Se la scuola insegna anche a perdere
Data: Sabato, 21 aprile 2012 ore 08:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La scuola, anche attraverso lo sport, deve insegnare ai ragazzi a saper perdere. E gli studenti devono alzarsi in piedi quando entra il professore. Anzi sarebbe meglio che si alzassero sempre di fronte all'arrivo di un adulto. Questa la ricetta old fashion di David Cameron per migliorare la disciplina nelle scuole.
Forse per il governo conservatore inglese in piena crisi d'immagine questo di Cameron è soprattutto un disperato tentativo di recuperare punti per i tories, che i sondaggi danno al minimo storico, più che un reale interesse nel valore dell'education. Ma di certo si inserisce nel solco di una generale voglia di disciplina tra i banchi che è partita proprio dall'Italia.
Oltretutto nel Paese che vanta i college più prestigiosi e che ha rinunciato, malvolentieri, alle pene corporali sugli alunni soltanto pochissimi anni fa, nel 1986, la ricetta «tutti in piedi» di Cameron appare non adeguata a risolvere i problemi di una scuola, quella pubblica, di scarsa qualità e penalizzata oltre che da gravi fenomeni di bullismo anche dall'assenteismo dei ragazzi fin dalla scuola dell'obbligo. Un assenteismo che Cameron pensa di combattere esercitando maggior severità prima di tutto con le famiglie dei ragazzi. L'ipotesi del governo infatti è quella di trattenere l'indennità (versata settimanalmente per ogni figlio per i meno abbienti) alle famiglie che non fanno rispettare l'obbligo scolastico ai loro ragazzi. Insomma se un alunno non va a scuola il problema va risolto dalla famiglia altrimenti niente assegno di circa 30 euro a settimana. Ipotesi che ha suscitato reazioni negative mentre quella del «tutti in piedi» ha provocato più reazioni sarcastiche.
E in Italia? Che cosa succede nelle classi? Sul fronte rigore e disciplina l'ex ministro, Mariastella Gelmini, ha avuto più coraggio di Cameron. Pur sotto un diluvio di critiche ha ripristinato nel 2008 il valore del voto in condotta con conseguente bocciatura in caso di insufficienza. Dopo iniziali resistenze è risultato evidente che il voto di condotta e le sanzioni introdotte per i comportamenti più gravi, ovvero la sospensione o addirittura l'espulsione in caso di atti di bullismo in classe, sono servite da deterrente e hanno fornito ai docenti uno strumento in più per arginare e controllare quelli che sono veri e propri atti di teppismo. I ragazzi si alzano in piedi quando entrano gli insegnanti? Indossano il grembiule? Dipende: nel nostro paese la libertà di insegnamento è tutelata dalla Costituzione e dal 2001 vige l'autonomia per gli istituti scolastici dunque sono maestri e professori a decidere insieme al dirigente scolastico quali regole di comportamento imporre ai propri studenti.
Dopo il giro di vite imposto dal precedente governo ora però sembra cominci a soffiare un'aria diversa. E non soltanto in Italia. Nelle ultime settimane infatti si è parlato di scuola ad esempio per protestare contro l'eccesso di compiti assegnati a casa. Una polemica partita dai genitori francesi ma sulla quale si è detto d'accordo anche l'attuale ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo, che ritiene opportuno «limitare i compiti di tipo tradizionale», stimolando i ragazzi anche attraverso diverse forme di partecipazione.
Non solo. É stata messa in dubbio anche la validità dell'assegnare voti bassi o addirittura voti in assoluto insieme alle bocciature. Dal Berchet di Milano è partita la proposta di cancellare i voti inferiori al 4 perchè ritenuti troppo frustranti ed umilianti per i ragazzi.
In questo quadro quindi l'altra proposta di Cameron, ovvero quella di insegnare ai ragazzi a perdere e a confrontarsi con l'insuccesso, appare in decisa controtendenza e comunque più ricca di spunti degni d'attenzione.
«Occorre insegnare sport attraverso i quali i ragazzi imparino che cosa significa ottenere un successo ma anche che cosa vuol dire affrontare un fallimento», ha detto Cameron. Ed è più o meno questo che dovrebbe essere il senso dell'assegnazione dei voti e di una eventuale bocciatura, Certamente non una punizione ma un passo avanti rispetto alla consapevolezza delle proprie capacità, delle mete conquistate e di quelle che ancora vanno raggiunte.

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