Autonomia scolastica, la mancata applicazione della riforma - la legge 131/2003
Data: Giovedì, 15 marzo 2012 ore 09:00:00 CET Argomento: Redazione
Come è
facilmente intuibile, dopo l’approvazione della legge di riforma
costituzionale, si è posto il delicato problema di come raccordare la
legislazione ordinaria previgente ai nuovi principi costituzionali,
dando per scontato che la futura produzione legislativa sarebbe stata
coerente con il nuovo dettato costituzionale.
Del pari, operando la riforma una profonda redistribuzione delle
competenze in campo amministrativo, si poneva la questione del
passaggio da un Ente all’altro di interi settori della pubblica
amministrazione, nonché delle redistribuzione delle risorse,
finanziarie e di personale, necessarie alla gestione dei servizi.
Naturalmente, questi problemi riguardavano anche la scuola, uno dei
principali campi di intervento della Riforma Costituzionale.
La questione è stata affrontata e risolta dalla Legge 131/2003, la
cosiddetta “Legge La Loggia”, anche se forse è meglio dire che la
questione è stata risolta sulla carta, perché a tutt’oggi niente o
quasi è stato fatto nel concreto.
E’ importante comunque analizzare la Legge 131/2003, perché ha
individuato dei meccanismi snelli e praticabili per il trasferimento
delle funzioni, sempre ci fosse stata allora e ci sia oggi la mitica
“volontà politica”.
Questi i punti per quanto attiene la legislazione:
la normativa vigente, sia statale che regionale, rimane in vigore, fino
a diversa disposizione legislativa e fatte salve le pronunce della
Corte Costituzionale
nelle materie di legislazione concorrente, se lo Stato definisce i
principi fondamentali non c’è problema, ma se questo non avviene, le
Regioni possono ugualmente legiferare, desumendo i principi generali
dalle vigenti leggi statali.
Detto in altri termini, fatto salvo il principio che non è ammissibile
un vuoto legislativo, le Regioni godono di una potestà legislativa che
deriva loro direttamente dal dettato costituzionale: possono legiferare
da subito, senza bisogno di interventi da parte dello Stato, perché se
questi non si preoccupa di fissare i principi generali, le Regioni
autonomamente li possono desumere dalla legislazione statale vigente.
L’iniziativa autonoma delle Regioni poteva però creare una grande
confusione, per cui la Legge 131/2003 ha individuato una soluzione di
buon senso: è stata conferita al Governo la delega ad adottare uno o
più decreti legislativi, di natura meramente ricognitiva, tesi ad
enucleare i principi fondamentali dalle vigenti leggi statali su tutte
le materie di legislazione concorrente.
Inoltre, è stata conferita la delega anche per individuare le materie
ricadenti nella competenza esclusiva dello Stato.
La delega scadeva l’11 giugno 2006 e non è stata esercitata, la volontà
politica è mancata completamente.
Come sopra detto, c’era il problema non solo della potestà legislativa,
ma anche delle competenze amministrative e della redistribuzione delle
risorse, a norma dell’articolo 118 della Costituzione, perché è
evidente che senza mezzi non si fa niente; la Legge 131/2003 ha
affrontato anche questo problema.
E’ stata conferita al Governo la delega ad adottare uno o più decreti
legislativi in tema di:
- individuazioni delle funzioni fondamentali degli EE.LL., essenziali
al loro funzionamento e al soddisfacimento dei bisogni primari dei
cittadini
- revisione della normativa riguardante gli EE.LL., per adeguarla al
nuovo dettato costituzionale
Molto importante: tra i criteri direttivi per l’emanazione dei citati
decreti, c’era la precisa indicazione non solo della salvaguardia delle
competenze degli Enti di autonomia funzionale, ma era prevista
l’attribuzione di ulteriori funzioni.
Anche in questo caso nessun decreto è stato emanato; la delega è
scaduta il 31 dicembre 2005.
La Legge 131/2003 ha infine affrontato anche la questione del
trasferimento alle Regioni ed agli EE.LL. dei beni e delle risorse
necessarie all’esercizio delle nuove competenze loro attribuite.
Lo strumento individuato è quello del provvedimento legislativo, nella
forma di DDL collegato alla finanziaria, previo accordo da concludere
in sede di Conferenza unificata.
Nelle more dell’approvazione dei disegni di legge, lo Stato poteva
avviare i trasferimenti di beni e risorse per mezzo di decreti del
Presidente del Consiglio, ai sensi dell’Accordo raggiunto in Conferenza
unificata il 20 giugno 2002.
Niente è stato fatto neanche in materia di trasferimento delle
competenze amministrative.
La legge La Loggia è rimasta una legge fantasma, perché la maggioranza
politica che l’hanno prodotta e il Governo che doveva applicarla non ci
ha creduto, ha perseguito l’obiettivo di un Federalismo più incisivo
tramite una nuova Riforma Costituzionale che in effetti è stata
approvata ma, bocciata dal Referendum popolare, non è mai entrata in
vigore.
Del resto, è evidente che le due cose non si escludevano, ma la volontà
politica è stata diversa, nonostante i richiami ritualistici alla Legge
131/2003 di cui, ad esempio, anche nel D.Lgs 226/2005.
A parte le deleghe non esercitate, i punti fondamentali della legge
131/2003 rimangono comunque in piedi, perché immediatamente
applicativi, quali la facoltà riconosciuta alle Regioni di legiferare
sulle materie di legislazione concorrente assumendo la vigente
legislazione statale alla stregua di principi fondamentali o le
modalità di trasferimento di competenze e risorse dallo Stato e agli
EE.LL.
Pietro Perziani
perziani@libero.it
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