprimere valutazioni fondate sul processo riformatore, tanto più in questo periodo che vede il mondo universitario impegnato nella riforma delle strutture accademiche: dai nuovi organi di governo alle facoltà, alle scuole, ai nuovi dipartimenti. Il XIV Rapporto AlmaLaurea sul profilo dei laureati è supporto fondamentale, insieme alla documentazione relativa alla condizione occupazionale dei laureati, per valutare l'offerta formativa del sistema universitario italiano e gli esiti che ne conseguono. Una valutazione che, con l'entrata in campo dell'ANVUR e l'attribuzione alle università di parte del fondo di finanziamento ordinario secondo criteri di tipo meritocratico, dovrà guidare sempre di più la vita e le scelte degli atenei. L'immediata consultabilità on-line della documentazione, disaggregata per tipo di corso, ateneo, facoltà, gruppo disciplinare, classe e corso di laurea, e che dal prossimo anno comprenderà anche i diplomati di Accademie e Conservatori, grazie a un accordo siglato tra le Istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM) e il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, costituisce da tempo, per le aziende pubbliche e private italiane ed estere, uno strumento importante di valutazione dei potenziali candidati all'assunzione, così come un supporto fondamentale per ogni efficace azione di orientamento nella scelta dei percorsi di studio.
Un orientamento tanto più necessario se si tiene conto che ancora oggi 82 immatricolati su cento vengono da famiglie i cui genitori non hanno esperienza di studi universitari e 17 immatricolati su cento abbandonano nel corso dei primo anno di università. Per contrastare questo fenomeno, i costi sociali ed economici che determina, la delusione di tanti giovani e delle loro famiglie, da alcuni anni AlmaLaurea è impegnata con iniziative ad hoc tese a coinvolgere gli istituti di istruzione secondaria superiore ed i diplomandi attraverso AlmaDiploma (www.almadiploma.it) ed AlmaOrièntati (www.almalaurea.it/lau/orientamento). La stessa documentazione andrà ad arricchire questi percorsi, predisposti pensando ai circa 400mila giovani (e alle loro famiglie) che si apprestano a scegliere se continuare o meno gli studi, iscrivendosi all'università.
Sono inoltre aumentati nel corso degli anni anche i laureati "poco motivati" (dal 10 per cento del 2007 al 14 per cento del 2011). Le motivazioni nella scelta del corso di laurea influenzano la riuscita universitaria sia in termini di voto d'esame (forti motivazioni culturali hanno un effetto positivo sulla votazione), che di ritardo alla laurea (chi ha forti motivazioni professionali accumula meno ritardo).
C'è l'esigenza dunque di aiutare di più e meglio i giovani nella scelta di istruzione, nella consapevolezza che con maggiore cultura si riesce a sopportare meglio le situazioni di squilibrio e le incertezze sul futuro.

I numeri del XIV Profilo

Il XIV Profilo ha coinvolto 215.525 usciti dalle università nel 2011 (121.065 con laurea di primo livello, 62.482 con laurea specialistica/magistrale e 19.367 con laurea a ciclo unico) in uno dei 61 Atenei aderenti da almeno un anno ad AlmaLaurea. Dal 22 maggio tutta la documentazione, ateneo per ateneo e fino all'articolazione per corso di laurea, sarà consultabile sul sito ( www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2011/index.shtml).

Il contesto di riferimento: ancora pochi e in calo i laureati in Italia. Solo il 29% dei diciannovenni si iscrive all'università

