Partiamo da lontano ....
Data: Venerdì, 11 maggio 2012 ore 10:00:00 CEST
Argomento: Opinioni


Lettere in redazione,
Partiamo da lontano: chi ha meno di 40 anni  alle elementari, non sempre ma spesso,  ha letto “Cipì”, di Mario Lodi, anche  come lettura collettiva in prima o seconda. Un vero romanzo di formazione, seppure in miniatura. Ma soprattutto lo specchio di un pensiero che per molti anni ha attraversato la scuola pubblica italiana, quello del  Movimento di Cooperazione Educativa.
C’era la pedagogia Freinet, inventata in Francia: l’idea della tipografia a scuola, del giornalino, del testo libero, di una scuola fondata sull’attività del bambino e non soltanto sull’ascolto. E c’era in Italia quello stesso fermento intellettuale che nel cinema era rappresentato dal neorealismo, nelle arti visive dai vari Guttuso, Vedova e tanti altri, nella letteratura da Primo Levi, Vittorini  e Calvino.  Comunisti ? Sì, per la maggior parte, ma protagonisti di quell’atteggiamento culturale ben rappresentato dalla polemica fra “Il Politecnico” di Vittorini e Palmiro Togliatti (“Può un intellettuale suonare il piffero per la rivoluzione ?”).
 Tutte cose che nessun paese dell’est avrebbe accettato al suo interno, men che meno la Russia di Stalin. Tutte cose che entrarono in modo vivo nel dibattito intellettuale del Partito Comunista Italiano (e, più avanti, negli anni ’70, dei gruppi della nuova sinistra). Furono, se vogliamo, i fondamenti, di quel pensiero eretico che venne tradotto da Berlinguer nei termini dell’ “eurocomunismo”.
Bene: cosa c’entra l’uccellino Cipì con tutto questo ? C’entra, perché l’Mce fu una scuola di libertà, dove del pensiero socialista rimaneva l’attenzione agli ultimi e l’anelito alla trasformazione sociale (fermo restando che non erano, e non sono, tutti politicamente omogenei gli iscritti all’Mce).  E fu una scuola molto grande, che arrivò alla maggioranza degli insegnanti italiani, specialmente della scuola primaria e dell’infanzia.  L’altro grande veicolo per arrivare a tutta la scuola italiana, soprattutto quella di base, fu l’enorme produzione letteraria di Gianni Rodari.
La scuola italiana sta affrontando oggi una necessità di rinnovamento, di fronte alla quale letture ideologiche sembrano stantie. Prevale spesso lo specialismo, che è una giusta (ma non unica) chiave di lettura della realtà.  Al bambino dislessico, a quello con ritardo mentale, a quello affetto da disturbi autistici  serve senz’altro la chiave di lettura dello specialista. Ma serve anche che fra tutti i bambini si diffondano quelle pratiche che sembrano  destinate questi bambini , perché tutti (compresi i “normali”) hanno bisogno di manipolazione, pittura, canto, psicomotricità, e anche di informatica.

Lorenzo Picunio
picunio@yahoo.it





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