Compiti a casa, problema aperto
Data: Lunedì, 02 aprile 2012 ore 11:07:06 CEST
Argomento: Redazione


dislessia Due settimane senza compiti a casa per i ragazzi delle scuole francesi è la proposta provocatoria dell’ICEM (Institut Cooperatif de l’Ecole Moderne-Pedagogie Freinet), per protestare contro i compiti a casa assegnati ai bambini delle scuole elementari, in quanto ritenuti “inutili e ingiusti”.
In un recente incontro scuola famiglia i rappresentanti dei genitori hanno chiesto ai professori di non assegnare compiti durante le vacanze di Pasqua, perché secondo alcune mamme: i compiti rovinano le vacanze della famiglia”. (per coloro che se le possono permettere!)

Il dibattito è oggi aperto sui giornali e sono tanti coloro che si atteggiano a pedagogisti e psicologi nel sentenziare e schierarsi per il si o per il no, ricercando e trovando svariate motivazioni. Finora li abbiamo sempre fatti e come dice il Presidente Napolitano “di studio non ci si ammala”, ma oggi i tempi e le esigenze sono diverse, come molteplici sono le opportunità di conoscenze e di informazioni che prima avevano come una unica e primaria fonte la scuola e la lezione.
Il problema resta aperto in quanto, come dice Benedetto Vertecchi, ordinario di pedagogia sperimentale all’Università di Roma 3 e già presidente dell’Invalsi, “L’Italia non è la Francia, dove i programmi sono stati predisposti con l’esplicito intento di consentire agli alunni di imparare quasi tutto in classe”, e pertanto il tempo scuola in Francia è prolungato per tutte le classi, mentre in Italia prevale sempre più il tempo normale di 30 ore con delle isole rare di “tempo prolungato” per la scuola media (36 ore) e di “tempo pieno” (40 ore) per la scuola primaria, specie per le regioni meridionali.

La saggia proposta di Davide Guarneri, presidente dell'Associazione italiana genitori (Age), il quale sostiene “soluzioni personalizzate per gli alunni, a seconda delle loro esigenze e attitudini”, concordate tra la scuola e i genitori, sembra coniugare le diverse esigenze. Certamente gli alunni che frequentano la scuola a tempo pieno, dovrebbero essere completamente esentati da compiti domestici e come nella nostra esperienza, già attuata da alcuni anni, vengono assegnati per casa soltanto dei piccoli esercizi da completare o da ripetere come rinforzo e sostegno all’apprendimento e vengono pertanto “ridotti all’essenziale in modo che i bambini li eseguano presto e da soli” come sostiene la psicologa Silvia Vegetti Finzi.
Nel processo di apprendimento i compiti a casa, lo studio individuale, la lettura di un libro sono esercizi necessari ed indispensabili per assimilare conoscenze e sviluppare competenze. Non sempre, infatti, la classe consente un proficuo apprendimento, per non parlare poi di alcune ore lezioni poco funzionali e per nulla produttive.

Sulla questione dei compiti a casa è intervenuto anche il ministro dell’istruzione Francesco Profumo, secondo il quale sarebbe opportuno limitare “i compiti di tipo tradizionale” e, considerando che le forme di partecipazione degli studenti sono diverse, si possono dare stimoli senza che siano propriamente compiti”, in un’ottica ancora lontana di ampia e diffusa utilizzazione delle nuove tecnologie nella didattica disciplinare e nelle dotazioni delle scuole e delle classi dei moderni strumenti interattivi multimediali.
Per conseguire l’obiettivo di un apprendimento efficace, occorre inoltre che sia efficace l’impianto preparatorio della lezione, senza tempi vuoti, ma ben intersecato nelle diverse fasi della metodologia del “cooperative learning”, che promuove le diverse operatività della lettura e rielaborazione personale della consegna predisposta dal docente e quindi della socializzazione, ripetizione e confronto nel lavoro in coppia , a gruppi di quattro e nell’intergruppo finale.

Se la lezione in classe è stata produttiva lo studio individuale ed i compiti a casa risultano “leggeri” e di facile esecuzione, non così quando vengono soltanto “assegnati” senza essere stati proficuamente “insegnati”. La soggettività ed i ritmi di apprendimento degli studenti non possono restare chiusi nella rigidità di una norma che si pretenderebbe uguale per tutti e come proposta di minimo sforzo.
Le vacanze interrompono il ritmi della routine ordinaria, ma non dovrebbero atrofizzare l’esercizio della mente e lo studio individuale va in questa direzione, peccato che non sempre e non tutti se ne rendono conto.

Giuseppe Adernò
direttore Aetnanet.org





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