E' certo che il numero delle lauree è lievitato, passando dalle 172mila del 2001 alle 289mila del 2010. In realtà a lievitare, più che i laureati sono stati i titoli universitari; si tratta di un aumento del 68 per cento, in larga parte dovuto alla duplicazione dei titoli (laurea di primo livello seguita da laurea specialistica). Assai più contenuto, invece, risulta il processo di universitarizzazione, misurato più propriamente in anni di formazione portati a termine che registra un incremento del 19 per cento. Ma ciò non ha corrisposto a un eccesso di laureati in Italia, anzi, nel confronto con i Paesi europei si tratta di recuperare un deficit: attualmente circa il 20% della popolazione di età 30-34 anni è in possesso di laurea contro un obiettivo europeo del 40% per il 2020, traguardo evidentemente non raggiungibile. Anche nella classe di età 25-34 siamo al 20 per cento di laureati in Italia contro il 37 per cento nel complesso dei Paesi Ocse, cioè delle realtà economicamente più avanzate a livello internazionale. Siamo dunque in una situazione di svantaggio e ciononostante si registra una battuta d'arresto rispetto al processo di universitarizzazione, si riscontra una minore attrazione dei giovani verso lo studio universitario. I diciannovenni che si iscrivono all'università rappresentano solo il 29% dei coetanei confermando il ridotto interesse per gli studi universitari di questa fascia di popolazione giovanile. Negli ultimi otto anni le immatricolazioni si sono ridotte del 15 per cento per effetto combinato del calo demografico (nel periodo 1984-2009, ha visto contrarsi di quasi 370mila unità la popolazione diciannovenne), della diminuzione degli immatricolati in età più adulta e del deterioramento della condizione occupazionale dei laureati. A tali fattori si è aggiunta la crescente difficoltà di tante famiglie a sostenere i costi diretti ed indiretti dell'istruzione universitaria e una politica del diritto allo studio ancora carente.

Identikit dei laureati 2011

Il quadro che viene restituito dai risultati raggiunti dai laureati che hanno concluso i loro studi nel 2011 conferma una situazione articolata ma complessivamente confortante.
Rispetto all'università pre riforma si è incrementata la quota di giovani che terminano gli studi nei tempi previsti, è aumentata la frequenza alle lezioni, si è estesa l'esperienza di stage e tirocini svolti durante gli studi, così come le opportunità di studio all'estero (quest'ultima limitatamente ai percorsi di 2° livello). La riforma, dunque, non è stata un fallimento. Piuttosto e inequivocabilmente, su diversi fronti essa ha fatto segnare significativi miglioramenti della performance del sistema universitario.
Chi arriva alla laurea di primo livello proviene da classi sociali meno favorite, tende a studiare sotto casa, forse anche per effetto della moltiplicazione dei corsi universitari, raggiunge il traguardo a 24 anni. Il collettivo è caratterizzato da una maggiore presenza di chi lavora durante gli studi. Poche le esperienze all'estero durante gli studi, si moltiplicano per tre gli stage durante il percorso di studio. E dopo la laurea? La maggior parte dei laureati triennali intende proseguire la formazione, ma chi vuole farlo con la specialistica è il 61%. Tra i laureati specialistici, biennali e a ciclo unico, si riscontra una maggiore selezione sociale: sono giovani più avvantaggiati socialmente e culturalmente, più disponibili alla mobilità tra sedi universitarie, sono quelli con più esperienze di studi all'estero nel curriculum. Anche se una percentuale maggiore lavora durante gli studi, forse per effetto della crisi economica e di carenze nel diritto allo studio.>

Le laureate con una marcia in più negli studi

Ciò che sembra giusto sottolineare con forza sono i migliori risultati raggiunti, quasi in tutti settori disciplinari, dalle laureate rispetto ai loro colleghi uomini.
Le donne ormai sono prevalenti nei percorsi universitari (nel 2010, la percentuale di donne laureate tra i 30 e 34 anni risulta superiore a quella della popolazione maschile di quasi 9 punti percentuali: 24,2% rispetto al 15,5), anche in quelli a lungo tempo considerati roccaforti maschili: le donne rappresentano il 64 per cento del complesso dei laureati specialistici a ciclo unico (Medicina e chirurgia, Odontoiatria, Medicina veterinaria, Farmacia, Architettura e Giurisprudenza). Brillanti sono poi le loro performance: arrivano alla laurea più giovani (26,7 anni rispetto ai 27,2 degli uomini tra tutti i laureati 2011; 25,5 anni nelle lauree di primo livello contro i 26 anni dei colleghi maschi; 27,6 anni contro 28 nelle lauree specialistiche; 26,4 anni contro 27,1 nelle specialistiche a ciclo unico). E sono più regolari negli studi. Si laurea in corso il 40,6 per cento delle laureate 2011 contro il 36,4 per cento degli uomini; differenze che si riscontrano in tutti i tipi di laurea a vantaggio delle donne (in particolare, in corso è il 48,2 per cento delle laureate nei percorsi specialistici contro il 45,7 per cento dei laureati). Eppure, quella femminile si conferma una presenza che stenta ancora ad essere riconosciuta adeguatamente sul mercato del lavoro nel nostro Paese, ove le disparità di genere sono ancora elevate.

