Da insegnanti, cosa spiegare ai nostri ragazzi sull’attentato di brindisi?
Data: Giovedì, 24 maggio 2012 ore 04:00:00 CEST Argomento: Redazione
Napoli. Sono un’insegnante e, come me, penso, tutti gli
insegnanti si saranno trovati nella necessità di decidere “se dire”,
“cosa dire” e “come dire” qualcosa rispetto all’attentato di sabato 19
maggio, avvenuto dinanzi alla scuola “Morvillo – Falcone” di Brindisi.
Fare finta che nulla fosse accaduto, in ogni caso, non sarebbe stato
possibile: il mattino di lunedì i nostri ragazzi del Liceo si
aggiravano indecisi tra l’ingresso dell’istituzione scolastica e
l’interno dell’edificio. Sinceramente, data la vittoria del Napoli
domenica 20 nella Coppa Italia 2011-2012, qualcuno di noi ha
dubitato che volessero festeggiare. Non era così. Pur se napoletani e
quindi tifosi sfegatati della loro squadra, il loro pensiero andava a
quelle giovani “colleghe” di cui, nei primi momenti, si sapeva davvero
poco, ma che hanno poi assunto connotati più precisi: Melissa Bassi, la
16enne rimasta uccisa nell’attentato, Veronica Capodieci, la
studentessa rimasta ferita in maniera più grave rispetto a Vanessa – la
sorella maggiore – Selene Greco, Azzurra Camarda e Sabrina Ribezzi. In
breve tempo questi nomi già da sabato 19 hanno cominciato a circolare
su Facebook, prorompendo in quell’afflato mediatico caratteristico dei
giovani, per cui a quei nomi, in breve, sarebbero state associate
faccine sorridenti, volti di giovani come loro, trovatisi coinvolti in
affari più grandi di loro. Non è stato facile contenere l’agitazione e
provare a dirigerla: il preside ha deciso di permettere, dalle tredici
alle quattordici, un’assemblea straordinaria, allo scopo di fare sì che
i nostri giovani sconvolti potessero scambiarsi opinioni e decidere,
eventualmente, per una manifestazione da farsi l’indomani. Poi ce li
siamo trovati in classe quei ragazzi, più o meno consci dei fatti.
Penso che nessuno di noi si sia sentito in grado di svolgere davvero
“la normale attività didattica”, laddove sapevamo lottare con la morte
e con la sofferenza altri giovani allievi come i nostri. Qualche
chiarimento si è reso necessario, se tale può definirsi tentare di
trovare una logica all’inspiegabile. Nei giorni successivi si sarebbe
saputo che la criminalità organizzata, si è voluta staccare da
un’azione tanto feroce e, all’apparenza, senza motivazioni, facendo
sapere - alla gente e agli stessi inquirenti - che il suo obiettivo sia
prenderlo prima dello Stato per "fare giustizia". Certamente a loro
quella morte non fa pubblicità favorevole. Ma il paese di Mesagne,
paese di origine della maggior parte delle ragazze ferite e della
vittima, Melissa Bassi, non è un posto qualunque. In quel territorio di
circa 30mila abitanti è nata la Sacra Corona Unita, giacché, il 13
agosto del ’46, vi nacque quel Giuseppe Rogoli, considerato dagli
inquirenti il “fondatore” della Scu (Sacra corona unita, una
organizzazione mafiosa che ha il suo centro in Puglia e che ha trovato
negli accordi criminali con organizzazioni dell'est europeo la sua
specificità per innalzarsi e staccarsi dalle altre mafie italiane.) e
l’esplosione è avvenuta in contemporanea all’arrivo dell’autobus che
portava a scuola proprio i ragazzi di quel centro. Non possiamo
dimenticare che il 29 settembre 2010, nel corso dell'operazione dei
carabinieri del Ros denominata Calipso, fu arrestato il boss della
Sacra Corona Unita, Albino Prudentino e smantellato i vertici della
frangia brindisina della Scu, in particolare del “Clan dei mesagnesi”,
dominante nella provincia di Brindisi. Oggi, a distanza di giorni, si
comincia difatti a pensare che l’attentato di Brindisi fosse proprio
contro le ragazze di Mesagne. Tornando ai ragazzi del Liceo dove
insegno, vorrei poter dire che all’assemblea straordinario tenutasi
nella giornata, io abbia avuto le idee più chiare dei miei ragazzi.
Forse sì, sulle questioni inerenti alle logiche degli attentati, ma
certamente no, sull’immediato da farsi. Ma i nostri ragazzi si sono
saputi muovere bene. L’indomani erano presenti in delegazione, con il
permesso del preside, tra gli oltre mille studenti riunitisi alle
undici in assemblea in piazza del Gesù, mostrando così di essere
solidali con le vittime dell'attentato di Brindisi del 19 maggio. Tra
gli organizzatori il dirigente scolastico del liceo Pansini del Vomero,
Salvatore Pace, presenti in delegazione spontanea o concessa dai
presidi circa venti scuole partenopee. Circolava tra i giovani la
lettera del Ministro Profumo che recitava: “Alle studentesse e agli
studenti della scuola italiana. Care ragazze e ragazzi, vi scrivo come
Ministro, come padre ma soprattutto come italiano a voi che
rappresentate il futuro del nostro Paese…”, che ha suscitato alterne
reazioni. Mi hanno poi detto in proposito alcuni dei miei allievi
di quarta B:
- Gabriele. “La manifestazione era ben organizzata,
c’erano anche molti insegnanti, muniti di microfono, che hanno tenuto
discorsi sulla legalità. Hanno anche inserito citazioni di Spinoza.
Eravamo in molti, c’erano anche giovani universitari e rappresentanti
degli istituti di Napoli. Si insisteva nel dire che le manifestazioni
come questa sono importanti, perché hanno una giusta causa”.
Ivan. “Circolava la lettera scritta dal ministro
e le reazioni erano di vario tipo, non sempre favorevoli. Quindi è
partito il corteo, ma è sorto qualche problema perché nella stessa zona
c’era una manifestazione di protesta per il lavoro e ci volevano
dividere”.
Ida. “Proviamo un senso di rabbia perché Melissa
era innocente, così come le altre nostre compagne di Brindisi.”
Ivan. “Una sorella o un’amica per tutti noi”.
Chiara. “Io penso che più che
considerarla una sorella o un’amica di tutti fosse una persona in sé
che aveva il diritto di vivere”.
Ivan. “La manifestazione non era soltanto per le
ragazze ma in qualche modo anche contro lo Stato che non ci fa sentire
difesi. A scuola non si trovano argomenti simili, però ci dobbiamo
indignare perché all’informazione giornalistica non sembra vero di
poterne parlare per giorni.”
Antonio. “Sicuramente è una vergogna: ci privano
della libertà del nostro futuro”.
Il futuro. La libertà. Lo Stato che non difende ed in qualche modo non
offre certezze, lo Stato, di cui si può anche dubitare. Tutto questo
assieme alla volontà di essere vicini ai genitori della ragazzina che
ha perso la vita nell'attentato, a quella madre che, come dice Chiara:
“Sarà così disperata da fare qualsiasi cosa contro chi le ha ucciso la
figlia”. Concludono: “Abbiamo formato un corteo, circa a mezzogiorno e
mezza e, da piazza del Gesù e siamo andati alla Prefettura. Credo che
soltanto pochi siano tornati alle scuole. Volevamo tornare a casa, dove
ci sentiamo ancora sicuri”. A scuola non lo sono più.
Bianca Fasano
fasanobi@libero.it
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