Siamo sotto il segno dell’urlo di Munch ?
Data: Sabato, 02 giugno 2012 ore 04:00:00 CEST
Argomento: Redazione


l'Urlo di MunchNon mi riferisco ad un segno zodiacale, da credente non “credo” ai segni dello zodiaco, in quanto è scritto che l’uomo deve rivolgersi al Creatore e non andare dietro ad atti divinatori, magici, che non portano a nulla, anzi deviano ancor di più la  mente dell’uomo. Comunque, voglio fare una “similitudine” tra l’ottima arte del pittore norvegese, Edvard Munch (1863 – 1944), massimo esponente della generazione “simbolista”, che dopo lunghe permanenze in Francia, Italia, Germania, rientrò definitivamente in Norvegia dopo essere stato colpito da una crisi nervosa, dopo la quale la sua pittura subì una profonda “mutazione”. Il “programma” di Munch consisteva nell’esigenza simbolista di elevare al “livello della sacralità” lo spettacolo delle vicende quotidiane. Nei dipinti di Munch vi è un misto tra misticismo ed erotismo. Nel “simbolismo” di Munch è presente il “pathos” e vi sono tre componenti nelle sue opere: la preoccupazione sociale, l’erotismo, il misticismo.
Volendo fare un “excursus” sulla preoccupazione sociale, nel famoso quadro l’“urlo” (grido) di Munch (1895), considerato come l’esempio tipico, si possono individuare, almeno, tre caratteristiche: la linea ondulata, i colori piatti ed irreali, il “pathos” esasperato.
Nel “pathos” vi è lo sguardo spento ed il “grido” strozzato e rantolante. Sia lo sguardo che il “grido” esprimono una profonda angoscia, un tremendo disagio, una “disperata” disperazione.
L’Artista norvegese si servì graficamente di forme simili ad onde per suggerire (ecco la similitudine) l’idea dell’urlo (del grido), a differenza dei poeti che, per suggerire effetti analoghi, usano la tecnica della “onomatopea” (parole che col loro suono evocano l’immagine).
Ed ecco il “simbolismo” di Munch, ecco i suoi segni, ed ecco il “segno dell’urlo di Munch”, quello sguardo spento nel vuoto, quel grido angosciato. Non ci “fa vedere” il periodo che stiamo attraversando ?
In questi tempi vi è una profonda preoccupazione sociale, c’è bisogno di sicurezza che si traduce anche in un bisogno di legalità.
Una nota sindacalista, in questi giorni, ha dichiarato: “Occorre ridare speranza, altrimenti il disagio si trasforma in disperazione”.
Disagio, cioè mancanza di benessere psichico, sociale, morale; necessità di avere sicurezza individuale e collettiva.
Quando il disagio esplode nella sua massima forma, diventa disadattamento, cioè, incapacità di un soggetto ad inserirsi (o reinserirsi) nella realtà sociale. Ecco “l’urlo di Munch”.
Assistiamo ogni giorno a grandi instabilità sociali ed economiche, ad azioni terroristiche (vedi l’azione vigliacca di Brindisi) dove le “bestie” hanno colpito a morte una ragazza innocente, la piccola Melissa, e agiscono nell’ombra in cui stiamo “annaspando”. Uomini-bestie che non hanno rispetto nemmeno per i ragazzi che vanno a scuola.
Non ci sono più “valori”, non c’è più rispetto per la vita propria (vedi la catena di suicidi), né per quella degli altri, si ammazza e ci si ammazza anche per delle “futilità”.
L’Urlo di Munch ci vuole dire (ci dice): “Quanto siamo caduti in basso!”.
Io penso che, oltre al giusto bisogno di sicurezza sociale, individuale ed economica, ci sia anche l’esigenza di “recuperare” l’armonia interiore, perché oltre al disagio esteriore che si esprime nel rapporto con gli altri (famiglia, luogo di lavoro, comunità), c’è il disagio che colpisce l’interiorità dell’uomo e che si esprime nello sguardo spento e nell’urlo di Munch. Ma – fatemelo dire – è scritto nel Libro del Profeta Geremia (Cap. 30, versetti 1-11): “Grido di terrore; di spavento; non di pace; gli uomini stanno disperati con le mani ai fianchi come donna che partorisce; tutte le facce sono diventate pallide. Ma Dio spezza il giogo e rompe le catene. Egli è col Suo popolo per salvarlo”.
Occorre, quindi, innanzitutto, trovare pace in noi stessi, le difficoltà sociali, ambientali ed economiche, passano e possono essere combattute se abbiamo la “forza d’animo” di non essere “turbati” nel profondo del cuore; possiamo sconfiggere il grido di terrore e di spavento solo se troviamo “la pace interiore” per trasmetterla anche agli altri, e questa pace la possiamo trovare se “afferriamo la speranza”, quella che ci viene “dall’Alto”, da Dio Nostro Salvatore e da Gesù Cristo Nostra Speranza.

Giuseppe Scaravilli
giuseppescaravilli@tiscali.it





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