I 121mila laureati di primo livello del 2011 si raccontano

Al di là del tradizionale passaggio dai licei all'università, l'analisi del retroterra di studi secondari superiori conferma l'incremento di giovani provenienti da percorsi tecnico-professionali e da ambienti familiari meno favoriti. Fra i laureati, infatti, resta limitata la quota di quanti hanno almeno un genitore laureato (24 per cento) e parallelamente cresce la percentuale di giovani di estrazione operaia (26 per cento).
Complessivamente i lavoratori-studenti sono l'8,4 per cento fra i laureati triennali; la loro presenza riguarda una quota rilevante dei neodottori dei gruppi giuridico e insegnamento (24 e 20 per cento, rispettivamente).
Si conferma su valori elevati (molto più elevati di quanto registrato fra i laureati pre-riforma) la frequenza alle lezioni. Hanno dichiarato di avere frequentato regolarmente più del 75 per cento degli insegnamenti previsti 69 laureati su cento: fra l'83 e il 94 per cento dei laureati del gruppo chimico-farmaceutico, dei neoingegneri, dei neoarchitetti e di quelli nelle professioni sanitarie e all'estremo opposto il 35,5 per cento dei laureati del gruppo giuridico.
Gli studi all'estero con i programmi Erasmus, dopo una prima contrazione negli anni successivi all'avvio della riforma, hanno ripreso quota come le altre esperienze di studio all'estero. Fra i laureati pre-riforma del 2004, l'8,4 per cento aveva studiato all'estero utilizzando Erasmus ed altri programmi dell'Ue. Nel 2011 la stessa opportunità ha riguardato il 5,3 per cento dei laureati di primo livello: 22 neodottori su cento nel gruppo linguistico, 7,2 su cento nel gruppo politico-sociale, ma pochissimi (fra 1,2 e 1,7 per cento) fra i laureati dei gruppi chimico-farmaceutico, giuridico e medico-professioni sanitarie. Più complessivamente le esperienze di studio all'estero (comprendendovi oltre ad Erasmus altri programmi riconosciuti dal corso di studi e le attività condotte su iniziativa personale) coinvolgono oggi il 10,2 per cento dei laureati di primo livello.
Assai diffuse risultano le esperienze di tirocinio e stage riconosciute dal corso di studi, a sottolineare il forte impegno delle università e la crescente collaborazione con il mondo del lavoro (oltre l'80 per cento dei tirocini sono stati svolti al di fuori dell'università). Sono esperienze che entrano nel bagaglio formativo di 60 laureati su cento: 89 su cento neodottori in agraria, 87 laureati del gruppo insegnamento, 84,5 di quello delle professioni sanitarie, ma anche 41,5 laureati su cento del gruppo economico-statistico e perfino 33 neodottori su cento nelle materie giuridiche. è bene ricordare che l'esperienza di tirocinio/stage si associa ad un più elevato indice di occupazione. L'ultima indagine sulla condizione occupazionale dei laureati ha accertato che, a parità di condizioni, chi ha svolto questo tipo di esperienza durante gli studi ha il 13,6% in più di probabilità di lavorare rispetto a chi non vanta un'esperienza analoga.
La soddisfazione per l'esperienza universitaria, seppure condizionata da aspettative differenti, risulta sostanzialmente consolidata nel tempo. Si dichiarano decisamente soddisfatti del corso di studi concluso circa 33 laureati su cento (ed altri 54 esprimono una soddisfazione più moderata): fra il 40 e il 38 per cento dei laureati dei gruppi medico-professioni sanitarie, insegnamento, chimico-farmaceutico e scientifico e all'estremo opposto, su valori dimezzati, 21-22 laureati su cento dei gruppi linguistico e architettura. Quasi un quinto dei laureati è rimasto decisamente soddisfatto dei rapporti con i docenti (ed altri 65 dichiarano di esserlo in misura più contenuta): soprattutto fra i laureati del gruppo medico-professioni sanitarie (27 per cento), di quelli agrario e chimico-farmaceutico (entrambi intorno al 26 per cento). Più severo il parere dei laureati in architettura e ingegneria che solo nel 12 e 15 per cento dei casi, rispettivamente, si dichiarano pienamente soddisfatti.
Se potessero tornare indietro 66 laureati su cento sarebbero disposti a ripetere l'esperienza di studio appena compiuta, nello stesso percorso di studio della stessa università. Altri 11 resterebbero nello stesso Ateneo, ma si orienterebbero diversamente; 12 laureati su cento farebbero la scelta inversa: stesso corso, ma in altro Ateneo. Altri 7,5 cambierebbero sia corso sia università, ma solo 2 non si iscriverebbero più. La piena conferma dell'esperienza compiuta trova d'accordo il 77 per cento dei laureati del gruppo scientifico e il 73 per cento di quelli delle professioni sanitarie, 56 laureati su cento dei gruppi architettura e 51,5 del linguistico.
L'intenzione di proseguire gli studi, completata la laurea di primo ciclo, è generalmente assunta come la cartina di tornasole dello stato di avanzamento della riforma. Si trattava di una tendenza già elevata fra i laureati pre-riforma (riguardava infatti il 55 per cento dei laureati del 2004). Ma è evidente che su questo indicatore convergono e si sintetizzano una pluralità di fattori che si accentuano di fronte alla difficoltà dei giovani di percepire scenari incoraggianti ma anche al desiderio di tanti di acquisire specifiche competenze professionalizzanti. Fattori che riguardano le strategie di vita del singolo, la capacità formativa dell'università, ma anche le difficoltà del mercato del lavoro pubblico e privato. Certo è che, concluso il corso di primo livello, 77 laureati su cento dichiarano l'intenzione di proseguire gli studi (più fra i laureati del sud): il 94 per cento dei neopsicologi e l'89 per cento dei laureati del gruppo geo-biologico, ma anche il 63 per cento del gruppo insegnamento e il 60 per cento dei laureati di quello giuridico.
Alla laurea specialistica, che è l'obiettivo più diffuso fra quanti sono orientati a proseguire gli studi ambiscono 61 laureati su cento. L'82-87 per cento dei laureati dei gruppi ingegneristico, geo-biologico e psicologico, ma anche nei percorsi di studio che fanno registrare i valori più bassi, l'attrattiva della laurea specialistica riguarda il 46 per cento dei laureati in educazione fisica, il 43 per cento del gruppo insegnamento e il 21 per cento delle professioni sanitarie. La continuità di sede riguarda il 74 per cento dei laureati di primo livello intenzionati a proseguire con la laurea magistrale. Il laureato che vuole proseguire con una laurea magistrale ha caratteristiche all'ingresso più favorevoli, migliori performance all'università, è più soddisfatto del percorso compiuto. E lo fa perché vuole completare la propria formazione influenzato, influenzato anche delle difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro.

