«Gli scrittori meridionali banditi dalle antologie»
Data: Mercoledì, 11 aprile 2012 ore 13:00:33 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Leonardo Sciascia Nei scorsi giorni le pagine di alcuni dei maggiori quotidiani nazionali e il web sono stati martellati dalla polemica sollevata dal "ritrovamento" e dall'analisi di un decreto del Ministero dell'Istruzione risalente al dicembre 2010, il numero 211, e contenente le linee guida destinate ai docenti della scuola superiore.
In tale decreto, come gridato a grande voce da Grande Sud, sarebbe contenuta una "epurazione" di autori siciliani e meridionali, quali Sciascia, Quasimodo, Vittorini e Silone, dal nostro '900 letterario. Grande Sud, in un comunicato stampa ampiamente circolato anche in rete, si appella al ministro Profumo affinchè ponga rimedio a questo ennesimo scivolone compiuto dall'ex ministro Gelmini.

Fin qui la cronaca. Ma il nocciolo della questione sta soprattutto nello stabilire su quale terreno e in base a quali principi tale polemica e tale rivendicazione debbano o meno essere portate avanti. Il decreto nella sua interezza recita: "L'incidenza lungo tutto il Novecento delle voci di Pascoli e D'Annunzio ne rende imprescindibile lo studio; così come, sul versante della narrativa, la rappresentazione del "vero" in Verga e la scomposizione delle forme del romanzo in Pirandello e Svevo costituiscono altrettanti momenti non eludibili del costituirsi della tradizione del Novecento". E prosegue: "Dentro il secolo XX e fino alle soglie dell'attuale, il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un'adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello)". (ma ci vorrebbero diciotto mesi di anno scolastico!). In effetti, per quanto concerne la letteratura del '900, è fuor di dubbio che sia per quanto riguarda la poesia sia per la prosa, sono evidentemente assenti i riferimenti agli autori meridionali. Ma bisogni dire anche che - e d'altronde non poteva che essere così - poco sopra si leggono i nomi di due autorevoli rappresentanti "del Sud" quali Giovanni Verga e Luigi Pirandello, definiti peraltro fondamentali per "il costituirsi della letteratura del Novecento".

E allora, il discrimine tra la prima inclusione e la seconda epurazione starebbe - davvero banalmente - nella provenienza geografica o non piuttosto in un ben più alto, profondo e tecnico problema di canonizzazione degli autori del nostro Novecento?
Una domanda alla quale cerca di rispondere il prof. Antonio Di Grado, ordinario di letteratura italiana presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, critico e studioso che negli anni ha prodotto anche importanti saggi sulla letteratura di Federico De Roberto, Vitaliano Brancati e Leonardo Sciascia e che ha dunque tutte le caratteristiche per essere definito un esperto in materia.
«Il punto - spiega il prof. Di Grado - è innanzitutto quello di non rivendicare con orgoglio separatistico gli scrittori siciliani, ma l'italianità dei poeti e dei romanzieri siciliani e meridionali e il contributo apportato all'intera letteratura nazionale post-unitaria.
«Di base - continua - dobbiamo inoltre aggiungere che dobbiamo fare i conti con un errore della critica che la nostra scuola sta ancora pagando, ovvero il fatto che autori come Brancati o Sciascia siano stati esclusi dal canone della letteratura italiana del Novecento, elaborato da Gianfranco Contini».
Insomma, le ragioni di tale pur evidente esclusione non possono essere ridotte a un campanilismo regionalista, pena il rischio di banalizzare la stessa produzione romanzesca e saggistica di un Vittorini o di uno Sciascia, il cui valore si riflette sull'intera letteratura e cultura nazionale.

«La grandezza di Brancati prescinde dal fatto che sulla sua carta d'identità ci sia scritto "nato a Pachino"" - chiosa la dott. Anna Carta, assegnista specializzata in letteratura brancatiana, nonché docente di italiano e latino alle scuole superiori -. Il problema della ricezione di tali autori affonda le proprie radici in un problema di canone del Novecento. Ovvero, semplificando, di quali autori debbano o non debbano essere studiati». Problema che non coinvolge soltanto i "sommersi", ma anche i "salvati" Zanzotto, Caproni o Fenoglio, cui nei manuali di letteratura sono dedicate appena poche pagine quando non addirittura poche righe, a dimostrazione della mancata piena canonizzazione del Novecento letterario.
Vista nell'ottica di una polemica superficiale - e a seconda delle lenti indossate - anche la presenza di Pasolini o di Pavese nelle indicazioni ministeriali dell'ex governo potrebbe apparire quanto meno insolita. Per non parlare del fatto che sia le linee guida sia qualsivoglia polemica non fanno sufficientemente i conti con la realtà. Ovvero, in primis, con il fatto che all'ultimo anno di liceo - come sanno professori, studenti ed editori - è già un'utopia arrivare fino a Montale o Saba. E in secundis che i danni apportati dalla Gelmini al Sud e alla Sicilia vanno ben oltre la formulazione dei programmi.

Alessandra Belfiore
La Sicilia





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