Quegli errori di italiano che i prof non correggono
Data: Sabato, 07 aprile 2012 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


È da molti anni che il professor Luca Serianni è impegnato non solo nello studio accademico ma nella difesa militante della lingua italiana. Egli fu tra i pochi che aveva riconosciuto aspetti positivi nella proposta, risalente al 2005, di un “Consiglio superiore della lingua italiana”, in mezzo alle aspre critiche dei linguisti timorosi che il nuovo organismo esprimesse “un disegno di carattere prettamente politico, omogeneo a una concezione di società che prevede il controllo politico anche di un importante ambito delle libertà della persona, come i diritti linguistici, prospettando un marchio ideologico all’educazione linguistica”.

Serianni si rendeva conto già allora del rischio assai attuale che si perdesse “il contatto con un lessico che per dignità semantica e spessore intellettuale supera il parlato quotidiano in cui siamo immersi per strada, ascoltando i grandi mezzi di comunicazione audiovisiva o girellando nei ‘canali chiacchiera’ in rete”. Rischio che nemmeno la scuola pare contrastare: nell’ottobre 2006 uscì un documento congiunto delle Accademie dei Lincei e della Crusca, Lingua italiana, scuola, sviluppo, nel quale si lamentava tra l’altro la scarsa incidenza dell’insegnamento scolastico sulla padronanza della lingua materna. Purtroppo è sistematico che anche gli editori, che dovrebbero promuovere la cultura, invitino i loro autori a scrivere con un lessico assolutamente piano e prevedibile (che si tratti di narrativa o di testi scolastici). Eppure – come scriveva ancora Serianni – “è deleterio proporre a giovanissimi studenti solo testi elementari, ad usum puerorum, col proposito di eliminare il necessario sforzo, e anche la noia e la fatica sovente connessi al mestiere dell’apprendimento”. La conseguenza della semplificazione è che la comprensione dei testi scritti è diventata ardua, e in particolare il lessico posseduto dai nostri studenti è insufficiente persino a leggere un quotidiano nazionale. Scelte culturali discutibili quindi, giacché “il cimento – l’attrito avrebbe detto Graziadio Isaia Ascoli – con un testo scritto in una lingua diversa da quella più spontanea ha sempre un forte potenziale educativo”. L’allarme è ormai presente all’opinione pubblica, anche se solo a scadenze dettate dagli scoop.

Nei giorni scorsi è uscito il terzo Rapporto Invalsi sulla prima prova all’esame di Stato della scuola superiore, intitolato Rilevazione degli errori più diffusi nella padronanza della lingua italiana nella prima prova di italiano. Il progetto quest’anno ha avuto come coordinatore scientifico proprio Serianni e come “correttori” non degli insegnanti bensì un gruppo di sei laureati iscritti ai corsi di laurea magistrale di Letteratura e Lingua. Il campione di prove scritte è stato esaminato utilizzando la scheda di correzione elaborata dall’Invalsi e dall’Accademia della Crusca in precedenti edizioni del progetto, ma focalizzando l’attenzione sulle tipologie di mende che si presentano più di frequente negli elaborati e articolando la scheda in descrittori di errore e non di “prestazione”.

di  Daniela Notabartolo
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