Sapere leggere per saper scrivere
Data: Domenica, 01 aprile 2012 ore 18:58:15 CEST Argomento: Redazione
Ci si chiede da tempo dove va la nostra lingua. Non solo i linguisti, ma anche gli insegnanti se lo chiedono quando correggono gli scritti dei loro allievi. Nonostante nell’ultimo Garzanti siano state registrate più di 3000 voci, paradossalmente il lessico dei giovani risulta impoverito e appiattito; la ricchezza lessicale dell’italiano sembra oramai optare a favore di un vocabolario omogeneizzato – per dirla con Pasolini – spesso oscuro, impreciso e banale. I giovani studenti ( ma non solo loro), trovano sempre più difficoltà ad organizzare un discorso scritto che abbia i requisiti di un testo, cioè di un insieme di segni che acquistano valore all’interno della struttura linguistica dal rapporto logico-grammaticale che si instaura fra essi. Spesso ci troviamo di fronte a elaborati che appaiono non solo poveri di contenuti ma, ancor peggio, disorganici e mal connessi. Evidentemente l’arte dello scrivere è “arte difficilissima da acquistare”, e le sole conoscenze grammaticali, pur necessarie, non sono sufficienti. Per apprendere l’arte della scrittura bisogna passare dalla grammatica della frase alla grammatica del testo. Ma per capire la grammatica del testo bisogna in primo luogo sapere leggere. Ecco il punto: prima di insegnargli a scrivere è più utile che l’alunno impari a leggere, a sapere leggere. Già Seneca lo raccomandava: lectio diligens ad scribendum parat ! Naturalmente non “cuiuslibet libri lectio alit mentem“ ma quella dei buoni libri, della buona letteratura. Allora, la lettura consapevole dei classici può rappresentare, oggi più che mai, di fronte alla dilagante società dello spettacolo fondata sul predominio delle immagini, non solo “ l’unica scelta di civiltà che ci può aiutare a capire meglio noi e gli altri, ma anche, e soprattutto, lo strumento imprescindibile per poter dare ordine alle nostre idee e forza logica di ragionamento alla nostra scrittura. La letteratura dei classici, “è l’unica terra promessa - scrive I. Calvino - in cui il linguaggio diventa quello che veramente dovrebbe essere: ordine, precisione, nitidezza di immagini, incisività, resa delle sfumature del pensiero e della immaginazione. Sono questi i valori da difendere se vogliamo salvare i giovani da una “epidemia pestilenziale” che pare abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso corretto appropriato e civile della parola. Nuccio Palumbo antonino11palumbo@gmail.com
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