Dimensionamento, reggenze, pensionamenti coatti: qual è il senso?
Data: Giovedì, 08 marzo 2012 ore 20:24:25 CET
Argomento: Opinioni


Non ci si sofferma sulle condizioni in cui il tavolo tecnico della regione, da un anno, ha argomentato accorpamenti, riorganizzazioni, aggregazioni, fusioni, alla presenza di soggetti istituzionali e sindacali chiamati ad esprimere osservazioni e pareri, a contrattare le scelte, a dichiarare che a fronte delle delibere di giunta del Comune e della Provincia valeva di più la raccolta di firme del popolo.
Sarebbe ripetitivo confermare che specialmente sulla provincia di Palermo e Messina i criteri si sono deformati adeguandosi alle circostanze, ma non solo su tali province. Sono stati accolti i criteri che salvaguardano la scuola nei comuni montani scoprendo che ad Enna potevano restare tutte le scuole sottodimensionate essendo un comune montano ( ma non è questo lo spirito della legge) e che alcune cittadine della regione, note quali centri balneari, sono nell’elenco dei comuni montani. Si è scoperto nello specifico che esisterebbe più di un unico elenco al quale attingere quale portatore di diritti.
Ma anche i diritti delle minoranze linguistiche sono stati difesi attraverso accordi tra due sindaci di due comuni limitrofi, distanti le scuole, sperando che i successivi sindaci da eleggere abbiano la stessa vision.
Si è scoperto che nelle soluzioni non sono mancati evidenti calcoli su quante classi si sarebbero mantenute se le scuole non fossero state accorpate, con danni economici che non interessavano alcuno ma neanche riflettendo sul fatto che ogni scuola mantenuta nel sottodimensionamento corrispondeva ad un’altra scuola che si sarebbe dovuta accorpare per compensazione, perché la regione doveva garantire piuttosto il rapporto tra la popolazione scolastica ed il numero delle scuole.
Si è scoperto che anche le scuole sovradimensionate, per quanto da anni si conosca il forte affollamento di utenti, non possono costituire la possibilità di uno sdoppiamento, questo sì con implementazione di incarichi, perché non ci sono locali per farlo. Ancora una volta un sistema disistemato ed un vanificarsi delle condizioni dell’autonomia.
Pareri e proposte condivise al tavolo tecnico, che ricordiamo non ha poteri deliberanti, e poi modificate dall’assessorato regionale con propria responsabilità di scelta. Scelte e correzioni che hanno provocato opposizioni prima, poi interrogazioni parlamentari, infine il ricorso anche alla Corte dei Conti. A formalizzare le proprie posizioni contrarie sono istituzioni e genitori.
La DIRPRESIDI Scuola, convinta che occorre rivedere il sistema di interventi e le logiche a sostegno,  intende dare voce alla dirigenza per quelle responsabilità che nello specifico le scelte politiche comportano.
Un sistema che tuteli l’interesse comune infatti  non è garantito dalla scelta parziale di interessi, valida un anno, forse e poi si vede, ma da una pianificazione che prioritariamente deve interpretare le politiche di sviluppo e di tutela dei risultati del servizio pubblico.
Occorre dunque sottolineare che la salvaguardia di un presidio culturale formativo, definita scuola, in risposta ai diritti dell’utenza, è pura teoria se non si garantiscono le condizioni di gestione organizzativo-funzionale alla didattica ed alla amministrazione di quel presidio. Servizio che si regge attraverso le garanzie da assicurare all’utenza salvaguardando la territorialità e  i funzioni-gramma ( organici con funzionalità per competenze).
Le imprecisioni ed i disagi di un dimensionamento telenovela non confortano le responsabilità del servizio pubblico e della dirigenza al quale è affidato.
Una riflessione merita la distribuzione dei presìdi scolastici ex elementari e medie ed una riflessione occorre che si faccia per la distribuzione delle offerte formative attraverso gli istituti secondari superiori, licei, tecnici e professionali.
Invece non abbiamo assistito ad un ragionamento coerente e specifico, correlato al corretto sviluppo delle specificità formative in linea con le esigenze del territorio e nel quadro di una scelta politico-occupazionale della regione. Si intende che ci si riferisce in tale caso alle prospettive di occupazione che gli utenti devono intravedere nell’affrontare il percorso di studi, invece che disertarlo perché non c’è futuro.
“Razionalizzare” la rete scolastica ha tale significato, e nessuno dica che più scuole danno garanzie perché verrebbe smentito dalle attuali percentuali di dispersione scolastica. Piuttosto che più scuole, conviene costruire sistemi formativi di scuole che, indipendentemente dal numero, possano argomentare scelte e percorsi in linea con le politiche di sviluppo regionali e  che pertanto si alimenterebbero di utenti motivati e di risultati implementanti cultura e partecipazione.
Attualmente le scuole sottodimensionate non avranno il dirigente né il direttore dei servizi generali ed amministrativi,  figure ancora portanti pur se “tagliate”  dagli organici di un piano che non rispetta i parametri nazionali.
Purtroppo per la regione Sicilia, se si può permettere di fare la propria politica sul principio di scelta di parametri, non può permettersi di decidere gli organici che sono di competenza ministeriale.
Ed allora?
Nell’immediato assistiamo al taglio delle figure apicali del sistema, nel futuro prossimo si attendono ulteriori modifiche al piano che si alimenta così da logiche diverse, privo di una pianificazione collegabile ad esigenze territoriali, spintonato da interessi locali diversi, provocato da paure di perdenti posto, condizionato spesso da relazioni difficili tra le stesse scuole, da empatie o antipatie per utenze e funzionalità, sempre consacrato da principi di legittimità e presunti criteri di protezione dei disagi. Di chi?
Gli interventi non operati equivalgono ad ulteriori tensioni, ad incertezze di organici, a divisioni di intenti, ciò che naturalmente passerà ancora una volta a poteri sindacali ed istituzionali. Non è un caso che le istituzioni non assumano posizioni e responsabilità precise e d’altronde se le nomine degli alti dirigenti sono volute da politici e sindacati, cosa si potrebbe pretendere? Rimangono i disagi.
Chi sta a chiedersi a quale istituzione scolastica indirizzare la propria mobilità, si chiede anche  se è meglio stare fermi in attesa di successivi sviluppi o scegliere scuole forse “sicure”. Si intende che coinvolti sono tutti, dirigenti, docenti ed ATA che non sanno se saranno soprannumerari quest’anno o l’anno prossimo e genitori che non sanno quale dirigente sarà nella scuola che intendono scegliere, specie se sottodimensionata ed in reggenza.
La reggenza è un altro istituto precario che comporta tempi di presenza limitata del dirigente ed è immaginabile quanto ciò possa provocare la parzialità di interventi decisivi per quell’utenza e in quel territorio, specie per il reperimento di finanziamenti europei. La reggenza inoltre comporta non  pochi costi.
A fronte di ciò, mentre si preannunciano le indicazioni ministeriali per la reggenza e gli incarichi di presidenza, pur  in assenza di direttive precise sui pensionamenti 2012/2013 se non quelle che riguardano le modalità on-line per presentare istanze, si procede al pensionamento coatto del personale della scuola che ha maturato il requisito dei 40 anni di contribuzione ma di cui non è chiara la condizione di soprannumerario.
Lo si fa in nome di una riconferma per il triennio 2012/2015 della stessa fonte normativa “eccezionale”, riconferma dettata da un semplice e nudo comma ma nel quadro di un altro intervento legislativo che invece aumenta il tetto dei 40 anni di contribuzione a 41/42. Ai dirigenti delle scuole pervengono lettere di preavviso che equivalgono a licenziamento ove non si riscontrino le condizioni di esubero di tale personale, elemento determinante per il provvedimento amministrativo che potrebbe giustificare il pensionamento coatto. E i requisiti del nuovo tetto di contribuzione?
Sia per i dirigenti che per il personale scolastico il preavviso di pensionamento non appare motivato da alcun quadro di riferimento degli organici e pertanto non si evidenziano le condizioni di esubero, né dell’intera regione, né per provincia.
Né tanto meno da un processo di dimensionamento attualmente solo annunciato. Si cita un riferimento normativo con carattere “eccezionale” che richiama la “ratio della finanziaria” relativa al contenimento della spesa pubblica.
Ma se volessimo fare conti spiccioli, risulterebbe evidente che si licenzia personale che ha titolo al permanere in servizio, perché ne ha espresso la volontà stante il dettato contrattuale, per assumerne altro sullo stesso posto pagando dunque due stipendi quando proprio per quella eccezionalità della norma “converrebbe” rispettare il diritto di permanenza del personale per il biennio successivo alla maturazione dei requisiti per il pensionamento.
Altri elementi che disturbano la coerenza amministrativa del caso pensionamento sono rilevabili da:

