Partitura per voce, Storia e passione
Data: Domenica, 20 maggio 2012 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Redazione


Leonilde CATANIA (gico). Con l’atto unico “Leonilde, storia eccezionale di una donna normale” Sergio Claudio Perroni ci consegna un testo civilmente potente quanto intimamente evocativo, capace di abbracciare gli eventi collettivi e la storia personale, le tragedie di una nazione e le sue rinascite, le sofferenze e le conquiste individuali: tutte declinate al femminile “Nilde Jotti”, figlia di concubini e di socialisti, “cresciuta in fretta perchè la fame fa crescere in fretta”.
Sui legni dell’Ambasciatori campeggia dunque sia la Jotti pubblica - e nel passaggio “dal dogma di Dio al credo dell’uomo” questa narrazione drammaturgica sprigiona tutta la forza della sua bildung - che privata: anche quella della relazione, scandalosa perfino “a sinistra”, con Palmiro Togliatti, il segretario del PCI, cui Leonilde rimarrà legata per sempre.

In una fascinosa stanza della memoria che la regia di Roberto Andò impasta tra buio, luce, voci e rumori - oggetti e cose sono sparse sulla scena senza ordine logico: e a dominarle è il feticcio del cappotto paterno - si susseguono i “tempi misti” dei ricordi della Jotti. Lo sdegno antifascista, la laurea, l’insegnamento, la lotta partigiana, la folgorazione dell’impegno politico: dai Gruppi di Difesa della Donna alla presidenza dell’Unione Donne Italiane, dal Partito Comunista all’Assemblea costituente, appena ventiseienne, fino alla presidenza della Camera dei Deputati.
Nel monologo Perroni ha saputo aggirare l’ostacolo rischioso dell’agiografia condensando nel flusso di coscienza della protagonista (Michela Cescon ne accoglie tutte le sfumature, della donna e della pasionaria impegnata) delineando quasi una “virgo” laicamente connotata: insomma una Griselda moderna sul cui corpo e sulle cui sofferenze, sulla cui dignità e sulla cui forza si leggono anche tutte le contraddizioni italiane: e le recenti esternazioni della Santanchè capace di coniugare con un’acrobazia ideologicamente improponibile Botteghe Oscure e i bunga bunga la dice lunga sulla necessità di questo teatro.
Chi poi tentasse abbordaggi con il pluripremiato “The Iron lady” farebbe torto a questa “Leonilde” e alla sua interprete: se nel primo la figura della Thatcher era minuziosamente “replicata” nella mostruosa interpretazione di Marylin Streep, nello spettacolo dello Stabile la Cescon segue le tracce intime della Jotti fluttuando nei suoi ricordi, restituendocela viva e presente. E l’ossimoro dello stesso Perroni che la condensa - ovvero “quell’agguerrita soavità” - ci pare esprima magnificamente tutta la densità della vita eccezionalmente normale di questa “signorina onorevole”. Ma “con tutta la tenacia” che ancora le restava, come scrisse proprio la Jotti poco prima di morire.

Giuseppe Condorelli
condorg@tiscali.it





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