I laureati specialistici biennali del 2011

I laureati specialistici biennali hanno alle spalle un percorso scolastico secondario superiore fortemente caratterizzato da studi liceali-scientifici, più di quanto non si registri fra i laureati di primo livello, e sono favoriti dall'ambiente familiare di provenienza che li vede uscire da famiglie con genitori laureati più frequentemente di quanto non si riscontri fra i laureati di primo livello (28,8 per cento dei casi, contro il 24 per cento).
Nell'esperienza formativa dei laureati specialistici si riscontrano indici particolarmente elevati di frequenza alle lezioni (71 laureati su cento dichiarano di avere frequentato regolarmente più dei tre quarti degli insegnamenti previsti). Si riscontra, inoltre, una consistente esperienza di stage, che coinvolge complessivamente 54,5 laureati specialistici su cento (il 78 per cento in quello medico-professioni sanitarie e il 14 per cento nel gruppo giuridico). Più diffusa anche l'utilizzazione delle opportunità di studio all'estero con programmi comunitari: complessivamente 9,3 su cento (4 punti percentuali in più di quanto accertato fra i laureati di primo livello). Il bilancio al termine dell'intero percorso 3+2 restituisce un quadro di esperienze di studio all'estero con programmi europei e con iniziative riconosciute dal corso di studi che hanno coinvolto complessivamente 17,5 laureati specialistici su 100. Un valore elevato e assai prossimo agli obiettivi fissati per il 2020 dai ministri europei.
L'esperienza compiuta con la laurea specialistica risulta ampiamente apprezzata (se sono decisamente soddisfatti 36 laureati su cento, altri 52 esprimono comunque una valutazione positiva) tanto che la gran parte (73,5 per cento) la ripeterebbe nelle stesse condizioni (stesso corso e stesso ateneo). Si tratta di un processo di fidelizzazione superiore all'80 per cento – e dunque particolarmente riuscito – per i laureati specialistici dei gruppi giuridico ed ingegneristico.
Più di un interrogativo pone la quota elevata, 41 laureati su cento, di coloro che terminato il secondo ciclo dell'università riformata aspirano ad un'ulteriore prosecuzione degli studi. Il 12 per cento intende proseguire con un dottorato di ricerca; altri 9 su cento puntano a master universitari mentre poco più del 5 per cento intende indirizzarsi verso un tirocinio/praticantato e una quota analoga verso una scuola di specializzazione. L'intenzione di proseguire riguarda il 79 per cento dei laureati del gruppo psicologico, il 63 per cento dei loro colleghi del gruppo medico-professioni sanitarie, il 56 per cento del geo-biologico, meno di un quarto dei neoingegneri.

