“Ragazzi, si copia”. Lezione di cattiva educazione
Data: Martedì, 13 marzo 2012 ore 06:00:00 CET
Argomento: Redazione


Marcello Dei, coautore con Marzio Barbagli di Le vestali della classe media (1969), ha pubblicato con Il Mulino il volume Ragazzi, si copia, il cui sottotitolo – A lezione di imbroglio nelle scuole italiane – costituisce il filo conduttore dell’analisi svolta nel volume e della tesi in esso sostenuta: copiare a scuola è il primo passo verso la formazione di cattivi cittadini.
La scuola che insegna l’onestà, la libertà, la coerenza, il rispetto, spesso distrae la sua attenzione dei fatti essenziali. Alcuni gesti ritenuti ovvi e ordinari entrano nell’ordinario delle azioni comuni per cui non se ne percepisce neanche la gravità e le conseguenze che nel tempo potranno determinare.
Copiare a scuola è stato un gesto di comune ordinari età da sempre , come tenere il libro sotto il banco durante l’interrogazione, scrivere nelle mani alcune formule, preparare la cartucciere per gli esami ed anche i futuri dirigenti negli ultimi concorso non sono stati meno attrezzati.
L’educazione di un tempo usava la formula “fato come vi dico io e non come faccio io” volendo distinguere la regola dalla prassi testimoniale e si è compreso che tale procedura a lungo andare non produce buoni frutti.
Nelle nostre scuole afferma Marcello Dei sin da piccoli si impara a imbrogliare, a non rispettare le regole, ad agire di sotterfugi, a nascondersi sotto il banco il telefonino e magari continuare a “messaggiare” durante la lezione e da sociologo sostiene che questi ragazzi da grandi saranno più inclini a evadere le tasse, a passare con il rosso, cercare raccomandazioni, saltare la fila agli sportelli, non allacciare la cintura di sicurezza. Le regole si apprendono sin da piccoli e si mettono in pratica con naturalezza.
Un bambino ad esempio, educato a non gettare la carta a terra conserva nella mano la carta della caramella finché non trova un cestino, Se tale messaggio non è passato in maniera costante, consapevole e convincente del bel progetto di “educazione ambientale” e rispetto della natura è rimasto ben poco.
Il volume di Dei, frutto di due approfondite ricerche, realizzate tra il 2004 e il 2009, condotte la prima su campioni di studenti del triennio finale di scuola secondaria superiore, e la seconda su alunni del primo ciclo (scuola media e quinta elementare), costituisce una ferma denuncia della cattiva educazione e del cattivo esempio che indirettamente la scuola avvalora e giustifica.
Quel che appare più grave, secondo la tesi dell’Autore, oltre all’ampiezza del fenomeno che si dilata ad ampio raggio su tutte le scuole e sull’universo istruzione, compresa l’Università , è il fatto che tale fenomeno è sottovalutato, anzi quasi per nulla considerato sia dagli insegnanti che dai dirigenti.
Anche i genitori sembrano più attenti ai fenomeni di bullismo e della droga che non a questa cattiva prassi considerata quasi un “peccato veniale” facilmente perdonabile perché lo fanno tutti e quindi “blandamente tollerato” sin dalla scuola primaria.
A volte il far copiare viene anche considerato atto di generosità verso il compagno più debole e spazio attivo di socializzazione all’interno del gruppo classe.
Se non si interviene su questi piccoli gesti come si fa ad insegnare la legalità, il rispetto delle regole, l’impegno personale nello studio?
Il monito che il volume intende trasmettere al lettore è quello di prendere consapevolezza del fenomeno e riconsiderare la rilevanza etico-politico-pedagogica della questione.
La convinta adesione del ‘Gruppo di Firenze’, nato qualche anno fa proprio per incoraggiare un maggiore impegno e serietà da parte di tutti gli operatori scolastici impegnati nel processo formativo è il primo esempio di condivisione e si auspica che anche le altre associazioni professionali si rendano parte diligente nel sostenere la campagna di buona educazione civica vera lezione di legalità e assunzione di impegni personali oltre che di lavoro individuale.
Ben vengano anche i lavori di gruppo, ma non sono esercizi di copiatura, anzi favoriscono la ricerca e tendono ad una rielaborazione in chiave personale.
Ed ecco che le vestali della classe media vigilano ancora saggiamente come nel 1969 sul processo formativo ed evidenziando un errore da evitare, suggeriscono di non attendere molto, prima che sia troppo tardi.
Anche se il termine inglese cheating adoperato nei College americani per favorire la meritocrazia, suona ad effetto e sembra quasi una tecnica positiva, la traduzione italiana corrisponde a “imbroglio” e nella nostra lingua tale espressione non è altrettanto bella.
Riprendi o scuola la tua dignità ed insegna la coerenza tra le parole e i fatti.

Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it





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