Gli obiettori dei contributi scolastici
Data: Lunedì, 26 marzo 2012 ore 15:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La circolare del ministero deve ancora arrivare e già fa discutere. «I contributi dei genitori nelle scuole statali - è scritto nella nota riportata anche sul sito del Miur - sono assolutamente volontari, anche in ossequio al principio di gratuità dell’istruzione inferiore, ribadito nella legge 296/2007. Pertanto alle famiglie sarà fornita la dovuta informazione, tenendoli ben distinti dalle tasse scolastiche che sono invece obbligatorie».
L’inchiostro della firma non è ancora asciutto, ma la sigla di Lucrezia Stellacci, capo dipartimento dell’Istruzione, chiude uno dei capitoli più spinosi della “finanza creativa” degli istituti d’istruzione, costretti a reperire fondi dai genitori per far fronte ai tagli del governo. Ma al tempo stesso la situazione rischia di complicare ancora di più la vita ai presidi, stretti tra l’incudine dei fondi in continuo calo e il martello delle esigenze didattiche. «Negli ultimi nove anni - riassume Roberta Pinelli, alla guida dell’Istituto Magistrale Sigonio - il bilancio è passato da 500 a 300 mila euro, mentre le classi sono salite da 26 a 38. E adesso abbiamo anche una sezione del liceo musicale. Il pianoforte ad esempio l’abbiamo comprato usato, ma abbiamo speso sempre 8 mila euro. In ogni caso il Consiglio d’Istituto ha deliberato una cifra ridotta per il primo anno, 60 euro, visto che si tratta di obbligo scolastico, mentre per il resto del quadriennio la quota è di 100 euro all’anno. Il totale è sostanzialmente uguale a quello degli altri istituti cittadini».

Ma la crisi morde e allora aumentano i casi di morosità, le richieste di rateizzazione e di aiuto alla scuola. «Per i viaggi d’istruzione - specifica ancora la professoressa Pinelli - c’è un contributo per chi si trova in condizioni disagiate e dimostrate con dichiarazione Isee. Bene, sinora non superavamo i tre, quattro casi all’anno mentre ora siamo già a 14 su 850 studenti». L’obiezione alle spese scolastiche si fa strada in maniera strisciante. Sempre più genitori cercano di far quadrare il bilancio tagliando tutto ciò che possono e le spese non obbligatorie per lo studio finiscono per rimetterci. Di più: scrivono direttamente a Roma, al ministero, per segnalare richieste fatte anche «in maniera intimidatoria». Di qui il chiarimento da parte del Miur che aggiunge: «Le risorse raccolte con contributi volontari dalle famiglie devono essere indirizzate esclusivamente ad interventi di ampliamento culturale dell’offerta culturale e formativa e non ad attività di funzionamento ordinario». Di fronte a questi diktat il preside dell’Istituto d’Arte Venturi, Eugenio Sponzilli, allarga le braccia: «I contributi dei genitori - osserva - a noi servono per acquistare i materiali essenziali per lo svolgimento delle lezioni in laboratorio. Sono materiali d’uso: se non avessimo quei fondi non potremmo neppure fare lezione. In ogni caso la risposta delle famiglie è sempre stata positiva, anche perché li informiamo passo per passo di come vengono spesi i soldi. Il fatto è che sin dagli anni Trenta è stato regolato il contributo delle famiglie nelle scuole che di volta in volta si è chiamato fondo cassa o contributo strordinario, ma oggi i tagli rendono difficile anche gestire l’ordinaria amministrazione. Il nostro sforzo è di renderne consapevoli i genitori per ridurre i conflitti».

La somma richiesta è di 140 euro all’anno, la più alta tra le scuole modenesi anche se di poco. La media di chi a fine anno non paga è di sette, otto famiglie su una popolazione scolastica di oltre un migliaio di alunni. Quest’anno però i ritardatari sono una quarantina anche se in presidenza si dicono sicuri di arrivare a fine anno con gli stessi numeri dell’anno passato. «Alternative non ce ne sono - conclude Sponzilli - I bilanci si fanno in anticipo contando sulle entrate complessive. La quota di chi non paga può essere ripartita sin quando si tratta di piccole cifre, ma se il ministero non ci viene incontro aiutandoci come potremo fare?». Silvia Menabue, da pochi mesi a capo dell’ex Provveditorato, smussa gli spigoli e porta la sua esperienza di insegnante, ex preside e di genitore: «Sono problemi che conosciamo bene - dice - I contributi volontari, come dice la parola, devono essere accessori alle tasse scolastiche e servono a migliorare il livello di qualità dell’insegnamento. Tutti devono sentirsi coinvolti per questo obbiettivo anche se mi rendo conto che le scuole tecniche, dove il peso dei laboratori è decisivo per l’apprendimento delle materie, si trovino più in difficoltà. Ad esempio all’Ipsia Corni, dov’ero preside sino all’anno scorso, ha chiesto 120 euro all’anno di contributo». Quota 90 (euro) diventa insomma una sorta di linea del Piave su cui scuole e presidi si sono attestati per non naufragare dai debiti. Questa è la cifra ad esempio indicata al liceo classico Muratori e allo scientifico Wiligelmo, oltre che al classico San Carlo. «Non abbiamo alternative - sospira la preside di quest’ultimo istituto, Christine Cavallari - Se non ci sono i contributi non arriviamo a fine anno con l’offerta formativa di oggi».

Saverio Cioce
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