I laureati specialistici a ciclo unico del 2011

Si tratta di un collettivo di estrazione sociale più elevata (44 su cento provengono da famiglie con almeno un genitore laureato); il 77 per cento ha una formazione liceale. Positive risultano le performance di questi laureati nella votazione di laurea (in media 104,4 su 110), nell'esperienza di studi all'estero con programmi comunitari (che riguarda 11,1 laureati su cento) e nella regolarità con cui riescono a concludere gli studi in corso (35 per cento). L'identikit di questi laureati conferma che i percorsi di studio di cui si tratta non consentono il contemporaneo svolgimento di attività lavorative (solo 3 laureati su cento sono lavoratori-studenti). Risulta positiva la valutazione dell'esperienza compiuta, se si considera la disponibilità a ripeterla: nel 71 per cento dei casi nella stessa sede ed in altri 17 per cento in sedi diverse. L'elevata propensione alla prosecuzione degli studi (68 per cento) è in parte fisiologicamente dovuta alla componente medica e giuridica, "obbligata" a proseguire verso la specializzazione o il praticantato.

Età alla laurea: la pergamena arriva prima

I miglioramenti registrati dall'età alla laurea e dalla regolarità negli studi, aspetti storicamente dolenti dell'intero sistema universitario nazionale, spesso evocati da chi ricorda un'università che non c'è più, tendono a stabilizzarsi nonostante l'aumento di quanti lavorano stabilmente durante gli studi: considerando solo chi si immatricola nell'età canonica, l'età alla laurea passa da 26,8 dei laureati 2004 a 24,9 anni dei laureati 2011: 24 anni per i laureati di primo livello; 25,2 anni per gli specialistici; 26,1 per gli specialistici a ciclo unico.
Fra gli oltre 121mila laureati triennali del 2011 l'età alla laurea è pari a 25,7 anni e si contrae sino a 24 anni al netto dell'immatricolazione ritardata. Sotto questo profilo il ruolo dell'attività lavorativa (continuativa a tempo pieno), svolta contemporaneamente agli studi, risulta determinante. Non a caso i più giovani a concludere gli studi risultano i laureati dei percorsi nei quali questo tipo di esperienza lavorativa è meno presente, come quelli geo-biologico e linguistico (entrambi a 24,6 anni), economico-statistico ed ingegneristico (entrambi a 24,7 anni), mentre l'età più elevata si riscontra fra i laureati dei gruppi insegnamento (28,4 anni) e giuridico (29,6). Consistente è anche la presenza di una componente di laureati che ha fatto il proprio ingresso all'università in età superiore a quella tradizionale. Si tratta di 18 laureati su cento immatricolatisi con un ritardo di due e più anni e di altri 6 su cento il cui ritardo all'immatricolazione risulta superiore ai 10 anni!.