  1. Fonti contrattuali. I dirigenti, coattivamente pensionati, che tempi contrattuali hanno sottoscritto? Sono ancora nel triennio del contratto?
  2. Diritto alla permanenza in servizio. I dirigenti che l’hanno richiesta ne hanno diritto. Quali condizioni esistono a motivazione di una risposta negativa dell’amministrazione?
  3. Formalità della comunicazione amministrativa. Il procedimento amministrativo attivato è connotato, nel contenuto individuale delle stesse lettere, da assenza di motivazioni, requisito formale e sostanziale di legittimità che di per sé annulla la comunicazione.
  4. Quadro organico dei dirigenti pensionabili. Sembrerebbe che i preavvisi individuali non siano pervenuti a tutti coloro che si trovano nelle stesse condizioni, come se per limiti di tempo ( la lettera doveva essere notificata entro i sei mesi di preavviso dettati dal contratto) possano differenziarsi i comportamenti dell’amministrazione lasciando spazi ad eventuali discrezionalità che sarebbe bene colmare.

Certo l’amministrazione a volte ha risposto negativamente alla richiesta di chiarimenti ai sensi della trasparenza, ma ciò non induce fiducia e affidabilità.
Chi ha dubbi e li motiva, deve trovare risposta. Chi non dà risposte provoca contenziosi o rinunce, ma certamente non costruisce la “scuola in chiaro” né recupero il senso di marcia.
Frisella Maria

 







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