Dopo Saragozza, insieme in Europa per costruire il futuro
Data: Lunedì, 05 marzo 2012 ore 08:00:00 CET
Argomento: Sindacati


Davide Rossi Importantissimi incontri e proficui dibattiti a Saragozza tra realtà sociali, sindacali e di lotta europee. Il bilancio delle “VII° giornate sull’educazione e l’esclusione sociale”, che hanno visto noi del SISA quali unici invitati dall’Italia, è largamente positivo.
Per parte nostra abbiamo fornito agli amici europei alcune considerazioni generali, sul declino non reversibile del sistema occidentale, un’analisi accurata dei profitti spaventosi, dubbi e antisociali di multinazionali e finanziarie, banche e assicurazioni, nonché di imprenditori europei, piccoli e grandi, che delocalizzano a danno dei lavoratori, ma del tutto involontariamente agiscono anche nel quadro di un riequilibrio salariale planetario, una forma di ridistribuzione mondiale della ricchezza, che è quanto mai inevitabile in un mondo globalizzato e che forse per essere veramente tale e universalmente comprensibile, necessita di una maggiore capacità rivendicativa dei lavoratori delle nazioni emergenti.

Proprio la necessaria e inevitabile riaffermazione di principi di uguaglianza smascherano come per tutto il secondo dopoguerra l’Occidente si sia arricchito principalmente attraverso la sottrazione a prezzi di furto delle materie prime energetiche e alimentari del Sud della terra, tale sfruttamento è però finito, nel momento stesso in cui nuovi soggetti nazionali si sono posti alla testa dell’economia mondiale, come Cina, India e Brasile, marginalizzando gli Stati Uniti che primeggiano solo nella visione servilistica dei media filo-occidentali. Cina, India e Brasile pagano, ad esempio in Africa, quanto noi prima depredavamo. Senza infatti comprendere il quadro mondiale, resta incomprensibile ragionare sul pietoso stato dell’Europa di oggi e sulle strategie future.

Come SISA abbiamo ricordato che l’Italia è debole perché la competitività delle nostre imprese è nulla, non come qualcuno male informato e in malafede ripete, ovvero per la scarsa produttività dei lavoratori, al contrario, i lavoratori fanno miracoli, ma per il fatto che lavorano con macchinari obsoleti, con un padronato che mira a massimizzare i profitti da lavoro senza offrire investimenti, nuova tecnologia e formazione, ne consegue che i salari italiani, pubblici come privati, sono, in una analisi comparata dei costi della vita, in assoluto i più bassi di tutta l’Unione Europea e non serviva certo il governo Monti per svelare quanto tanti, tra cui noi, attraverso il confronto con gli esperti e gli economisti che fanno riferimento al Centro Studi “Anna Seghers” a noi vicino, denunciamo da anni. Come uscire da questo disastro? Onestamente occorre ammettere che è quasi impossibile. Occorrerebbe un immediato abbandono delle devastanti politiche di macelleria sociale e della teoria liberista della crescita, visto che siamo senza appello in una decrescita recessiva e depressiva da cui, tutti in Europa, non usciremo. Occorre la reinvenzione su lungo periodo di nuove strategie economiche (fondate sulla solidarietà e i beni comuni), energetiche (fotovoltaico, geotermico, eolico, solare) e alimentari (totale revisione delle demenziali politiche agricole europee e affermazione immediata della produzione/consumo di prodotti locali, con riduzione della colossale rete speculativa dei trasporti alimentari), tutto questo in un quadro di eco-compatibilità, consapevole dei limiti della terra, ma purtroppo non è all’ordine del giorno di una politica piegata vergognosamente e miseramente solo e soltanto a provare a salvarsi dal gorgo in cui ci ha infilati e da cui non sa e non può trarci, non avendo gli strumenti culturali per farlo.

In fine molti ci hanno chiesto come funziona e come è strutturato il SISA. Non è semplice dare una risposta. Il SISA è un sindacato, ma in senso nuovo e antico al contempo. Nel SISA sono maggioranza assoluta gli studenti, seguiti dai precari non abilitati, docenti che a volte lavorano un giorno al mese e sono quindi più disoccupati che occupati, poi vengono i cittadini che si riconoscono nel nostro progetto sociale e culturale, pur non essendo del comparto scuola e solo da ultimo, davvero esigua minoranza, docenti e ATA con un contratto a tempo indeterminato.

Noi organizziamo al nostro interno quindi principalmente gruppi sociali, giovani e semi-disoccupati, che aspirano a una società di lavoro, di uguaglianza e di giustizia, ma da cui sono oggi di fatto esclusi. La lontananza tra “garantiti”, per quanto spesso poco coscienti della loro crescente precarietà, organizzati massimamente da tutti i sindacati nati prima di noi, e il SISA è grande, pur nella sempre auspicabile unità nelle lotte. Per noi il sindacato è il luogo sociale e culturale, di elaborazione di tutti quei soggetti nati dalla frammentazione lavorativa e sociale imposta dal pensiero unico consumista-liberista. Per far percepire al meglio la distanza tra noi e gli altri sindacati, per far comprendere tutta la nostra giovinezza e novità, mi sono richiamato alla differenza tra comunisti (KPD) e socialdemocratici (SPD) nella repubblica di Weimar, la SPD organizzava i garantiti, la KPD era formata da disoccupati, giovani, donne e uomini di cultura, in un straordinario incontro tra le masse più povere della Germania di allora e la parte più creativa del mondo intellettuale. Certo il SISA non può vantare, come allora la KPD, autori e registi teatrali come Brecht, o di cinema come Dudow, per non dire scrittrici dichiaratamente proletarie come Anna Seghers o Elfriede Bruning, ma siamo fieri di essere di fatto il solo sindacato italiano ad avere gruppi di contatto a noi aderenti in diverse città europee, da Parigi a Berlino, da Bruxelles a Mosca, una rete di relazioni internazionali che ci permettono, da Caracas a Kinshasa, uno scambio di informazioni e di iniziative di solidarietà che ci vedono spesso presenti in quelle nazioni, nonché l’onore di avere tra i nostri iscritti la grande astrofisica Margherita Hack.
Il SISA quindi, come sempre, c’è, si organizza, mette in rete analisi e lotte, perché un futuro degno di questo nome è possibile, a patto che siamo noi a costruirlo.

Davide Rossi
Segretario generale SISA





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