I laureati specialistici biennali si laureano ad un'età media di 27,8 anni (compresa fra i 31,1 anni del gruppo insegnamento e i 26 di quello chimico-farmaceutico). Al netto dell'immatricolazione ritardata l'età alla laurea si contrae fino a 25,2 anni. Anche nel caso degli specialistici l'età alla laurea risulta fortemente condizionata dalla presenza rilevante di laureati che hanno fatto il proprio ingresso all'università in età superiore a quella tradizionale. Sono infatti quasi 33 su cento i laureati magistrali che si sono immatricolati con un ritardo compreso fra 2 e 10 anni mentre per altri 6 su cento il ritardo all'immatricolazione risulta superiore ai 10 anni.

 

Dal 2004 al 2011 aumenta la regolarità degli studi

Per il complesso dei laureati, la regolarità negli studi migliora: i laureati in corso erano poco meno del 10 per cento nel 2001 sono diventati il 39 per cento nel 2011.
Tra i laureati di primo livello la regolarità negli studi riguarda una quota elevata di laureati: 38 per cento (complessivamente 63 per cento entro un anno di ritardo). Concludono nei tre anni previsti 65 laureati delle professioni sanitarie su cento. All'estremo opposto, restare in corso riesce possibile soltanto a 15 laureati su cento del gruppo giuridico e a 29 su cento di quello in architettura.
Su valori molto confortanti la regolarità dei laureati di secondo livello: hanno concluso nel 47 per cento dei casi i loro studi in corso – ed altri 34 con un anno di ritardo – (dal 78 di quelli delle professioni sanitarie al valore minimo del 27 per cento dei laureati del gruppo giuridico).

 

 

Ripensare le votazioni?

La variabilità fra percorsi disciplinari del voto di laurea nelle lauree di primo livello risulta pari a 12 punti su 110 (che diventano 17 su 110 nell'ambito della stessa classe di laurea di due differenti atenei). E' soprattutto nel profilo dei laureati specialistici che la votazione finale risulta prossima al massimo (in media 107,8 su 110). è questo il risultato di sintesi che vede i laureati dei percorsi letterario superare il voto medio di 110 (si consideri che "110 e lode" nella documentazione AlmaLaurea è convenzionalmente posto uguale a 113), mentre all'estremo opposto si collocano le votazioni dei laureati dei gruppi ingegneria, educazione fisica, economico-statistico, e giuridico.
Ma esistono limitazioni nei criteri di assegnazione dei voti? La documentazione AlmaLaurea può contribuire a stimolare una riflessione affinché il sistema universitario discuta e introduca misure correttive. Ciò che infatti si registra sono prassi valutative non omogenee nei percorsi disciplinari (alcuni più severi di altri) per quanto riguarda i voti assegnati negli esami universitari e nell'attribuzione dei bonus in sede di laurea; inoltre si riscontra un evidente appiattimento delle votazioni nella direzione dei valori elevati, che si verifica in particolar modo per i laureati specialistici, il 42% dei quali ha ottenuto 110 e lode. Ciò finisce per penalizzare seriamente la possibilità di misurare e distinguere le capacità dei laureati attraverso il voto di laurea.

 

 

Gli studi sotto casa e ancora pochi studenti esteri nelle nostre università: la mobilità territoriale dall'immatricolazione alla ricerca di lavoro

