Autorevolezza fondante l'autorità
Data: Sabato, 25 febbraio 2012 ore 09:00:00 CET
Argomento: Associazioni


Giuseppe Luca L’autorevolezza, purtroppo, non è di tutti gli educatori, giacché necessita di qualità che sono in parte innate, mentre in buona parte si sviluppano per opera dell’ambiente, dell’esperienza, dello studio e, in ogni caso, sono volute e alimentate dall’individuo stesso.
Che il dibattito sull’emergenza educativa si vada allargando e approfondendo sempre di più, specialmente tra gli operatori scolastici, è di facile constatazione.
Un ingrediente, quasi leitmotiv e nodo fondamentale, sembra essere la questione dell’autorità esplicitata come richiesta urgente di “ritorno all’autorità” per riempire il vuoto che ha caratterizzato molti contesti scolastici fondati su un pauroso spontaneismo pedagogico.
Non vi è dubbio che l’incapacità di stabilire regole e limiti ostacoli la formazione di quelle sicurezze di base che sono strumenti indispensabili per affrontare l’incertezza.

A mio avviso, però, il richiamo all’ordine, alle leggi vigenti o a norme più incisive risulta necessario se coniugato con una crescita del senso di responsabilità personale dei docenti e finalizzato alla riduzione degli eccessi della libertà, a evitare i guasti del permissivismo, a rispondere a un bisogno psicologico dell’allievo che, proiettando sull’autorità le cause del suo disagio, ottiene un vantaggio nell’economia intrapsichica, risanando così parte delle angosce connesse alle autocritiche e alle autoaccuse.

Attenzione, però, a non trasformare l’“autorità” in “autoritarismo”, nell’atteggiamento,cioè, di chi esercita l’autorità, trascurando o eliminando del tutto i limiti della legittimazione e della giustificazione legati al proprio ruolo, per imporre agli altri i propri programmi e i propri valori senza possibilità di scelta se non la fuga o la dipendenza, diventa negazione di ogni rapporto educativo.

La scuola è un’agenzia educativa chiamata istituzionalmente ad aiutare lo sviluppo della personalità degli alunni ai fini di una formazione integrale, tenendo conto della persona nella sua struttura totale, come interrelazione tra mondo interno e mondo esterno su cui devono sempre prevalere la libertà e la creatività.

Per sostenere il minore nel suo sviluppo, la scuola, la famiglia, ogni agenzia educativa oggi hanno bisogno di operatori autorevoli che riescono a “imporsi” culturalmente con l’esempio, la testimonianza, il sostegno all’allievo nei momenti critici, ma anche capaci di esprimere una condotta autoritaria nel caso in cui altri strumenti democratici non siano sufficienti a prevenire condotte devianti cui l’allievo tende. Nel fare ciò la figura dell’educatore deve esprimersi, comunque, con autenticità, senza plagiare la capacità critica degli educandi, magari ipotizzando surrettiziamente il miraggio di un futuro più roseo.

L’operatore - educatore è autorevole quando svolge il proprio lavoro con dignità e serietà, quando riesce a influenzare non i comportamenti specifici degli educandi, figli o alunni, ma quando riesce a fare un passo indietro dinanzi alla scelta operativa dell’allievo espressione del pensiero coraggioso e libero di chi sa fare le proprie scelte con maturità, impegno e coraggio, facendosi carico di costruire il proprio futuro.

Quando i giovani sentono accanto a loro una persona che li ama, che li capisce e che dialoga con loro, nel tempo acquistano la sicurezza necessaria per arrivare a scelte consapevoli e per assumersi le responsabilità del loro stato.
Autorevoli sono gli educatori di grande forza interiore che rispettano l’educando, ma sanno farsi rispettare, perché sono consapevoli dei propri diritti, ma riconoscono che il diritto all’autorità ha per contraltare tutta una serie di doveri.
Così facendo, con affetto e fermezza, è possibile affermare la credibilità educativa, consapevoli che non è possibile esimersi dall’educare.

Attenzione, però a non confondere autorevolezza con permissivismo, quell’atteggiamento proprio dell’educatore (… educatore?) che consapevole, a suo avviso, che non può modificare il comportamento del bambino, si rassegna e non interviene.
La differenza fra “autoritario” e “autorevole” è, quindi, molto grande, ma i due stili sono complementari ed escludono ogni forma di autoritarismo e di permissivismo.

Ricordiamoci, però, che se l’autorità compete di diritto a ogni educatore anche perché la semplice condizione anagrafica superiore impone dei doveri nei confronti del minore, l’autorevolezza, purtroppo non è di tutti gli educatori, giacché necessità di qualità che sono in parte innate, mentre in buona parte si sviluppano per opera dell’ambiente, dell’esperienza, dello studio e, in ogni caso, sono volute e alimentate dall’individuo stesso.
L’educatore autorevole deve essere credibile e dimostrare, con la parola e il comportamento, di esserlo. Giuseppe Luca
Direttore Responsabile della “Letterina”





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