Al Politecnico di Milano unica lingua inglese nell'offerta formativa magistrale
Data: Giovedì, 12 aprile 2012 ore 08:39:04 CEST Argomento: Rassegna stampa
Il processo
di anglificazione dell’università italiana ha fatto il suo salto di
qualità al Politecnico di Milano. Qui, dal 2014, «l’intera offerta
formativa magistrale», vale a dire biennio finale e dottorati, saranno
«erogati» in lingua inglese. Detto - ancora per poco - in italiano,
significa che dopo il triennio di base non ci sarà più il «doppio
binario» dei corsi nelle due lingue ma solo nell’inglese. Docenti e
studenti hanno due anni di tempo per prepararsi, poi chi si iscriverà
all’ateneo milanese saprà a che cosa va incontro.
In realtà chi studia al Politecnico sa che si tratta solo
dell’accelerata finale di un processo di internazionalizzazione
iniziato da qualche anno e fortemente voluto dal rettore Giovanni
Azzone come «contributo alla crescita del Paese». «L’Italia può
crescere solo se attrae intelligenze, visto che non può contare sulle
materie prime», sostiene il rettore, che quindi si pone come obiettivo
quello di «formare capitale umano di qualità in un contesto
internazionale per rispondere sia alle esigenze delle imprese sia a
quelle degli studenti che vogliono essere “spendibili” sul mercato del
lavoro mondiale».
Il motivo di questa scelta radicale, dunque, sarebbe duplice: attrarre
studenti stranieri di qualità interessati al nostro Paese ma che oggi
non verrebbero per via della barriera linguistica; e attrezzare gli
studenti italiani - soprattutto quelli che non avrebbero la possibilità
di studiare all’estero - a lavorare (magari anche per aziende italiane)
nel mondo.
A sentire il rettore, il riscontro da parte degli studenti, stranieri e
italiani, è stato positivo. Quanto ai professori, il Senato accademico
si sarebbe espresso per il sì a larghissima maggioranza. Le voci
contrarie non mancano, ma questi due anni di transizione serviranno a
tutti per prepararsi al transito. «Per i professori abbiamo attivato un
piano formativo e chi ritiene di dover migliorare potrà farlo», spiega
il rettore Azzone, «i nostri docenti sono abituati al contesto
internazionale ma anche per me, come professore, so che sarà più
faticoso insegnare in inglese che in italiano». Quanto agli studenti,
il Politecnico studierà convenzioni vantaggiose perché i ragazzi
possano approfondire la lingua durante il triennio.
L’investimento sarà importante: 3,2 milioni di euro per attrarre un
corpo docente internazionale (15 professori, 30-35 post-doc, 120
visiting professor). Del resto, l’internazionalizzazione già avviata ha
permesso al Politecnico di attrarre più studenti stranieri: dall’1,9%
del 2004 sul totale degli iscritti, al 17,8 del 2011.
Questo sprint finale, però, ha spiazzato e sconcertato non poco molta
parte del mondo accademico, e non solo quello dei cultori della «lingua
di Dante»; anche se questi, ovviamente, sono i più preoccupati.
A fine mese l’Accademia della Crusca terrà una tavola rotonda sul
quesito «Quali lingue per l’insegnamento universitario?» a cui
parteciperanno intellettuali di estrazione non solo umanistica ma anche
scientifica e giuridica. Una delle obiezioni più forti all’idea stessa
dell’operazione è infatti che il passaggio totale da una lingua
all’altra in ambito universitario si trasformi in sostanza in un
«trapasso» per la lingua madre (soprattutto nell’ambito del sapere
tecnico-scientifico), che avrebbe conseguenze negative anche nel
processo della produzione del pensiero e della ricerca. Il linguista
Tullio De Mauro, invece, ha contestato l’operazione sia per il fatto
che coinvolge «un’intera facoltà», sia perché tutto questo avviene non
in un’università privata, ma in quella pubblica. E, in cauda venenum:
«Non aiuta a migliorare la conoscenza della lingua madre; e questo ha
effetti negativi sull’intelligenza».
"L’OBIETTIVO «Rispondiamo alle esigenze delle imprese e dei giovani che
cercano lavoro sul mercato mondiale»"
"IL LINGUISTA Tullio De Mauro: «Iniziativa che non aiuta a conoscere
meglio il nostro idioma»"
Sara Ricotta Voza
LaStampa.it
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