Crescente, ma ancora distante dagli obiettivi auspicati, la capacità attrattiva delle nostre università verso giovani di altri Paesi che raggiunge il 3,3 per cento degli iscritti. Anche su questo versante il confronto internazionale restituisce l'immagine di un ritardo preoccupante (nei Paesi OCSE, sempre che la definizione di studente estero sia identica in tutti i paesi, tale quota è pari all'8,7 per cento). La stessa mobilità attraverso il programma Erasmus evidenzia che per 100 studenti italiani che vanno all'estero, ne entrano solo 83. Aumenta invece il numero dei connazionali che decide di studiare in altri Paesi anche per la preoccupazione di avere difficoltà a trovare un'adeguata collocazione lavorativa in patria. Ma si dilata contemporaneamente anche la tendenza a non allontanarsi da casa, a studiare nella sede più vicina, quale che sia l'offerta formativa disponibile, spesso perfino nella prosecuzione degli studi, oltre il primo livello. A frenare questo tipo di mobilità territoriale concorrono anche i costi, spesso insostenibili per le famiglie. Nel 2011, 49 laureati su 100 sono "stanziali", ovvero hanno concluso il percorso di studi universitari nella stessa provincia in cui hanno ottenuto il diploma. Altri 26 si sono spostati al massimo in una provincia limitrofa a quella in cui si erano diplomati. Altri 11 su cento si sono spostati ma sono rimasti nella stessa ripartizione geografica; 12 su cento hanno effettuato una migrazione per studio dal Sud al Centro-Nord, i rimanenti 2 su cento, infine, avevano ottenuto il diploma all'estero.
La mobilità territoriale, in particolare quella di lungo raggio, si svolge quasi esclusivamente dal Sud al Centro-Nord: gli Atenei del Centro-Nord (in particolare Bologna e Roma La Sapienza) sono quelli che attraggono maggiormente laureati ad elevata mobilità. La propensione alla mobilità per ragioni di lavoro dopo il conseguimento del titolo universitario ancora una volta è pressoché unidirezionale (dal Sud al Centro-Nord). Dal diploma alla ricerca del lavoro il Mezzogiorno perde circa 40 diplomati su 100.

La valutazione dell'università: una questione di metodo

In Italia, in tempi recenti, si è affermata la tendenza a valutare la performance del sistema educativo attraverso indicatori che guardano con particolare attenzione soprattutto i risultati in uscita (risultati degli esami, tasso di successo scolastico, tasso di dispersione, ecc.). In realtà la qualità e il merito delle università andrebbero valutati a parità di condizioni, cioè tenuto conto della qualità del capitale umano in entrata e delle condizioni di contesto non governate dagli atenei ma che ne influenzano la performance. Per questi motivi, AlmaLaurea intende proseguire sulla strada dell'approfondimento delle tecniche di stima del valore aggiunto. Nella convinzione che il sostegno alle eccellenze, che nei fatti ispira l'idea di valutare il sistema universitario, non comporta necessariamente la rinunzia ad un sistema universitario socialmente inclusivo.
E' peraltro evidente che per valutare gli atenei a parità di condizioni, occorre potere fruire di un meccanismo di rilevazione esteso a tutto il sistema universitario. A questa filosofia sembrano ispirarsi il D.M. 30 aprile 2004, che assegna ad AlmaLaurea il compito di realizzare l'anagrafe dei laureati, il pronunciamento del Parlamento che invita il Governo a valorizzare l'esperienza di AlmaLaurea e la programmazione triennale del MIUR che indica in AlmaLaurea il referente in materia di dati sull'inserimento occupazionale dei laureati. I benefici di questo rafforzamento del quadro informativo vanno oltre la mera questione della valutazione da parte dell'ANVUR e spaziano dal potenziamento delle attività di orientamento, di job placement, di monitoraggio interno, di valutazione e autovalutazione dell'offerta formativa delle università, al miglioramento generale del quadro informativo all'interno del quale famiglie e imprese effettuano le loro scelte e definiscono le loro politiche del personale.

La qualità degli studi

Un'ultima considerazione riguarda la qualità degli studi. Un aspetto cruciale, assai dibattuto a livello internazionale, intrinsecamente connesso all'ampliamento dell'accesso all'istruzione superiore e che ruota attorno all'interrogativo: istruzione di massa uguale minore qualità, dunque – paradossalmente – aumento delle diseguaglianze in termini di opportunità formative. Un dibattito di grande rilievo soprattutto per il futuro dei paesi più avanzati, già con alti tassi di scolarizzazione superiore, e per quello dei paesi emergenti, impegnati in un tumultuoso recupero del ritardo. E' evidente che anche in Italia è opportuno che si pongano riflessioni analoghe sulla qualità della formazione; senza dimenticare che siamo una realtà a bassa scolarizzazione universitaria delle generazioni più adulte, con un ritardo consistente a livello internazionale dei paesi più avanzati anche della fascia di età più giovane e che ancora oggi l'appeal per gli studi universitari non contagia che 29 diciannovenni su cento! Investire di più e meglio nell'istruzione di terzo livello e in ricerca non può che essere l'obiettivo a cui tendere. Per garantire un futuro alle giovani generazioni capaci e meritevoli, al mondo produttivo impegnato a competere sui mercati internazionali, all'intero Paese.







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